T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-10-2011, n. 8167

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

ATTESO che il ricorso appare manifestamente infondato;

RILEVATO che con esso i ricorrenti impugnano la determinazione dirigenziale in epigrafe con la quale il Comune di Anzio ha ingiunto loro la demolizione di "chiusura di una struttura in tende in PVC con la posa in opere lungo il perimetro di infissi in alluminio di colore marrone, chiusi con pannelli in bachelite nella parte inferiore e con delle finestre scorrevoli e vetri nella parte superiore e realizzando all’interno un controsoffitto in pannelli prefabbricati, con le dimensioni complessive di mt. 5,95 x 9,40 con altezza di m. 2,40 -3,70";

RILEVATO che avverso tale provvedimento i ricorrenti, proprietari di un ristorante in quel Comune, espongono in fatto di essere titolari di una concessione demaniale rilasciata dalla Capitaneria di Porto di Roma per occupare un tratto di suolo demaniale da adibire alla posa di tavoli e sedie con tenda parasole sin dal marzo 1999, quando erano subentrati nel godimento del precedente titolare; e che nell’anno 2000 chiedevano al Sindaco del Comune di Anzio l’autorizzazione alla sostituzione delle tende ed il Comune comunicava alla Capitaneria di Porto il parere favorevole per la sostituzione della struttura a veranda, Capitaneria che rilasciava la relativa autorizzazione; e che nel 2002 ripetevano analoga procedura presso il Comune e presso la Capitaneria per la sostituzione della pavimentazione della veranda; dopo di che seguivano nel 2006 il nulla osta per l’ampliamento dell’area esterna già esistente a cura dell’Ufficio del Demanio marittimo del Comune di Anzio; il rilascio dell’autorizzazione ad occupare ulteriori mq. 38 di superficie demaniale marittima sempre nel 2006; un controllo dell’Ufficio Circondariale Marittimo dell’uso delle superfici nel 2007, controllo conclusosi senza contestare violazione delle norme urbanistiche; nel 2010 l’Ufficio Demanio del Comune di Anzio autorizzava il cambio di destinazione dell’area di mq. 38 al fine di posizionare tavoli da asservire all’adiacente ristorazione; infine sopraggiungeva il provvedimento impugnato;

RILEVATO che avverso di esso i ricorrenti deducono:

1. in via preliminare omessa e/o insufficiente identificazione del soggetto legittimato passivamente: sostengono che la società "Ristorante dei G.A.P. s.r.l." cui si riferisce la determinazione giuridicamente non esiste e non è mai esistita, l’unico soggetto titolare è la società "Ristorante dei G.A.P. di L. e M.G. s.n.c." che dal giugno 2010 ha mutato la ragione sociale in "Ristorante dei G.A.P. di M.G. e C.R. s.n.c. e che il sig. G.L. non è più l’amministratore della società di cui si tratta;

2. Assoluto difetto di notifica: lamentano che comunque alla società "Ristorante dei G.A.P. s.r.l." pur ritenuta responsabile dell’abuso non è mai stato notificato l’impugnato provvedimento;

3. Violazione di legge, omessa ed insufficiente motivazione: l’accertamento sul quale si baserebbe la determinazione a demolire non è mai stato notificato agli istanti né accluso al provvedimento impugnato; poiché le norme consentono che i titolari degli abusi possano presentare richiesta di permesso a costruire in sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, la mancata notifica dell’accertamento di abusivismo ha impedito tale possibilità per i ricorrenti;

4. violazione di legge, eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, contraddittorietà nel comportamento della pubblica amministrazione: gli interessati rilevano che, per come risulta dalla esposizione in fatto, il Comune qualifica come abusiva una situazione non solo esistente da lungo tempo, ma anche in precedenza regolarmente dallo stesso autorizzata;

CONSIDERATO che le censure non possono essere condivise la prima in particolare essendo smentita dal tenore letterale del provvedimento che, comunque, individua i responsabili dell’abuso sia in forma societaria sia in forma di soggetti singoli, per come di seguito indicato: "VISTA la comunicazione a prot. n. 655 RI/2011 del 28 giugno 2011 del Comando di Polizia Locale da cui risulta che: G.M.V….in qualità di proprietaria, G.L….in quanto amministratore al momento dell’accertamento edilizio della Società "Ristorante dei G.A.P. s.r.l." locataria dell’immobile, con sede in Anzio Via del Porto Innocenziano,…; G.M. e R.C. quali referenti della Società "Ristorante dei G.A.P." attuali amministratori della società";

E RILEVATO dunque che in ordine alla presunta inesatta indicazione dei soggetti responsabili dell’abuso attualmente l’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 colpisce sia il proprietario sia il responsabile dell’abuso e che tra i soggetti che avevano ed hanno capacità amministrativa in ordine alla società vi sono i due ricorrenti G.M. e R.C. amministratori appunto della società di ristorazione, in ordine alla quale non rileva il mutamento della ragione sociale posto che comunque la determinazione impugnata ha indicato tutti soggetti che ricoprivano e ricoprono cariche di amministrazione attiva al suo interno e che pertanto vanno qualificati come responsabili dell’abuso ai sensi della citata norma;

CONSIDERATO che, per giurisprudenza risalente, ma condivisibile il difetto di notifica a tutti i comproprietari o soggetti che hanno effettuato l’abuso non vizia l’ordinanza o la determinazione a demolire, semmai non producendosi a carico del proprietario l’effetto acquisitivo che dall’inottemperanza dell’ordine deriva (TAR Basilicata, 3 dicembre 2002, n. 1005);

CONSIDERATO che quanto al dedotto difetto di motivazione e di violazione delle regole procedimentali non possono essere condivise alla stregua dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241 non potendo più il giudice adottare l’annullamento del provvedimento per vizi formali, laddove il ricorrente non dimostri che il suo contenuto avrebbe potuto essere diverso (TAR Lazio, sezione I quater, 11 gennaio 2011, n. 123 e la giurisprudenza ivi citata: TAR Puglia, Bari, sezione III, 10 giugno 2010, n. 2406) e per le superiori considerazioni tale prova non appare, nel caso, raggiunta;

CONSIDERATO, in ordine all’ultima doglianza proposta che essa appare smentita dall’excursus fattuale. Posto infatti che fino al 2002 i ricorrenti chiedevano sia al Comune di Anzio sia alla Capitaneria di Porto il rilascio dei rispettivi nulla osta ed autorizzazione alla realizzazione di tende mobili e di pavimentazione della veranda che venivano concesse per un periodo di tempo limitato dal 1° aprile al 30 settembre per l’uso del ristorante, proprio a voler interpretare le comunicazioni effettuate al Comune di Anzio come denuncie di inizio attività, ma tali non sono perché non appaiono corredate della documentazione progettuale – che veniva inviata alla sola Capitaneria – e delle certificazioni necessarie, dopo il 2002 i ricorrenti hanno bypassato il Comune rivolgendosi direttamente all’Ufficio Circondariale Marittimo che rilasciava i nulla osta di competenza, ma non richiedevano al Comune l’idoneo titolo abilitativo per una struttura che nel frattempo, essendo divenuta inamovibile, comporta modificazioni nella sagoma, nei prospetti e nelle superfici del ristorante cui essa afferisce, rientrando così l’abuso tra quelli per i quali l’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede il permesso a costruire, con conseguente rei;

RILEVATO per le superiori considerazioni che il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure e che pertanto il ricorso va respinto;

CONSIDERATO che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento di Euro 1.500 per spese di giudizio ed onorari a favore del Comune di Anzio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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