Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-06-2011) 29-09-2011, n. 35376

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gup presso il Tribunale di Ascoli Piceno giudicava sulla richiesta di rinvio a giudizio, presentata a carico di:

C.C., G.C., M.D.G. M., P.E. imputati di concorso nel reato di usura perchè, nella veste di amministratori delegati, rappresentati legali e dirigenti della Banca Nazionale del Lavoro e della Banca Antonveneta, avevano applicato tassi di interesse superiori a quelli fissati dalle norme vigenti, e quindi da considerare usurati, ai danni della correntista – parte – offesa "Auto Lellisri" di L. M.; fino al (OMISSIS);

al termine dell’udienza preliminare il Gup aveva emesso sentenza di non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati per difetto dell’elemento oggettivo in alcune ipotesi e per difetto dell’elemento soggettivo nelle restanti;

in particolare, il giudicante osservava:

– che per il calcolo del tasso di interesse occorreva tenere conto di tutti gli oneri, a qualunque titolo collegati al credito, come indicato dal tenore letterale dell’art. 644 c.p. e dalla prevalente giurisprudenza della corte di cassazione, anche di questa sezione;

– che, esperita una complessa perizia di ufficio, era emerso come in alcuni casi non vi era stato sforamento del tasso complessivo massimo di interesse;

– che, per altro, lo sforamento era avvenuto solo in 10 ipotesi, nell’arco di ben sei anni di rapporti intrattenuti tra le parti, sicchè mancava la prova dell’elemento psicologico del reato, non potendosi ragionevolmente ritenere la sussistenza della consapevolezza e volontà di porre in essere una condotta usuraria, anche perchè tali episodi si collocavano in un arco temporale anteriore alla circolare del dicembre 2005, con la quale la Banca di Italia aveva chiaramente introdotto il principio di CMS (Commissione Massimo Scoperto) "soglia" da calcolare nel tasso di interesse medio;

Avverso tale decisione ha proposto – personalmente – ricorso per cassazione L.M., nella qualità di legale rappresentante della parte civile "Auto Lelli sri", deducendo:

MOTIVO UNICO con il quale censura la decisione impugnata:

– per violazione dell’art. 644 c.p.;

– per assoluto difetto di motivazione, non avendo indicato le precise ragioni per le quali ha escluso il reato di usura e per le quali ha ritenuto insussistente il dolo richiesto dalla norma;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

La Difesa degli imputati G. e M. ha depositato una nota difensiva con la quale chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per genericità ed aspecificità.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni;

– In primo luogo, la parte civile non ha il diritto di proporre personalmente ricorso per cassazione, atteso che la disposizione di cui alla prima parte del citato art. 613 c.p.p., secondo la quale, in deroga alla regola generale della necessaria sottoscrizione di un difensore iscritto nell’albo speciale, è consentito alla "parte" di sottoscrivere personalmente il ricorso, è applicabile unicamente nei confronti dell’imputato, non potendo le parti private diverse dall’imputato stare in giudizio se non "col ministero di un difensore munito di procura speciale" ex art. 100 c.p.p. (Cass. Sez. Un. 16-12- 1998 n. 24; Cass. Sez. 6^, 9-5-2000 n. 2125; Cass. Sez. 3^, 21-11- 2000 n. 3727);

il ricorso in atti risulta firmato personalmente da L.M. senza sottoscrizione del Difensore, neppure per autentica, e senza conferimento di procura speciale al Difensore, sicchè va dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 613 c.p.p..

– In secondo luogo, il ricorso è generico in quanto contenuto nei motivi sopra indicati, tanto sintetici quanto vaghi, così da provocare la pronuncia di inammissibilità;

invero, nel ricorso per cassazione, l’inammissibilità deve essere apprezzata non solo per la genericità dei motivi, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione.

(Cassazione penale, sez. 2^, 08/04/2010, n. 16329).

Nella specie la sentenza del Gup, della quale si è riportata un’estrema sintesi, ha ampiamente analizzato i fatti e gli elementi di accusa sulla scorta:

– della perizia di ufficio;

– della complessa normativa che regola la materia degli interessi bancari, in base anche alle circolari della Banca di Italia, nonchè infine:

– della Giurisprudenza di legittimità, anche di questa sezione (Cass. Pen. Sez. 2^, 19.02.2010 n. 12028) espressamente richiamata.

Il ricorso non formula alcuna censura correlata a tale complessa motivazione, limitandosi a rinviare a futuri motivi aggiunti.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *