Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-06-2011) 29-09-2011, n. 35329

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Latina del 13.12.2006 di condanna di M.G. per la ricettazione di due autoveicoli ed un motociclo, ritenuta la continuazione, alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 400,00 di multa, ricorre la difesa dell’imputato, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo:

a) la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) e e) per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità, con riferimento agli artt. 62 e 63 c.p.p., art. 350 c.p.p., comma 5, 6, 7, art. 593 c.p.p., art. 191 e art. 195 c.p.p., comma 4 e per carenza di motivazione. La Corte d’appello e prima di essa il Tribunale hanno fatto uso della dichiarazione autoaccusatoria resa dal M. ai militari dell’Arma, intervenuti per effettuare una perquisizione, presso il terreno di proprietà del padre, dove erano stati occultati i veicoli di provenienza furtiva. Tale dichiarazione del M. era stata inserita nel verbale di perquisizione, ma doveva essere considerata inutilizzabile perchè, ove si ritenesse non applicabile al caso l’ipotesi di cui all’art. 63 c.p.p., si rende applicabile l’art. 350 c.p.p., comma 7, relativo alle dichiarazioni ricevute dalla Polizia Giudiziaria da persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, senza la presenza del difensore;

b) la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) e e) per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità, con riferimento agli artt. 62 e 63 c.p.p., art. 350 c.p.p., comma 5, 6, 7, art. 191 e art. 195 c.p.p., comma 4, carenza ed illogicità: deduce il ricorrente la inutilizzabilità della testimonianza del M.llo P. che, in primo grado, riferiva quanto spontaneamente riferito dal M. circa il possesso della Opel Zefira. Inoltre la motivazione della sentenza è carente ed illogica perchè attribuisce all’imputato la disponibilità del terreno che invece era in uso esclusivo al proprietario, padre dell’imputato ricorrente. La circostanza emerge dal verbale di perquisizione e sequestro il cui esame è stato tralasciato dalla Corte: infatti nel documento si da atto che si accedette al terreno, per effettuare la perquisizione, solo in presenza del proprietario M.F.. Pertanto,in assenza delle dichiarazioni illegittamente riferite dal teste P., nessun altro elemento di prova collega le autovetture di provenienza furtiva all’imputato.

Motivi della decisione

2. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

2.1 Sono infatti viziate da profili di evidente illogicità sia la sentenza di primo grado sia quella di appello, che alla prima fa rinvio, nella parte in cui attribuiscono a M.G. la disponibilità del terreno ove sono stati rinvenuti occultati i tre veicoli di provenienza furtiva, in assenza di prove che attestino tale disponibilità. 2.2 La disponibilità, del terreno non può certo dirsi provata dal fatto che "l’operante è stato chiaro nel riferire di essere entrato all’interno dell’area recintata con l’imputato…", come si legge nella sentenza impugnata, perchè la correlazione probatoria dell’ingresso nel terreno con una preesistente disponibilità dello stesso è assolutamente inesistente.

Il giudice d’appello non descrive nè circoscrive la circostanza dell’accesso al terreno ed in particolare non precisa se l’accesso fu consentito dalla disponibilità delle chiavi del cancello da parte dell’imputato, elemento di fatto, quest’ultimo, di assoluto rilievo probatorio in tutta la vicenda, perchè l’imputato ha sempre asserito di non aver avuto la disponibilità del sito. L’asserita disponibilità del sito, infatti, è rimasta priva di riscontri probatori perchè gli stessi operanti (si veda il verbale della deposizione del militare dell’Arma, P.C., a pag. 8) non sono stati in grado di chiarire la circostanza e di dire se effettuarono l’accesso dopo l’intervento del padre del ragazzo.

2.3 Ne consegue che l’ingresso nel terreno da parte di M. G. può essere stato determinato, dopo l’apertura dell’ingresso ad opera del padre, dalla sollecitazione dei Carabinieri che intendevano procedere alla perquisizione e dalla mera accondiscendenza da parte del ragazzo a tale sollecitazione, ed è fuor di logica stabilire una relazione univocamente probatoria tra l’ingresso nel terreno e la disponibilità dello stesso terreno, circostanza, quest’ultima,sempre negata da M.G., perchè attribuita, in esclusiva, al padre, che da anni non convive con la famiglia.

