T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-10-2011, n. 8169 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

RILEVATO che il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;

ATTESO che il ricorso appare manifestamente infondato;

RILEVATO che con esso la ricorrente impugna l’ordinanza in epigrafe con la quale il Comune di Mazzano Romano ha ingiunto la "rimozione di un chiosco adibito a vendita di giornali in quanto realizzato" – unitamente al chiosco bar colpito dalla stessa ordinanza – "su suolo pubblico a ridosso della recinzione del fabbricato" – trattasi di immobile per il quale si è deciso di ristrutturare la facciata -, "in modo da riqualificare effettivamente i prospetti dell’edificio e renderne libera la visuale della piazza, secondo quanto espresso dalla Soprintendenza nel parere" pure impugnato;

CONSIDERATO che in fatto la ricorrente ha rappresentato che sin dal 1983 il Comune le aveva concesso una porzione di suolo pubblico di mq. 12 per l’installazione del chiosco per la rivendita di giornali, rilasciandole sempre nel 1983 l’autorizzazione ad esercitare la vendita delle relative categorie merceologiche e che dal 1989 godeva personalmente della concessione per occupazione di suolo pubblico nel medesimo luogo; ed ha esposto che il Comune, a distanza di anni, aveva avviato un progetto di recupero e di ristrutturazione dell’edificio vicino al quale sorge l’edicola perciò procurandosi il parere del M.B.A.C. dal quale risulta l’abusività dell’edicola e del chiosco bar;

RILEVATO che avverso tale ordinanza la ricorrente oppone:

1. violazione degli articoli 31 e seguenti del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, violazione degli articoli 146 e seguenti del d.lgs. n. 42 del 2004: lamenta che l’abusività dell’opera è stata rilevata dal Ministero, mentre, come pure afferma la costante giurisprudenza della sezione, "presupposto per l’adozione dell’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo è soltanto la constatata esecuzione dell’opera in difformità dal titolo edilizio o in assenza dello stesso" (TAR Lazio, sez. I quater, 5 gennaio 2011, n. 15); nel caso in esame oltre tutto vi era l’occupazione del suolo pubblico concessa dal Comune e per di più rinnovabile tacitamente per gli anni successivi;

2. eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità della motivazione: la ricorrente lamenta che del tutto labilmente l’amministrazione tenta una comparazione dell’interesse pubblico con l’interesse del privato al mantenimento del bene, tanto più contraddittoria nell’espressione in cui il Comune sostiene di essere "propenso a concedere l’autorizzazione allo spostamento in altra area da concordare", per cui delle due l’una o l’opera è abusiva ed allora non si comprende questo "cedimento" dell’amministrazione locale; oppure l’opera non è abusiva ed allora il provvedimento doveva essere motivato in maniera più congrua circa la necessità di rimuoverlo per ragioni differenti dalla sua abusività;

3. violazione dell’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241: poiché la ricorrente è legittimata all’esercizio della attività di edicolante da idoneo provvedimento concessorio del Comune, questi se proprio doveva rimuovere il chiosco avrebbe dovuto prima avviare un procedimento di autotutela della concessione, secondo le regole però della norma in rubrica;

4. violazione dell’art. 21 quinquies e 21 octies della legge n. 241 del 1990, degli articoli da 4 a 13 e dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990; violazione del principio di collaborazione procedimentale del principio del legittimo affidamento e della proporzionalità amministrativa, eccesso di potere per ingiustizia manifesta: sostiene la ricorrente che se è vero che nel provvedimento concessorio l’amministrazione si era auto vincolata a far rimuovere il manufatto "ove esigenze diverse lo – rendessero – necessario" tuttavia avrebbe dovuto effettuarlo secondo il procedimento di autotutela della revoca, quanto soprattutto in ordine alle garanzie della partecipazione al procedimento che invece sono del tutto mancate;

5. violazione dell’art. 27 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380: osserva che l’amministrazione avrebbe un potere di reprimere gli abusi edilizi – se tale vuole essere considerata l’edicola – immediatamente, mentre una volta ricevuto il parere della Soprintendenza il Comune ha atteso ben 7 mesi e 10 giorni per comminarne la rimozione;

RILEVATO che la censura principalmente proposta non appare condivisibile, dal momento che, ancorché la ricorrente sia munita di idoneo titolo che concerne l’occupazione di suolo pubblico non è tuttavia munita del titolo abilitativo idoneo alla realizzazione del manufatto colpito dall’ordinanza di demolizione, posto che trattasi di due provvedimenti distinti, espressione l’uno – quello edilizio – del potere comunale di vigilanza sul territorio sotto il profilo urbanistico e l’altro – quello di occupazione del suolo pubblico – inerente alla titolarità dei diritti sul suolo che in questo caso appartiene al Comune;

RILEVATO, altresì, che non appare sussistere nessuna contraddittorietà della motivazione del provvedimento laddove l’amministrazione comunale anticipa che potrà eventualmente concedere alla ricorrente altra porzione di suolo pubblico dove installare il chiosco, sempre che ella ne richieda l’idoneo titolo abilitativo, dal momento che proprio in quanto al Comune spetta la proprietà del suolo ben può disporne anche nel futuro in relazione alle esigenze di tutela dei beni architettonici cui appare rispondere l’ordinanza in questione;

RILEVATO ancora che non appare avere fondamento neppure la dedotta violazione dei principi dell’autotutela, dal momento che il provvedimento in esame si è basato sostanzialmente sul parere della competente Soprintendenza che ha valutato l’impatto prospettico del chiosco rispetto alla visuale dell’immobile tutelato;

RILEVATO che anche le censure di violazione del procedimento proposte con la quarta e la quinta censura vengono meno in presenza di manufatti abusivi, cioè realizzati senza titolo edilizio abilitativo, dal momento che l’ordinanza di demolizione è un provvedimento vincolato, sicchè non sono predicabili utili apporti degli interessati al procedimento (cfr. TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36046 e TAR Umbria, Perugia, 28 ottobre 2010, n. 499) e che la realizzazione di un’opera abusiva costituisce comunque un illecito permanente, che si protrae nel tempo e viene meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a dire con il conseguimento delle prescritte autorizzazioni (Consiglio di Stato, sezione IV, 16 aprile 2010, n. 2160) che nel caso in esame erano presenti soltanto in ordine alla occupazione di suolo pubblico, ma non per la realizzazione del chiosco in se stesso;

RILEVATO che pure la parte della domanda di annullamento del parere della Soprintendenza non è ammissibile dal momento che non è sostenuta dalla proposizione di autonomi motivi avverso di esso;

RILEVATO che pertanto che il ricorso non può che essere respinto;

CONSIDERATO che, quanto alle spese di lite, esse seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo a favore della parte costituita;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente A.S. al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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