Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-02-2012, n. 2362 Provvedimenti impugnabili per Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato il 17 settembre 2010 e depositato il 4 ottobre successivo, la s.r.l. Eurodis Giada impugnava direttamente in cassazione l’ordinanza, emessa in data 22 febbraio 2010 (e depositata in pari data), L. n. 689 del 1981, ex art. 23, comma 5, con la quale il giudice monocratico del Tribunale di Latina – sez. dist. di Terracina convalidava alla prima udienza l’ordinanza-ingiunzione n. 113/2009 adottata (in relazione alla violazione di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 52, comma 2) dalla Provincia di Latina, notificata nei suoi confronti il 31 luglio 2009, ed opposta in sede giurisdizionale dinanzi al predetto Tribunale.

A corredo del ricorso l’indicata società ha dedotto due motivi: – con il primo è stata prospettata la violazione dell’art. 24 Cost., comma 2, , dell’art. 101 c.p.c., dell’art. 134 c.p.c., comma 2, e dell’art. 176 c.p.c., nonchè della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 2, congiuntamente alla nullità dell’ordinanza impugnata e del presupposto procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; – con il secondo è stata denunciata la violazione dello stesso citata L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 2 unitamente al vizio di omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Ha resistito con controricorso l’intimata Provincia di Latina che ha eccepito, in via assolutamente pregiudiziale, l’inammissibilità del formulato ricorso sul presupposto che, nel caso di specie, avuto riguardo al tipo di provvedimento impugnato e alla previsione trasparente dalla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 5, la ricorrente avrebbe, invece, dovuto proporre appello.

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione della sentenza in forma semplificata. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per l’assorbente ragione prospettata dall’ente controricorrente.

A seguito dell’intervento innovativo apportato (ed applicabile "ratione temporis" nel caso in questione) dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26, comma 1, lett. a), (con il quale, mediante la previsione di cui alla lett. b), è stato soppresso anche la L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c., con la conseguente appellabilità delle sentenze emesse all’esito del giudizio di primo grado regolato da tale legge) l’ordinanza di convalida del provvedimento opposto contemplata dalla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 5 è divenuta impugnabile con il rimedio dell’appello, mentre prima era soggetta al ricorso per cassazione, ancorchè limitatamente ai presupposti in base ai quali era stata emessa e sulle questioni già sottoposte all’esame del giudice. Nell’attuale sistema normativo questa ordinanza, idonea a definire il giudizio di primo . grado nella ricorrenza degli inerenti presupposti (e quindi, equiparabile ad una sentenza), è diventata, pertanto, passibile di appello in seconda istanza (cfr, da ultimo, Cass. n. 182 del 2011 e Cass. n. 16471 del 2011), con l’attribuzione al giudice di secondo grado di tutti i poteri che gli sono propri, ragion per cui, qualora esso rilevi l’insussistenza delle condizioni per farvi luogo, potrà procedere, previa revoca dell’ordinanza impugnata, ad un completo esame riguardante la fondatezza o meno dell’opposizione formulata in primo grado, decidendola nel merito (meno che non si prospettino altri impedimenti pregiudiziali od ostacoli preliminari alla sua definizione in tal senso).

Conseguentemente, essendo stata, nella specie, direttamente impugnata in cassazione un’ordinanza L. n. 689 del 1981, ex art. 23, comma 5 adottata in primo grado dal competente Tribunale nella suddetta materia (anzichè appellarla), il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile (non sortendo alcuna efficacia scusante l’errore materiale in cui è incorso il giudice nell’ordinanza impugnata nella quale si fa riferimento al previgente regime della ricorribilità in cassazione, poichè l’individuazione della disciplina normativa processuale in concreto applicabile deve trovare la sua esclusiva fonte di riferimento nella legge temporalmente vigente). Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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