2.4 Tornando alla motivazione della sentenza, la mancanza di prova in ordine alla disponibilità del terreno da parte dell’imputato comporta che è illogica e contraddittoria la proposizione relativa alla circostanza di non aver "saputo dare spiegazione plausibile circa il possesso delle autovetture" perchè si da per assodato, la pregiudiziale circostanza di essere, in qualche modo, in correlazione con le autovetture, circostanza di fatto che, invece, doveva ancora essere provata.

2.5 Nell’assetto argomentativo della motivazione, il possesso delle autovetture è giustificato, infatti, nella costruzione della prova della responsabilità del M., esclusivamente come conseguenza della disponibilità del sito circostanza quest’ultima che, invece, non è stata assolutamente accertata. La motivazione della Corte di merito si presenta,pertanto, carente e manifestamente illogica perchè per nulla esplicativo del contributo causale che l’imputato avrebbe apportato quale concorrente nel reato, non essendo stati individuati elementi positivi che diano conto del grado della sua consapevolezza rispetto agli elementi costitutivi del reato contestati.

2.6 Sono,inoltre, inutilizzabili le dichiarazioni autoaccusatone che il M. rilasciò estemporaneamente al Mllo P., durante la perquisizione, circa il possesso di una delle autovetture rinvenute occultate nel terreno del padre, dichiarazioni che la Corte d’appello richiama per denunciarne rinveromiglianza.

I giudici di appello, attribuendo al M. la disponibilità del luogo ove erano occultate le autovetture, implicitamente gli hanno riconosciuto la posizione giuridica di indagato del reato di ricettazione delle autovetture ivi nascoste senza, peraltro, rilevare che rispetto alle dichiarazioni da lui rese nel corso della perquisizione, si rendevano applicabili le preclusioni del divieto di testimonianza sulle dichiarazioni comunque rese dall’imputato nel corso del procedimento ed dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni autoindizianti rese da persona che sin dall’inizio doveva essere sentita come persona sottoposta alle indagini, ai sensi degli artt. 62 e 63 c.p.p., comma 2. 2.7 Ben a ragione il ricorrente rivendica l’inutilizzabilità sia della testimonianza del M.llo P., nella parte in cui riferisce ciò che spontaneamente dichiarò il M., nel corso della perquisizione, circa l’essersi appropriato di una delle due autovetture occultate nel terreno del padre, che aveva trovato aperta e con le chiavi inserite nel quadro di accensione, sia l’inutilizzabilità delle stesse dichiarazioni, mai giurisdizionalizzate alla presenza del difensore.

2.8 Questa Corte ha già chiarito che le dichiarazioni rese dalla persona che fin dall’inizio avrebbe dovuto essere sentita nella qualità di indagata, sono inutilizzabili "erga omnes" e la verifica della sussistenza di tale qualità va condotta non secondo un criterio formale (esistenza della "notitia criminis", iscrizione nel registro degli indagati), ma secondo il criterio sostanziale della qualità oggettivamente attribuibile al soggetto in base alla situazione esistente nel momento in cui le dichiarazioni sono state rese.

Inoltre, il divieto di testimonianza previsto dall’art. 62 cod. proc. pen. opera solo in relazione alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento, intendendosi con tale espressione un collegamento funzionale tra le dichiarazioni ed un atto del procedimento e pertanto opera solo per quelle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria, alla polizia giudiziaria e al difensore nell’ambito dell’attività investigativa (vedasi sentenza Corte Costituzionale n. 237 del 1993). Sentenza n. 16146 /2001 – mass. 218550; Sentenza n. 26258/2007 mass. 237264; Sentenza n. 24953 /2009 mass. 243891;

Sentenza n. 23776/2009 Mass. 244360 Sentenza n. 15476 /2004 mass. 228546. 2.9 Il collegio ritiene, pertanto, che non vi siano reali elementi di prova che consentano di affermare la penale responsabilità di M.G. per la ricettazione dei veicoli e che, pertanto, la sentenza della Corte d’appello di Roma debba essere annullata perchè il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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