T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-10-2011, n. 8166 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

RILEVATO che il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e sentite sul punto le parti costituite;

RILEVATO che il ricorso appare manifestamente infondato;

CONSIDERATO che con esso il ricorrente impugna il diniego di visto di ingresso per lavoro subordinato motivato in quanto il passaporto B0748431 risulta "manomesso alla pag. 3";

CONSIDERATO che avverso tale diniego l’interessato oppone:

1. violazione e falsa applicazione del TU n. 286/1998, della legge n. 189/2002, del d.P.R. n. 334/2004 e della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per illogicità, errata valutazione dei presupposti, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, sviamento di potere: in sostanza lamenta che non risulta motivata la cosiddetta manomissione del passaporto, espone di avere presentato la richiesta di nulla osta con il passaporto n. B0748431, che però veniva annullato dall’autorità competente e sostituito con il passaporto a lettura ottica recante il n. AA5197734, sicché nessuna falsificazione vi sarebbe stata con conseguente difetto di motivazione e di istruttoria nell’atto gravato;

2. Violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990; violazione e falsa applicazione della legge n. 286/1998, eccesso di potere, errata valutazione dei presupposti, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, sviamento di potere: la motivazione del provvedimento è tanto più carente se si tiene presente che l’amministrazione non offre alcuna ragione per la quale debba ritenersi dubbia l’identità del ricorrente, non spiegando con quali mezzi il ricorrente potrebbe provare la sua identità se non presentando il nuovo passaporto rilasciando successivamente all’annullamento da parte dell’autorità;

AVUTO riguardo alla compiuta relazione prodotta dall’Amministrazione a seguito della istruttoria disposta con ordinanza n. 7120 del 31 agosto 2011;

RILEVATO che non appaiono condivisibili le censure proposte, nella considerazione che l’Amministrazione ha rappresentato che il ricorrente ha presentato la richiesta di visto di ingresso per lavoro subordinato presentando un nulla osta dello Sportello Unico per l’Immigrazione di Cosenza basato sul passaporto B0748431; quest’ultimo presentava alla pagina 3 " una anomalia nella firma di continuità che unisce la foto e il supporto cartaceo sulla quale è incollata la stessa. Sottoponendo il documento ai controlli strumentali in dotazione presso questa rappresentanza diplomatica, si diagnosticava che la firma era stata manomessa in quanto la grafia della parte cartacea penetrava al di sotto della foto, tanto da ritenere che la foto sia stata rimossa e poi rincollata sul supporto cartaceo.";

RILEVATO che non appare sussistere la rilevata falsa applicazione dell’art. 4, comma 2 del d.lgs. n. 286 del 1998 atteso che il visto di ingresso può essere concesso alle condizioni da detta norma previste, sempre che però il soggetto sia in possesso di "passaporto valido", come richiesto dal precedente comma 1 e tale di certo non può essere considerato il passaporto sul quale risulta manomessa la foto identificativa, come stabilito dallo stesso art. 4, comma 2 del decreto legislativo citato al quale è stata aggiunta espressamente la disposizione relativa alle conseguenze della presentazione di documentazione falsa dalla legge 30 luglio 2002, n. 189: "La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l’inammissibilità della domanda." e secondo la pur costante giurisprudenza in materia: Consiglio Stato, sez. VI, 03 giugno 2010, n. 3515;

CONSIDERATO che anche il difetto di motivazione, pure dedotto, non appare condivisibile alla luce della giurisprudenza della sezione che pone in evidenza la vincolatezza del provvedimento di diniego di visto (TAR Lazio, sezione I ter, 9 settembre 2009, n. 8425) con la conseguenza che alla stregua dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241 il giudice non può più adottare l’annullamento del provvedimento per vizi formali, laddove non sia palese che il suo contenuto dispositivo avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, mentre, per le superiori considerazioni tale prova non appare, nel caso, raggiunta;

RILEVATO, in ordine alla violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 dedotta per seconda, che la giurisprudenza equipara alla mancata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241 del 1990 il preavviso di provvedimento negativo ex art. 10 bis della medesima legge ai fini dell’annullamento in giudizio di provvedimenti vincolati, (TAR Veneto, sezione III, 4 giugno 2007, n. 1752) annullamento che è precluso al giudice quando l’Amministrazione fornisca la dimostrazione anzidetta, come è avvenuto nel caso in esame con la ridetta istruttoria;

CONSIDERATO che, pertanto il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure e che, di conseguenza il ricorso va pertanto respinto;

CONSIDERATO che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente M.M. al pagamento di Euro 750,00 a favore del Ministero degli Affari Esteri per spese di giudizio ed onorari.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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