Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-02-2012, n. 2332 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte:
che M.F.P. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Perugia, depositato in data 18.7.09, con cui veniva rigettata la domanda di equo indennizzo ex lege n. 89 del 2001, per l’eccessiva durata di un procedimento svoltosi in primo grado innanzi al tribunale e in secondo grado innanzi alla Corte d’appello di Roma e pendente in cassazione al momento della proposizione del ricorso;
che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso;
che la Corte in camera di consiglio ha optato per la motivazione semplificata.
OSSERVA

Motivi della decisione

La Corte d’appello ha rilevato che il processo era stato introdotto con ricorso del 29.5.2001 e che, esauriti i due gradi di merito, il M. aveva proposto ricorso per cassazione il 30.5.08; ricorso tuttora pendente al momento della presentazione della domanda per equo indennizzo depositata l’11.11.08.
Ha ritenuto poi che la durata ragionevole del processo dovesse determinarsi in anni sei per i tre gradi di giudizio e che la durata complessiva del processo ammontava ad anni sette e mesi due.
A tale periodo di durata ha poi sottratto imputandoli al ricorrente i seguenti periodi: sei mesi per la proposizione dell’appello (proposto allo scadere dell’anno; sei mesi per la proposizione del ricorso per cassazione) proposto allo scadere dell’anno; 30 giorni corrispondenti al termine minimo per la comparizione del convenuto ex art. 163 ter c.p.c. e art. 415 c.p.c., comma 5; 25 giorni corrispondenti al termine minimo per la costituzione in appello; 60 giorni corrispondenti ai termini di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e art. 370 c.p.c..
Il tutto per un totale di un anno e quattro mesi determinando così la durata effettiva del processo in cinque anni e dieci mesi (sette anni e due mesi – 1 anno e 4 mesi) e ritenendo non superato il periodo di durata ragionevole stabilito – come detto – in anni sei per tre gradi di giudizio.
Il ricorrente censura tale decisione sostenendo: che la durata complessiva effettiva del processo era di anni sette e mesi 6; che non poteva essere calcolato il periodo del giudizio di cassazione avendo egli chiesto l’equo indennizzo solo per i primi due gradi ed, essendo, comunque il giudizio di cassazione da poco pendente in quanto iniziato appena poco prima della proposizione del ricorso per equo indennizzo; che dei periodi sottratti dalla Corte d’appello doveva riconoscersi solo l’anno per la ritardata proposizione dell’appello e del ricorso per cassazione. Conclude sostenendo che la durata complessiva deve ritenersi di anni sei e mesi due per cui escludendo la durata normale di anni cinque per i soli primi due gradi di giudizio residuerebbe un periodo di durata irragionevole di anni uno e mesi due.
Deve anzitutto ritenersi fondata la prima censura relativa alla durata complessiva del processo che è stata di sette anni, cinque mesi e 13 giorni (29.5.01-11.11.08).
E’ infondata invece la seconda censura relativa alla limitazione della domanda ai soli primi due gradi di giudizio.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, pur essendo possibile individuare degli "standard" di durata media ragionevole per ogni fase del processo, quando quest’ultimo si sia articolato in vari gradi e fasi, agli effetti dell’apprezzamento del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, occorre avere riguardo all’intero svolgimento del processo medesimo, dall’introduzione fino al momento della proposizione della domanda di equa riparazione, dovendosi cioè addivenire ad una valutazione sintetica e complessiva dell’unico processo da considerare nella sua complessiva articolazione; non rientra, pertanto, nella disponibilità della parte riferire la sua domanda ad uno solo dei gradi di giudizio, optando per quello nell’ambito del quale si sia prodotta una protrazione oltre il limite della ragionevolezza. (Cass. 23506/08).
Ne consegue che del tutto correttamente la Corte d’appello ha considerato anche l’anno di ragionevole durata relativo al giudizio di cassazione pendente.
L’ulteriore censura relativa alla imputazione di alcuni periodi al comportamento delle parti è fondata.
Invero, il termine di 30 giorni ex art. 415 c.p.c., comma 5, ed il termine di 25 giorni ex art. 435 c.p.c., comma 3, sono dei termini minimi al di sotto dei quali non si può scendere e che non sono quindi addebitabili alla parte.
Il termine di giorni 20 per il deposito del ricorso di cassazione e quello di giorni 40 per la proposizione del controricorso sono dei termini ristretti, il primo concesso per consentire un termine adeguato per il deposito tenuto conto del tempo necessario per acquisire la copia del ricorso notificato e per procedere al deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma ed il secondo concesso per consentire un adeguato termine per l’esercizio del diritto di difesa) onde non appaiono comprimibili.
In conclusione, deve ritenersi che la durata ragionevole del processo sia stata correttamente determinata in anni sei dalla corte d’appello mentre la durata effettiva del processo valutabile ai fini dell’equo indennizzo sia stata di anni sei, mesi 5 e giorni 13 con una eccedenza quindi di mesi cinque e gironi 13.
Il ricorso va quindi accolto nei sovraindicati limiti con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione alle censure accolte e, sussistendo i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito con la condanna del Ministero della Giustizia pagamento dell’equo indennizzo liquidato in Euro 350,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonchè al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in ragione della censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 350,00 in favore del ricorrente oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonchè al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate per in Euro 300,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali ed accessori di legge, nonchè al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in Euro 800,00 di cui Euro 400,00 per onorari ed Euro 50,00 per spese oltre spese generali ed accessori di legge. Spese distratte in favore degli avv.ti B.e Pe. antistatari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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