Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-06-2011) 29-09-2011, n. 35370

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, con ordinanza del 09.10.2010, applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di: L.G.L. perchè indagato, in concorso con L.G.A., per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, per avere preso parte, unitamente a L. G.G., L.G.D., L.G.G. e con altre persone ancora non individuate, dell’associazione mafiosa denominata "ndrangheta", operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria, territorio nazionale ed estero, finalizzata alla consumazione di una serie indeterminata di reati-fine: – contro la disciplina delle armi, – contro la vita, – contro il patrimonio ed altro, nell’ambito della cosca denominata "Lo Giudice", con l’aggravante di partecipare ad un’associazione annata ed altre aggravanti;

L’indagato proponeva impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Reggio Calabria, con ordinanza del 28.10.2010, respingeva il reclamo, confermando il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione ricorrono per cassazione i difensori di fiducia, deducendo: MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) e b).

1)- Il ricorrente censura la decisione impugnata per illogicità della motivazione in relazione alla mancata dimostrazione del numero minimo di concorrenti necessari per l’integrazione del reato di cui all’art. 416 bis c.p. e lamenta che il reato associativo sia, in realtà, contestato solo a due persone e cioè all’indagato L. G.L. ed al fratello L.G.A.;

– al riguardo sarebbero ininfluenti ai fini indiziari i riferimenti del Tribunale riguardo all’apporto di C.A. e di V. C. atteso che i medesimi non sono indagati unitamente all’indagato;

2)- l’ordinanza è inoltre da censurare perchè non enuncia neppure un reato-fine in rapporto diretto con la descritta condotta associativa e neppure un singolo episodio costituente reato e specificamente ascrivibile all’odierno ricorrente; -al riguardo sarebbe ininfluente la semplice pendenza di altri procedimenti nei confronti dell’indagato, tanto più che per alcuni di essi (ordinanza di custodia cautelare del 14.01.2009) il Gip ebbe a respingere la contestazione dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7;

– neppure sarebbero rilevanti, ai fini della gravità indiziaria, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia:

– V.C., per avere reso dichiarazioni estremamente generiche; – L.G.M., per avere reso dichiarazioni risalenti nel tempo e, comunque, non individualizzanti riguardo al ruolo rivestito dall’odierno indagato; anche gli episodi relativi: – all’accaparramento del "Bar Onda" ed alìintercettazione telefonica tra L.G.M. e L.G.E., valorizzati dal Tribunale, sarebbero privi di specificazioni in ordine al ruolo materialmente rivestito dall’indagato; – anche le dichiarazioni rese dai collaboratori: M.R., Mu.Um., I.P., sarebbero generiche e prive di rilievo indiziario;

– così pure per quelle di L.G.A. e del capitano S.T., atteso che dalle medesime non emergerebbero elementi indiziali concreti riguardo alla partecipazione del ricorrente alla consorteria criminale; CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato, contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

In proposito va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Il Tribunale ha congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza, tratti sostanzialmente dalle dichiarazioni del collaborante V.C. il quale ha riferito:

– sull’esistenza della cosca Lo Giudice;

– sul ruolo di vertice di L.G.A., coindagato con L. G.L. nel presente processo;

– sulla partecipazione alla cosca di L.G.L. e di altri componenti della famiglia, quali L.G.D. cl. (OMISSIS), il cognato St.Br. ed i figli di L.G.A.;

– sul ruolo del ricorrente L.G.L., solito praticare l’usura e compartecipe con il fratello A. del controllo nel quartiere di "Santa Caterina" di Reggio Calabria nonchè del Mercato Ortofrutticolo;

Il Tribunale sottolinea che il collaborante V. è intrinsecamente credibile perchè legato da stretti rapporti di parentela con i fratelli L.G. (pag.15) e perchè interno all’associazione ed è, inoltre pienamente attendibile, atteso che le sue dichiarazioni sono state riscontrate anche in maniera individualizzante riguardo all’odierno ricorrente:

– dalle convergenti dichiarazioni di altro collaborante: L.G. M. (pag.19) il quale ha riferito anche dei rapporti tra L. G.A. ed il boss mafioso C.P. (pagg.22- 23);

– dalle intercettazioni ambientali (pagg. 23 e segg), effettuate soprattutto in carcere dopo l’arresto di L.G.L., ove quest’ultimo si confronta con il fratello A. riguardo al pestaggio di debitori insolventi (colloqui del 20.03.2010 presso casa Circondariale di Tolmezzo e del 2.04.2010 e 26.03.2010- pag.32);

– dalle iniziali ammissioni di L.G.A. (pag. 35) che aveva cominciato in data 13.10.2010 un percorso collaborativo con l’A.G. e che aveva riferito degli attentati dinamitardi effettuati da C.A. in intesa con L.G.L.;

(pag.35).

– dalle dichiarazioni rese dal capitano S.T.S., (citato dal V. quale "maresciallo della DIA") confermative dei rapporti confidenziali con i fratelli L.G. (pag. 29) già riferiti dal V. (pag. 13);

– dalle dichiarazioni del collaborante M.R., che aveva indicato i due fratelli L.G. come esponenti della omonima cosca e che riferisce di avere appreso dal gioielliere S. G. di prestiti usurari effettuati dal ricorrente L.G. L. (pag.31);

– dal procedimento per usura già avviato in proposito a carico del L.G.L.;

(pag.32).

– dai procedimenti per intestazioni fittizie e per applicazione di misure di prevenzione già avviati a carico del medesimo ricorrente (pagg. 6 – 8).

Il Tribunale compie così una valutazione di puro fatto, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti, evidenziando come dalla vicenda emerge con chiarezza l’inserimento e l’apporto fornito dal ricorrente all’omonima cosca mafiosa;

Il ricorrente individua, al contrario, la serie di illogicità riportate nella parte descrittiva del ricorso ma al riguardo si deve rammentare, quanto al vizio di "manifesta illogicità", che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l’iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico, a ciò dovendosi aggiungere che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella "evidente", cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi" senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Cassazione penale, sez. 4, 12 giugno 2008, n. 35318.

Quella del Tribunale è una motivazione sufficiente in questa fase cautelare, ove la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice. (Cass. pen. Sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Nè possono accogliersi le censure sollevate riguardo all’assenza di specifici episodi o di indicazione di reati-fine che invece emergono dal tessuto motivazionale sopra riportato, ove si fa riferimento ai reati di: – usura, – attività dinamitarde, – pestaggi, etc);

cosi del pari sono infondate le censure relative alì individuazione di due persone nell’ambito dell’associazione contestata atteso che, al riguardo, l’ordinanza richiama una serie considerevole di personaggi facenti capo alla Cosca Lo Giudice, sicchè risulta in linea con il principio per il quale in tema di associazione per delinquere, il numero minimo degli associati previsto dalla legge per la configurabilità del reato deve essere valutato in senso oggettivo, ossia come componente umana effettiva ed esistente del sodalizio e non con riferimento al numero degli imputati presenti nel processo. Ne consegue che vale a integrare il reato anche la partecipazione degli individui rimasti ignoti o giudicati a parte o deceduti, e che è possibile dedurre l’esistenza della realtà associativa, anche sotto il profilo numerico, dalle attività svolte, dalle quali può risultare in concreto una distribuzione di compiti necessariamente estesa a più di due persone. (Cassazione penale, sez. 2, 12/07/2007, n. 35476 – conforme: Cassazione penale, sez. 6, 24/02/2005, n. 12845).

Irrilevante risulta, infine, in questa fase caratterizzata dalla provvisorietà dell’imputazione, la circostanza dell’esclusione dell’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7 in altro e distinto procedimento.

Consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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