Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-06-2011) 29-09-2011, n. 35336

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Catania giudicava con il rito ordinario.

F.L., imputata dei reati di cui agli artt. 648-482- 489-494-640 c.p., commessi in (OMISSIS) ed il (OMISSIS);

al termine del giudizio l’imputata veniva condannata con sentenza del 21.02.2005 alla pena ritenuta di giustizia;

La corte di appello di investita del gravame, confermava la decisione di primo grado con sentenza del 16.04.2010;

L’imputata ricorre per cassazione, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

1) – la ricorrente censura la decisione impugnata per avere omesso di motivare sui rilievi formulati nell’atto di appello, ove si era dedotto:

a) – che mancava la responsabilità per il reato di falso nella patente di guida, atteso che la falsificazione era grossolana, commessa mediante l’apposizione della fotografia dell’imputata, priva però del timbro a secco della prefettura;

– la grossonalità del falso era evidente ed immediatamente riconoscibile, sicchè si impone l’assoluzione dell’imputata;

b)-che i fatti ascritti a titolo di ricettazione andavano inquadrati nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648 c.p., comma 2;

– che l’aumento di pena per la continuazione tra i reati era eccessivo e non si era tenuto conto della personalità dell’imputata e delle circostanze del reato;

– il ricorrente sottolinea che la Corte di appello, pur avendo menzionato tali motivi di gravame nella parte narrativa, aveva poi omesso qualsiasi motivazione al riguardo , così da incorrere cadere nel vizio di omessa motivazione;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

I motivi relativi all’omessa motivazione sono inammissibili atteso che nel giudizio di appello è consentita la motivazione "per relationem", con riferimento alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso. (Cassazione penale, sez. 4^, 17 settembre 2008, n. 38824).

La pronuncia di primo grado si era espressa in ordine alla questione della grossonalità del falso osservando che l’alterazione del documento di identificazione, commessa mediante l’apposizione della fotografia dell’imputata in luogo di quella originale, era pienamente riuscita tanto da trarre in errore l’addetto alle vendite;

si tratta di una motivazione congrua perchè ancorata a precisi elementi fattuali e frutto di una valutazione in punto di fatto immune da illogicità perchè conforme alle massime di comune esperienza;

ne consegue che, mancando nell’appello gli elementi di novità sulla grossolanità del falso rispetto alle questioni già esaminate e disattese dal primo giudice, la Corte di appello ha potuto legittimamente richiamare "per relationem" la motivazione del Tribunale , evitando di incorrere nel vizio di omessa motivazione.

Parimenti infondati appaiono i motivi relativi al trattamento sanzionatorio e all’aumento ex art. 81 cpv c.p., atteso che la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità, per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena dal momento che, per un verso, ha richiamato la gravità del fatto e, per altro verso, ha sottolineato la personalità negativa dell’imputata che ha agito "nel pieno convincimento di truffare i titolari della "Gegomotors" pagando con assegno …. di provenienza illecita …. firmato con firma apocrifa … esibendo documenti falsificate.

Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. (Cassazione penale, sez. 4^ 04 luglio 2006, n. 32290.

I principi sino ad ora richiamati evidenziano l’infondatezza anche della censura sulla mancata motivazione in ordine all’attenuante di cui all’art. 648 c.p., comma 2, atteso che il richiamo esplicito alla gravità del fatto e alla negativa personalità dell’imputata, evidenzia i motivi del rigetto di tale attenuante ancorata, come è noto, alla valutazione globale del fatto e della personalità dell’imputato. (Cass. pen. Sez. 2^, 09.07.2010 n. 28689).

Nella specie la sentenza di primo grado è intervenuta prima della novella del 2005 sulla prescrizione sicchè, applicandosi la disciplina previgente (Cass. pen. Sez. 2^, 17.09.2010 n. 42043), il termine finale da prendere in considerazione è quello della consumazione dell’ultimo reato unito per continuazione ex art. 81 c.p., risalente al 15.01.2004; ne deriva che il termine ultimo per la prescrizione (15.07.2011) non è ancora decorso.

Segue il rigetto del ricorso atteso che le questioni in diritto proposte non consentono di ritenerne l’inammissibilità.

Ai sensi dell’art. 592, comma 1, e art. 616 c.p.p. il rigetto o la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte privata comportano la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese del procedimento, Cassazione penale, sez. 6^, 03 giugno 1994.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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