T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-10-2011, n. 8152 Indennità varie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alla resistente Amministrazione della Giustizia in data 26 aprile 2010 e depositato il successivo 6 maggio 2010, i ricorrenti, tutti appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, espongono di avere svolto servizi su turni stabili e periodici per tre giorni la settimana sulla scorta di formali ordini di servizio. Rappresentano che l’Amministrazione ha corrisposto loro l’indennità di buono pasto in misura unica giornaliera a far tempo dal 18 agosto 1999, mentre avrebbe dovuto corrisponderla in misura doppia.

A sostegno della loro pretesa deducono:

– violazione degli articoli 1 e 2 della legge n. 203 del 1989 e dell’articolo 12 della legge n. 395 del 1990; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa, per disparità di trattamento e per manifesta ingiustizia.

Riprendendo la sentenza di questa sezione n. 246/2010, adottata in sede di esecuzione di giudicato, fanno notare che l’art. 1, lettera b), della legge 18 maggio 1989, n. 203, applicabile agli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria in forza dell’estensione sancita dal successivo articolo 3, mira a garantire il servizio della mensa (a carico dell’Amministrazione) al personale delle forze di polizia che, per la consistenza degli impegni connessi ai servizi prestati, non può consumare i pasti presso il proprio domicilio, con il conseguente diritto, per gli aventi titolo, agli importi sostitutivi, nella misura del controvalore già stabilito dalla stessa Amministrazione.

Sempre il citato art. 1 della legge n. 203/1989 prevede, tra "le particolari situazioni di impiego e ambientali" che legittimano la costituzione di mense obbligatorie di servizio, quelle del personale impiegato in speciali servizi operativi "durante la permanenza nel servizio", con la conseguenza che, ove la "permanenza nel servizio" si protragga necessariamente in orari che – in condizioni di normale utilizzo della mensa obbligatoria – imporrebbero la consumazione di due pasti, anziché di uno, risulterebbe in contrasto con lo spirito e la lettera della predetta normativa negare l’emolumento in esame a chi abbia dovuto protrarre il servizio sino e oltre quei limiti giornalieri.

Infatti, in caso contrario si verificherebbe che i dipendenti che hanno espletato il servizio distribuito in 5/6 giornate lavorative percepirebbero sino al doppio della indennità sostitutiva rispetto ai colleghi che – a parità di ore complessive settimanali – hanno espletato il servizio concentrato in 3 giornate lavorative.

Il D.P.C.M. 5 giugno 1997, infatti, si riferisce espressamente ai dipendenti "in servizio presso uffici con orario settimanale articolato su cinque giorni", e "per la singola giornata lavorativa nella quale il dipendente protrae l’attività di servizio nelle ore pomeridiane, con l’effettuazione della pausa, o nella giornata in cui il dipendente effettua, immediatamente dopo l’orario ordinario e la pausa, almeno tre ore di lavoro straordinario"; e dunque disciplina non già la fattispecie dei ricorrenti, ma quella del normale orario settimanale articolato su cinque giorni.

Ne conseguirebbe, in applicazione del principio "ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit", un ulteriore argomento a favore della tesi dei ricorrenti.

In buona sostanza lamentano la disparità di trattamento rispetto a colleghi che pur avendo svolto il servizio su 5/6 giornate lavorative la settimana a parità di ore globali hanno ricevuto il buono pasto in misura doppia, rispetto a quanti, come sono loro stessi, che pur avendo svolto un servizio concentrato in tre giornate alla settimana se ne sono visti corrispondere la metà;

– violazione degli articoli 3, primo comma e 36 primo comma della Costituzione.

Gli interessati sostengono che ove si effettuasse una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme sopra riportate apparirebbe chiaramente illogico ed ingiustificato che l’indennità di che trattasi venisse corrisposta in maniera uguale ai dipendenti che hanno effettuato servizi in questione sull’arco dell’intera giornata, nel periodo tra il 1° gennaio 1999 ed il 1° gennaio 2009 e coloro che hanno espletato il servizio distribuito in 5/6 giornate lavorative.

In conclusione i ricorrenti pur avendo espletato il servizio settimanale concentrato in 3 giornate lavorative, hanno percepito il buono pasto in misura unitaria, per il periodo antecedente al 1° gennaio 2009, quando l’Amministrazione a seguito di circolare n. 0104494/2009, ha cominciato a corrisponderlo in misura doppia.

Concludono, quindi, chiedendo che sia dichiarato il loro diritto a percepire tale compenso in misura doppia e per il periodo dal 18 agosto 1999 fino al momento in cui hanno cominciato a percepirlo in misura doppia, maggiorato di interessi legali e di rivalutazione monetaria, come per legge, con conseguente accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio, ha eccepito la prescrizione quinquennale dei crediti ai sensi dell’art. 2948, n. 4), l’inammissibilità del ricorso sotto il profilo del mancato assolvimento dell’onere della prova ed ha rassegnato opposte conclusioni.

Pervenuta la causa per la trattazione all’udienza pubblica del 18 novembre 2010, il Collegio non l’ha ritenuta ancora matura per la decisione disponendo, a tal uopo, un’istruttoria.

Eseguiti gli incombenti il ricorso, dopo un primo rinvio alla pubblica udienza del 19 maggio 2011 è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 21 giugno 2011.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso in esame i ricorrenti tutti appartenenti al Corpo di polizia Penitenziaria, come risulta dalle attestazioni prodotte in atti, chiedono che venga riconosciuto loro il diritto all’attribuzione del buono pasto in misura doppia giornaliera, per il periodo dal 18 agosto 1999 al 1° gennaio 2009, essendo quest’ultima data il giorno a decorrere dal quale essi hanno cominciato a percepirlo in tale entità doppia, con corresponsione di interessi legali e rivalutazione per legge sulle somme, dal dovuto sino al soddisfo.

