Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 24-10-2011, n. 682 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) – Forma oggetto di appello la sentenza del T.A.R. Sicilia, sezione staccata di Catania (sez. III), n. 2204 del 22 dicembre 2009, nelle parti in cui ha dichiarato inammissibili per difetto di giurisdizione sia il ricorso introduttivo proposto avverso il provvedimento dell’Autorità portuale di Messina del 7 giugno 2004 di determinazione del canone demaniale marittimo ai fini del mantenimento dello stabilimento balneare denominato "Lido Azzurro", che ai successivi motivi aggiunti per la parte inerente all’impugnazione del provvedimento dell’Autorità portuale del 24 ottobre 2007, prot. n. 11407, con cui il Segretario generale ha intimato il pagamento dei canoni demaniali marittimi pregressi.

2) – Con il primo motivo di appello, i ricorrenti rilevano che essi avevano dedotto la violazione dell’art. 13, comma 1, lettera a), della legge 28 gennaio 1994, n. 84, concernente il riordino della legislazione in materia portuale, il quale dispone che "…le entrate delle autorità portuali sono costituite: dai canoni di concessione delle aree demaniali e delle banchine comprese nell’ambito portuale, di cui all’articolo 18, e delle aree demaniali comprese nelle circoscrizioni territoriali di cui all’articolo 6, comma 7.

Le autorità portuali non possono determinare canoni di concessione demaniale marittima per scopi turistico-ricreativi, fatta eccezione per i canoni di concessione di aree destinate a porti turistici, in misura più elevata di quanto stabilito dalle autorità marittime per aree contigue e concesse allo stesso fine…". Ciò perché l’Autorità portuale, col provvedimento impugnato, determinando un canone in misura più elevata (circa triplicato) rispetto a quello stabilito dalla Regione siciliana per le concessioni demaniali degli stabilimenti balneari aveva qualificato la concessione, a essi attribuita, come area non contigua alle concessioni demaniali rilasciate dall’Assessorato regionale per lo stesso fine.

Pertanto, sempre ad avviso dei ricorrenti, la questione sottoposta al giudice amministrativo verteva sostanzialmente sulla corretta qualificazione della concessione da cui discendono i parametri per la determinazione della misura del canone, venendo conseguentemente in rilievo l’esercizio dei poteri autoritativo-discrezionali della pubblica amministrazione.

Di qui l’attribuzione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Censure di contenuto analogo sono contenute nel secondo motivo di appello.

In particolare, gli appellanti rappresentano che l’Autorità portuale di Messina, che aveva osservato il divieto di cui all’art. 13 della legge n. 84 del 1994 in occasione del primo rinnovo della concessione per il quadriennio 2000-2003, improvvisamente col provvedimento impugnato del 7 giugno 2004, l’ha palesemente disatteso, triplicando il canone, senza che però vi fosse stato aumento per le aree contigue rilasciate in concessione dalla Regione siciliana agli stabilimenti balneari concorrenti.

Infine, l’Autorità portuale, che pure aveva disposto apposita attività istruttoria, con l’impugnata nota del 24 ottobre 2007 ha illegittimamente intimato il pagamento di un maggiore canone, nonostante che l’attività istruttoria si fosse conclusa con il riconoscimento della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 della legge n. 84/1994.

3) – Resiste all’appello l’Autorità portuale di Messina con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo.

4) – L’appello è infondato.

4.1.) – Anzitutto, va osservato per, per costante giurisprudenza, la giurisdizione va determinata, non già in base al criterio della soggettiva prospettazione della domanda, ovvero del tipo di pronuncia richiesta al giudice, bensì alla stregua del criterio del c.d. "petitum sostanziale", ossia considerando l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultima dall’ordinamento giuridico (cfr. Cass. SS.UU., 8 novembre 2005, n. 21592).

4.2) – Va, poi, osservato che la L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, come modificato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, nel testo sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7 statuisce che:

"Sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici. Si applicano, ai fini dell’individuazione del tribunale competente, l’art. 3, commi 2 e 3".

"Resta salva la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi e quelle dei tribunali delle acque pubbliche e del tribunale superiore delle acque pubbliche, nelle materie indicate nel R.D. 11 dicembre 1993, artt. 140, 144, n. 1775.".

Secondo l’indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato della Corte di Cassazione (cfr. SS.UU. 23 ottobre 2006, n. 22661 e 12 gennaio 2007, n. 411), condiviso dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. C.d.S., sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 586), le controversie concernenti indennità, canoni, o altri corrispettivi riservati, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio "obbligo-pretesa", senza che assuma rilievo un potere d’intervento riservato alla P.A. per la tutela di interessi generali. Quando, invece, la controversia esula da tali limiti e coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, il conflitto tra P.A. e concessionario si configura secondo il binomio "potere-interesse" e viene attratto nella sfera della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.

4.3.) – Nella specie, come è pacifico, il periodo temporale in contestazione riguarda l’arco di tempo compreso tra gli anni dal 2004 al 2007, sicché occorre fare riferimento alla normativa vigente in quel periodo.

L’art. 75 della legge regionale dispone che: "In attesa di una organica regolamentazione della materia dei canoni afferenti concessioni demaniali marittime, basata su criteri di corrispettività in funzione dell’utilità economica ricavata dall’uso del bene, i canoni annui per concessioni di aree, pertinenze demaniali e di specchi acquei, appartenenti alla regione siciliana sono determinati in conformità ai criteri adottati con decreto del Ministro della marina mercantile 19 luglio 1989, emanato in attuazione del decreto legge 4 marzo 1989, n. 77, convertito, con modificazioni, in legge 5 maggio 1989, n. 160.

Tale decreto ministeriale, all’art. 1, statuisce che "1.In applicazione del D.L. 4 marzo 1989, n. 77, art. 10, convertito, con modificazioni, in L. 5 maggio 1989, n. 160, i canoni annui per concessioni di aree, pertinenze demaniali marittime e di specchi acque per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo, sono determinati con effetto dal 1 gennaio 1989, nelle seguenti misure:

a) – Lire 1.600 per ogni metro quadrato di area scoperta;

b) – Lire 3.000 per ogni metro quadrato di area occupata con impianti di facile rimozione;

c) – Lire 3.600 per ogni metro quadrato di area occupata con impianti di difficile rimozione.

4.3) – Tale essendo il quadro normativo di riferimento, da esso si desume che, con riguardo al periodo di tempo considerato, non è ravvisabile, per la determinazione dei canoni concessori, un potere discrezionale affidato alla P.A. concedente.

5) – Conclusivamente, per le suesposte considerazioni, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Si ravvisano, comunque, giustificati motivi per compensare tra le parti le spese, le competenze e gli onorari della fase del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari della fase di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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