Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 24-10-2011, n. 688 Silenzio della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’appello è proposto contro la decisione n. 410/2011 del TAR per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con la quale è stato accolto il ricorso del signor Fa.Om. proposto per l’accertamento del silenzio inadempimento serbato dalla Questura di Catania sulla istanza di permesso di soggiorno per lavoro subordinato presentata in data 16 giugno 2009 e sulla quale era stata poi notificata diffida in data 11 novembre 2010.

Ha ritenuto infatti il TAR infondate le eccezioni di irrecevibilità e infondatezza proposte dalla difesa erariale dell’amministrazione intimata ed ha perciò dichiarato l’obbligo del Ministero dell’interno di portare a termine la procedura, entro il termine assegnato di trenta giorni. I fatti all’origine della vicenda si possono così riassumere.

Nel dicembre del 2007, il signor Ag.An. ha presentato richiesta nominativa in favore del signor Fa.Om. di nulla osta al lavoro subordinato, nell’ambito delle quote previste dal decreto flussi 2007, pubblicato sulla G.U. del 30.11.2007. Lo sportello unico per l’immigrazione di Catania, rilasciava il 27 gennaio 2009, il richiesto nulla osta al lavoro subordinato domestico. Il signor Fa.Om. otteneva dall’Ambasciata d’Italia il visto di ingresso per lavoro subordinato, di tipo "C", per un soggiorno di 90 giorni e con l’indicazione "flussi 2007", ed entrava in Italia. Lo straniero ed il datore di lavoro sottoscrivevano quindi in Prefettura il contratto di soggiorno per lavoro subordinato, a tempo determinato per la durata di mesi 3. Lo straniero inviava alla Questura di Catania la richiesta di permesso di soggiorno.

Scaduti i tre mesi di lavoro previsti dal contratto di soggiorno, il rapporto di lavoro tuttavia proseguiva, trasformandosi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Non avendo avuto consegna del primo permesso, lo straniero non ha potuto richiedere il necessario rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro ora a tempo indeterminato. Frattanto comunque il datore di lavoro, al fine di formalizzare la prosecuzione del rapporto di lavoro, inviava allo Sportello unico per l’immigrazione un nuovo contratto di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato, firmato anche dal lavoratore.

Perdurando il silenzio dell’Amministrazione sulla originaria richiesta, in data 8 ottobre 2010 il datore di lavoro confermava alla Questura il perdurare del rapporto di lavoro, e lo straniero, da parte sua, inviava alla stessa atto di intimazione e costituzione in mora, diffidandola al rilascio del permesso di soggiorno.

Con nota del successivo 27 ottobre, la Questura rispondeva che "al cittadino straniero in oggetto è stato concesso il richiesto permesso di soggiorno con validità fino al 12.9.2009, ma che tuttavia l’interessato non ha provveduto al ritiro dello stesso".

Da qui il ricorso del signor Fa.Om. per ottenere la dichiarazione di illegittimità del silenzio mantenuto sulla propria istanza. Ricorso al quale si è opposta l’Amministrazione controdeducendo eccezioni di tardività ed inammissibilità.

Entrambe le eccezioni sono però state disattese dal TAR. Il Giudice ha ritenuto infondata l’eccezione di tardività perché, nonostante con riferimento alla data di presentazione della prima istanza (16 giugno 2009), il ricorso (del 2 dicembre successivo) avrebbe potuto apparire tardivo, esso doveva invece considerarsi tempestivo dal momento che era frattanto stato proposto, in data 8 ottobre 2010, un atto di intimazione e costituzione in mora che non poteva essere considerato una nuova istanza di permesso. Non avendo la Questura dato seguito alla prima istanza, il Giudice ha ritenuto perciò che incombesse ancora sulla stessa l’obbligo di pronunciarsi, non rilevando al riguardo l’assunto proposto, secondo il quale il provvedimento richiesto era stato in realtà emesso e non ritirato dall’interessato. E ciò perché era in realtà obbligo preciso della stessa Questura (quale presupposto della conclusione del procedimento) trasmettere il provvedimento al ricorrente.

Parimenti infondata è stata ritenuta la eccezione di inammissibilità. Il ricorrente – ha statuito il Giudice – ha interesse alla pronuncia sulla sua istanza, per essere parte di un contratto di lavoro domestico, e dunque nella condizione per ottenere una valutazione di accoglimento o rigetto, quale presupposto per conseguire la conclusione del procedimento volto ad accertare la esistenza o meno delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno. Contro la decisione propone appello l’Amministrazione, lamentando la erronea valutazione del Giudice quanto a irricevibilità e infondatezza della pretesa azionata.

Motivi della decisione

L’appello è infondato.

Le argomentazioni proposte dalla difesa erariale dell’Amministrazione non possono essere accolte.

In particolare, non appare condivisibile l’assunto secondo il quale non si applicherebbe nella fattispecie il disposto dell’art. 11 comma 2 bis del D.P.R. n. 394/99, a tenore del quale "La Questura, sulla base degli accertamenti effettuati, procede al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricongiungimento familiare, dandone comunicazione, tramite procedura telematica, allo Sportello Unico che provvede alla convocazione dell’interessato per la successiva consegna del permesso o dell’eventuale diniego, di cui all’art. 12 comma 1".

E ciò perché le disposizioni in parola – richiedendo ai sensi del D.Lgs. n. 286/98, norme di attuazione specifiche per le Regioni a Statuto speciale – non sarebbero in Sicilia applicabili, per mancanza di tali norme di attuazione.

In Sicilia dovrebbe tenersi conto piuttosto della intesa sottoscritta tra Regione e Ministero dell’interno che non prevede la utilizzazione in materia di una procedura telematica, ma di una procedura nelle forme tradizionali affidate al servizio postale. Avendo l’interessato proposta la sua istanza attraverso il servizio postale, egli avrebbe dunque dovuto conoscere – scrive la difesa dell’appellante – che l’esito di essa "non poteva evidentemente essere comunicato telematicamente allo Sportello Unico competente ed il cittadino straniero non poteva invocare l’applicazione di procedure previste per istanze diverse da quella da lui avanzata".

Sennonché, appare di ogni evidenza – a giudizio di questo Consiglio – che le norme di attuazione previste dalla legge o anche solo quelle che di fatto ne prendono provvisoriamente luogo (come la intervenuta intesa ricordata) non possono in ogni caso ribaltare il dettato di essa. E’ ben comprensibile che ragioni varie possano impedire l’adozione di procedure telematiche – e rallentare dunque in subiecta materia quella speditezza ipotizzata dal legislatore – ma esse non possono giungere a costringere l’interessato (il lavoratore straniero) che ha prodotto l’istanza a recarsi continuamente (con evidente – e non misurabile – aggravio di tempi e di costi) presso gli uffici per chiedere notizie della intervenuta conclusione o meno del procedimento al quale è interessato. Vi si oppone il dettato legislativo, ma vi si oppone prima ancora la ragionevolezza. Il fatto che gli uffici non potessero comunicare tra loro telematicamente non incide, in nessuna misura, sull’obbligo della Questura di concludere il procedimento nei modi di legge, e cioè convocando l’interessato per comunicargli l’esito del procedimento medesimo. Che è, per altro, il solo modo (in assenza di una diffida che possa valere alternativamente allo scopo) di rendere "certo" il termine di decorrenza per proporre l’eventuale opposizione al provvedimento sfavorevole.

Per tali ragioni, non può avere nessun rilievo l’invocata previsione di cui all’art. 2 comma 1 della legge n. 241/1990. Quel che manca, nella fattispecie, è il presupposto per la decorrenza dei termini: la conclusione del procedimento, come esattamente ritenuto dal Giudice di prime cure.

Per tali premesse, l’appello deve essere respinto.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Non essendosi costituito l’appellato, nulla deve statuirsi per le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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