T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 24-10-2011, n. 829 Abilitazione all’insegnamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1151 del 29.11.1995 la sez. III bis del TAR Lazio, Roma ha accolto il ricorso avanzato dall’attuale ricorrente annullando il provvedimento della Soprintendenza scolastica di esclusione della ricorrente dalla sessione di esami di abilitazione negli istituti di istruzione di secondo grado; con sentenza n. 26 del 27.01.1998 la medesima Sezione ha accolto anche il secondo ricorso dalla medesima proposto annullando pure il diniego di immissione nel ruolo dei docenti di materie letterarie negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado. In esecuzione di questa ultima sentenza, il Provveditorato agli studi di Frosinone, con decreto n. 1560 del 02.03.1998 disponeva, ma ai soli fini giuridici, il passaggio della ricorrente – che frattanto era stata collocata, a domanda, in stato di quiescenza – nel ruolo dei docenti in materie letterarie negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, con decorrenza dal 1° settembre 1992. Conseguentemente, la ricorrente, dopo aver inutilmente chiesto la ricostruzione di carriera e poi diffidato sia il Provveditorato di Frosinone che la Direzione provinciale del Tesoro a provvedere alla liquidazione in proprio favore delle differenze stipendiali dall’anno 1992 al 31 agosto 1997, con rivalutazione ed interessi, con ricorso depositato il 20.11.2001 adiva il giudice del lavoro di Frosinone chiedendo la condanna di detto Provveditorato al pagamento delle differenze retributive per l’effetto maturate con rivalutazione ed interessi e dei danni da dequalificazione professionale subiti. Il predetto Giudice, però, dopo aver svolto l’istruttoria, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione.

Nella pubblica udienza odierna il ricorso è trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento nei limiti di cui appresso indicati.

Poiché risulta che la ricorrente è stata collocata – con decreto n. 1560 del 02.03.1998 del Provveditorato agli studi di Frosinone – nel ruolo dei docenti in materie letterarie negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, con decorrenza dal 1° settembre 1992, ma ai soli fini giuridici, deve essere riconosciuto alla medesima, in ragione della sentenza della sez. III bis del TAR Lazio n. 26 del 27.01.1998 passata in giudicato, la ricostruzione della carriera anche ai fini economici. Pertanto, utilizzando parzialmente la CTU del giudice del lavoro precedentemente adito vanno riconosciuti alla ricorrente i seguenti emolumenti:

1) le differenze retributive dal 1° settembre 1992 (data di inquadramento ai fini giuridici) al 31.08.1997 (data di collocamento in quiescenza) calcolate dal CTU in complessivi E. 5.769,00;

2) gli interessi e la rivalutazione da calcolarsi fino al soddisfo sulla somma capitale (E. 5.769,00). Peraltro, essendo stato introdotto dall’art. 22 comma 36, l. 23 dicembre 1994 n. 724, il divieto di cumulo delle somme dovute a titolo di interessi legali e di rivalutazione monetaria per i crediti di lavoro con decorrenza 1° gennaio 1995, il cumulo è applicabile solo per gli emolumenti dovuti entro il 31 dicembre 1994, mentre per quelli successivi – ossia maturati dal 1° gennaio 1995 – vige il divieto di cumulo (Consiglio Stato a. plen., 15 giugno 1998, n. 3).

Sulla domanda risarcitoria per danno esistenziale, ritiene il Collegio che sussistano tutti i presupposti di legge ex art. 2043 c.c. e, in particolare:

1) il danno ingiusto, consistente nel non aver provveduto l’Amministrazione all’inquadramento economico, oltre che giuridico della dipendente nel ruolo di spettanza in conseguenza del giudicato; 2) il danno ed il nesso di causalità che può essere dimostrato anche secondo l’id quod plerumque accidit;

3) la colpevolezza dell’Amministrazione che deriva dall’avere provveduto, in maniera del tutto incoerente, all’inquadramento giuridico, ma non economico della dipendente in spregio al giudicato.

Pertanto, sussistendo tutti presupposti di legge dell’illecito aquiliano, occorre verificare se la somma richiesta a titolo risarcitorio e pari ad E. 50.000, sia o meno congrua.

Ritiene il collegio che il danno liquidabile debba essere equitativamente e forfettariamente liquidato in E. 3.000 ex art. 1226 c.c..

Infatti, essendo il danno risarcibile in favore del lavoratore (con riferimento alla retribuzione globale dal giorno dell’inquadramento giuridico in avanti) già pienamente satisfattivo delle ragioni della ricorrente, pur non escludendosi che il lavoratore possa chiedere il risarcimento del danno ulteriore (nella specie, esistenziale) che gli sia derivato dal ritardo della piena ricostruzione della carriera, oltre agli interessi ed alla rivalutazione, il giudice può comunque liquidarlo equitativamente. In ragione di ciò è da ritenersi che residui un danno da perdita di immagine professionale non superiore a Euro 3.000.

Le spese della presente controversia seguono la soccombenza e, liquidate in E. 1.000, sono poste a carico dell’Amministrazione soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione. Condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 1.000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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