Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 29-09-2011, n. 35318

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Svolgimento del processo

Il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Napoli, chiamato a pronunciarsi sull’istanza di archiviazione avanzata dal pubblico ministero relativamente al reato di cui al D.P.R. n 380 del 2001, art. 44, lett. b), disponeva che il P.M. svolgesse nuove indagini sulla pericolosità del manufatto anche per la configurabilità di una diversa fattispecie per la quale non v’era iscrizione ( art. 434 c.p.).

A fondamento dell’ordinanza osservava che le considerazioni del pubblico ministero non erano condivisibili per l’assenza di accertamenti in ordine alla cessazione dello stato di pericolo, il quale avrebbe potuto comportare la permanenza e l’attualità della condotta penalmente rilevante riconducibile peraltro anche a fattispecie diversa ( art. 434 c.p.), per la quale non v’era iscrizione.

Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica denunciando violazione di legge perchè il giudice, chiamato a pronunciarsi sul solo reato edilizio, il quale tra i suoi elementi costitutivi non prevede alcuno stato di pericolo, aveva ritenuto configurabile un nuovo reato ossia quello di cui all’art. 434 c.p., mai iscritto nel registro degli indagati, per il quale aveva intravisto una situazione di pericolo ed ha imposto lo svolgimento di ulteriori indagini anche in relazione al nuovo reato,arrogandosi in tal modo le prerogative del Pubblico Ministero in ordine all’esercizio dell’azione penale con conseguente abnormità del provvedimento nella parte in cui aveva chiesto al pubblico ministero di svolgere indagini anche in merito al nuovo reato ipotizzato.

Motivi della decisione

L’ordinanza del giudice per le indagini preliminari è estremamente scarna, sia con riferimento alle nuove indagini che al nuovo reato ritenuto configurabile. Tuttavia questo collegio, pur dando atto della sinteticità dell’ordinanza, ritiene che essa non possa configurarsi abnorme e quindi ricorribile per cassazione.

In proposito va ricordato che il giudice per le indagini preliminari, se non accoglie de plano la richiesta del pubblico ministero, deve fissare l’udienza in camera di consiglio. A seguito dell’udienza il giudice può adottare due provvedimenti: uno relativo alla completezza delle indagini, l’altro con riferimento al merito dell’istanza.

Con riferimento alla completezza delle indagini è pacifico che il giudice non possa limitarsi ad indicare genericamente ulteriori indagini invitando superficialmente il pubblico ministero ad approfondire la ricerca, giacchè un intervento di tale genere oltre a far perdere al potere in parola la sua natura di concreto strumento di contestazione, non sarebbe coerente nè con la lettera dell’art. 409 c.p.p., in quanto il riferimento all’indicazione delle indagini rimarrebbe privo di significato, nè tanto meno con la ratio dell’istituto, giacchè, se non viene segnalata al pubblico ministero quale sia la carenza riscontrata nelle investigazioni, non si può pretendere che questi svolga quelle ulteriori indagini che, proprio con la richiesta di archiviazione, ha dimostrato di ritenere impraticabili.

D’altra parte l’indicazione delle indagini da svolgere non deve tradursi in analiticità delle investigazioni, come ad esempio le indicazioni delle modalità degli accertamenti da svolgere, della specializzazione e del numero dei consulenti da nominare Invero un’indicazione troppo analitica, soprattutto nei casi di atti a sorpresa, potrebbe facilmente consentire all’indagato presente in udienza o comunque destinatario dell’avviso di deposito dell’ordinanza di mettere in atto manovre di sabotaggio del supplemento investigativo. In conclusione, secondo l’opinione che sembra prevalere, condivisa anche da questa collegio, il giudice deve limitarsi ad indicare il tema e la direzione dell’investigazione lasciando libero il pubblico ministero di scegliere le modalità di svolgimento (cfr. in motivazione sez. 4 20 dicembre del 2007 P.M. in proc. Bellavita Cass.).

Per quanto concerne il merito dell’istanza.

L’art. 409 c.p.p., comma 5, dispone che "fuori del caso previsto dal comma 4, il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli l’imputazione".

Stando alla formulazione letterale della norma il potere del giudice sembrerebbe circoscritto alle due ipotesi anzidette: nuove indagini ed imputazione coatta a carico del soggetto già iscritto nel registro. In altre parole sembrerebbe che lo spazio di manovra consentito al giudice debba essere circoscritto nei limiti soggettivi ed oggettivi della richiesta di archiviazione con la conseguenza che le indagini iussu iudicis o l’imputazione coatta potrebbero attingere solo i soggetti e le notizie di reato contemplati nella richiesta di archiviazione formulata dal pubblico. Il tema ossia la possibilità di esercitare i poteri di cui ai commi quarto e quinto dell’art. 409 c.p.p., oltre i confini soggettivi ed oggettivi della domanda di archiviazione è stato ampiamente dibattuto, sia in dottrina che in giurisprudenza dando luogo a contrapposti orientamenti ai quali è inutile fare riferimento in questa sede, essendo sufficiente sottolineare che le Sezioni unite di questa Corte, intervenute per risolvere il contrasto, con la sentenza del 31 maggio del 2005 n 22909, P.M. in Proc Minervini, hanno precisato che una linea interpretativa rispettosa dei principi enunciati deve partire dall’esame coordinato dei disposti degli artt. 335 e 405 c.p.p., ossia di quelle norme che segnano la linea di demarcazione tra l’acquisizione della notizia di reato e l’inizio dell’azione penale.

