Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-06-2011) 29-09-2011, n. 35519

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la sentenza dell’11 maggio 2007 con cui il Tribunale di quella stessa città aveva condannato D.G.C. alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 372 c.p., oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.

2. – Nell’interesse dell’imputata ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia.

Con il primo motivo deduce l’inosservanza dell’art. 372 c.p. e, dopo avere rilevato che il capitolo di prova su cui è stata chiamata a rendere la propria testimonianza la D.G. era formulato in maniera imprecisa e vaga, senza specificare se l’orario indicato fosse da intendere in modo cumulativo, rileva che una tale carenza nella formulazione delle domande non può andare a scapito del testimone, che sarebbe onerato di interpretare il capitolo di prova.

Nella specie, la risposta dell’imputata "la ricorrente negli orari indicati preparava e coceva le pizze" corrisponde a quanto la stessa aveva effettivamente percepito e non può considerarsi come falsa testimonianza.

Con il secondo motivo censura la sentenza per non aver applicato l’esimente di cui all’art. 384 c.p., dal momento che l’imputata non aveva la capacità di testimone, per avere interesse nella causa, avendo rapporti con la ricorrente.

3. – Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza e genericità dei motivi.

3.1. – Dalla sentenza si apprende che l’imputata, sentita in qualità di teste in una controversia di lavoro, intentata da R.N. contro la società Kangaroo, ha deposto il falso in ordine all’orario di lavoro giornaliero svolto dalla collega di lavoro.

Va precisato che la stessa imputata non contesta il contenuto della testimonianza resa, ma ritiene l’insussistenza del reato per l’equivocità dei capitoli di prova sui quali è stata chiamata a rendere la testimonianza. Senonchè la sentenza impugnata ha già offerto una coerente risposta a tali obiezioni, escludendo ogni ipotesi di fraintendimento del capitolo di prova ("vero che la ricorrente ha lavorato con orario 8.30-14.30 e 18.00-22.00"), ritenuto "chiarissimo".

Tale valutazione del giudice di merito appare del tutto coerente in rapporto alla semplicità della proposizione su cui la teste era chiamata a rispondere, sicchè il tentativo della ricorrente di introdurre l’elemento della equivocità del capitolo si rivela inadeguato rispetto alla logica motivazione della sentenza impugnata che ha fatto una corretta applicazione della norma incriminatrice, ritenendo sussistente la falsa testimonianza.

3.2. – Riguardo all’altro motivo, si rileva, preliminarmente, che non risulta sia stato proposto con l’atto di appello, sicchè sarebbe inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

In ogni caso, deve escludersi che possa applicarsi l’esimente invocata dell’art. 384 c.p. sul presupposto che l’imputata non avesse la capacità di testimoniare, stante il suo interesse nella causa:

nel ricorso non si indica il tipo di interesse che la D.G. avrebbe avuto nella controversia di lavoro, in quanto ci si limita ad un generico riferimento a "rapporti" che avrebbe avuto con la R..

Così strutturato il motivo di ricorso non specifica gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta, in violazione del requisito formale previsto dall’art. 581 c.p.p., lett. c).

4. – All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00, in considerazione delle questioni trattate. L’imputata deve, inoltre, essere condannata al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile, che si liquidano in Euro 800,00, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, nonchè al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile, che liquida in Euro 800,00, oltre spese generali, I.V.A. E C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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