Quando il P.M., sulla base dell’attività di indagine svolta, ritiene che la notizia di reato sia infondata, presenta al giudice richiesta di archiviazione; quando, invece, ritiene di poter sostenere l’accusa, esercita l’azione penale formulando l’imputazione (ovvero facendo richiesta di rinvio a giudizio).

Con la richiesta di archiviazione, il P.M. deve trasmettere il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari" ( art. 408 c.p.p., comma 1) Secondo le Sezioni unite ciò vuoi dire che al G.i.p. è rimessa la cognizione della richiesta del P.M., non interclusa in sè, bensì in relazione a tutta l’attività svolta dall’organo inquirente; ciò vuoi dire ancora che il controllo giudiziale sull’esercizio dell’azione penale deve avvenire attraverso il vaglio e l’apprezzamento di tutte le risultanze delle indagini preliminari. Da queste osservazioni discende che il g.i.p. può dissentire dal P.M. non soltanto in ordine alle di lui richieste, ma anche in ordine alle determinazioni che lo stesso P.M. intende adottare a conclusione della di lui attività di indagine; gli artt. 409 e 415 c.p.p. regolano le modalità di conclusione ordinaria dell’attività di controllo del giudice, rispettivamente nel caso di persone note e di persone ignote.

In via generale si può dire che nel caso di persone note il g.i.p. può: 1) accogliere la richiesta del P.M. e pronunciare il decreto di archiviazione; 2) non accogliere la richiesta e fissare la data dell’udienza in Camera di consiglio nelle forme previste dall’art. 127 c.p.p.; 3) a seguito dell’udienza disporre l’archiviazione ovvero indicare al P.M. le ulteriori indagini da compiere; 4) disporre che il P.M. formuli l’imputazione nei confronti della persona nota; 5) ordinare, nel caso di richiesta di archiviazione perchè è ignoto l’autore del reato, l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, quando ritiene che questo sia da attribuire a persona già individuata.

Questa sequenza alternativa di possibili conclusioni dell’esercizio del controllo del G.i.p. mette in evidenza che egli è abilitato a coprire l’eventuale zona grigia lasciata dal P.M. scoperta dall’esercizio dell’azione penale e di indicare al P.M. le attività da svolgere; mette altresì in evidenza che la regola ordinaria per lo svolgimento delle indagini è la previa iscrizione di una persona nel registro delle notizie di reato (v. art. 335 c.p.p.; art. 415 c.p.p., comma 2): anche il potere di disporre la formulazione di imputazione, come previsto dall’art. 409 c.p.p., comma 5, presuppone che la persona nei confronti della quale deve essere elevato l’addebito sia stata iscritta nel detto registro".

In definitiva, secondo le Sezioni Unite, il giudice non può limitarsi ad un semplice esame della richiesta di archiviazione,ma deve esercitare una verifica sul complesso degli atti trasmessigli dal pubblico ministero ex art. 408.

Di conseguenza può legittimamente estendere l’invito a svolgere nuove indagini a carico della persona già iscritta anche in relazione a reati ulteriori e diversi emergenti dagli atti che gli sono stati trasmessi. L’ordinanza sarebbe invece abnorme se il giudice imponesse l’imputazione coatta nei confronti di soggetti non ancora iscritti perchè in tale caso agirebbe scavalcando i poteri del pubblico ministero.

In base a tale autorevole insegnamento il giudice per le indagini preliminari poteva non solo imporre lo svolgimento di nuove indagini ma anche di segnalare la configurabilità di un nuovo reato a carico del soggetto già iscritto.

Nella fattispecie il giudice ha ordinato lo svolgimento di nuove indagini in merito alla cessazione dello stato di pericolo anche perchè la perpetuazione della situazione di pericolo avrebbe potuto comportare la configurabilità di una fattispecie per la quale non v’era iscrizione. Non ha quindi imposto alcuna imputazione coatta ,ma ha solo segnalato l’incidenza dell’eventuale permanenza della situazione di pericolo sulla configurabilità di un diverso reato ( art. 434 c.p.).

L’eventuale inopportunità di indagini su una situazione di pericolosità per un reato edilizio riguarda il merito del provvedimento ossia la sua eventuale illegittimità ma non la struttura funzionale e quindi l’arbitrarietà.

La stessa genericità dell’indicazione non rende il provvedimento abnorme trattandosi di atto che rientra strutturalmente nelle prerogative del giudice e, d’altra parte, non determina una stasi del procedimento perchè il pubblico ministero può sempre provvedere nei limiti del possibile e di quanto consentito dalle norme del codice di rito (Così Cass 47351 del 2007).

Il precedente citato dal ricorrente (sentenza n. 15732 del 2009 di questa stessa sezione) non è pertinente perchè nella fattispecie oggetto della predetta decisione il giudice aveva provveduto, non solo a disporre un’archiviazione parziale, ma anche ad imporre l’iscrizione di soggetti non iscritti per reati diversi da quelli ipotizzati dal pubblico ministero. Di conseguenza era palese lo scavalcamelo dei poteri del pubblico ministero.

Nel caso in esame il giudice non ha imposto riscrizione nel registro degli indagati di nuovi soggetti per reati diversi da quelli ipotizzati, ma si è limitato a segnalare che l’eventuale permanenza della situazione di pericolo, riscontrata nella costruzione oggetto dell’imputazione, avrebbe potuto incidere sulla configurabilità di altro reato ed ha chiesto di approfondire il tema della pericolosità del manufatto.

Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso va respinto.

P.Q.M.

La Corte, letto l’art. 616 c.p.p., rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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