2. In via preliminare va esaminata ed accolta l’eccezione di prescrizione opposta dalla resistente Amministrazione della Giustizia.

In primo luogo è evidente che, essendo il controvalore del pasto un importo che sarebbe dovuto essere corrisposto periodicamente, rileva la prescrizione breve quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c..

Né può ritenersi alla specie applicabile la sentenza della Corte costituzionale 1° giugno 1966, n. 63, che impone il mancato decorso del termine prescrizionale in relazione solo al diritto al salario, mentre le somme in questione costituiscono un’indennità di natura compensativa.

Infine non risultano per tabulas atti interruttivi di tale prescrizione.

Ne deriva che il diritto è senz’altro prescritto sino al 26 aprile 2005, posto che la data di notifica del ricorso valevole ad interrompere l’ulteriore decorso del termine prescrizionale è rappresentata da quella della spedizione postale, vale a dire dal 26 aprile 2010.

3. Va pure esaminata l’eccezione di inammissibilità opposta dall’Amministrazione della giustizia sin dall’atto di costituzione e secondo la quale i ricorrenti non avrebbero fornito la prova dei presupposti costitutivi del diritto azionato in giudizio ed oramai ai sensi e per gli effetti dell’art. 2697 c.c. e degli articoli 40, comma 1, lett. c), 63, commi 1 e 64, comma 1 del d.lgs. n. 104/2010 non essendo neppure stato fornito un principio di prova del diritto azionato.

L’eccezione va proprio respinta.

Il quadro normativo che odiernamente regola la prova dei fatti nel processo amministrativo è costituito dagli articoli 63 e 64 del d.lgs. n. 104 del 2010; stante la prima norma "Fermo restando l’onere della prova a loro carico, il giudice può chiedere alle parti anche di ufficio chiarimenti o documenti"e stante il primo comma della seconda: "Spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni", secondo il principio civilistico di cui appunto all’art. 2697 c.c.

Ed i ricorrenti hanno prodotto unitamente al ricorso gli attestati dai quali si evince che tutti rivestono qualifiche varie nell’ambito della Polizia Penitenziaria e che dimostrano la loro presenza in servizio in date varie, con decorrenze antecedenti a quelle cui è riferita la loro pretesa; nonché dimostrano l’ufficio di appartenenza o presso cui hanno comunque prestato servizio nel periodo considerato, avente peculiarità tali da implicare lo svolgimento dell’attività lavorativa in turni più ampi – di 12 ore, col che è da ritenersi assolto il principio di prova atto a compulsare i poteri istruttori del giudice amministrativo, come in narrativa riferito ed a sostenere l’intero ricorso.

4. Va a questo punto accertata la sussistenza o meno in via teorica del diritto al controvalore del buono pasto in misura doppia, anteriormente al momento in cui l’Amministrazione resistente ha cominciato a corrisponderla, in capo a quei dipendenti che svolgono servizi su turni stabili e periodici di 12 ore giornaliere.

4.1 – In proposito occorre esaminare la natura dell’indennità in parola e la ratio sottesa alla sua corresponsione.

Essa ha natura compensativa di una spesa sostenuta dal dipendente, il quale, in ragione di esigenze di servizio, non può consumare il pasto nella propria abitazione, né gli è consentito di fruire di un servizio mensa e, perciò, non rappresenta un vero e proprio emolumento.

Ciò si deduce dalla normativa posta a fondamento della previsione della corresponsione del buono pasto.

In particolare, il D.P.C.M. 5 giugno 1997 prevede che il buono pasto sia corrisposto, laddove non sia stato istituito il servizio mensa, che garantirebbe la fornitura diretta del pasto al di fuori del domicilio del dipendente, e ne fissa la misura unica giornaliera, riferendosi, tuttavia, specificamente a chi deve trattenersi solo per il pranzo per ragioni di lavoro.

È, perciò, evidente che, laddove le esigenze di servizio permangano per altre ore lavorative giornaliere, di modo che il dipendente è costretto a mangiare per ben due volte fuori casa, il buono pasto deve essere riconosciuto in misura doppia.

D’altra parte, la stessa Amministrazione ha cominciato a riconoscere ed a corrispondere il controvalore del buono pasto in misura doppia dal 1° gennaio 2009, sulla base soltanto di una propria circolare, perciò, in assenza di un’espressa previsione normativa. Né può fondatamente affermarsi che detta circolare, nella parte che qui interessa, abbia recepito il contratto collettivo di lavoro, che, al contrario, sul punto tace.

4.2 – Ragioni di opportunità, derivanti da limiti di spesa, non possono poi trovare ingresso in questa sede, nella quale va soltanto accertata la sussistenza o meno del diritto soggettivo che i ricorrenti pretendono di far valere.

Dalla documentazione depositata dal soggetto onerato, concernente tutti i ricorrenti risulta confermato l’esercizio dell’attività lavorativa in turni di 12 ore giornaliere, su tre giorni settimanali e per i periodi pure risultanti dalle attestazioni prodotte.

5. Conseguentemente il ricorso va accolto come di seguito specificato e per l’effetto va riconosciuto il diritto al buono pasto in misura doppia in capo ai ricorrenti, per il periodo dal 24 aprile 2005 al 1° gennaio 2009, nella misura risultante nei relativi dettagliati attestati di servizio, corredati di tabella. Le somme così determinate dovranno essere maggiorate degli oneri accessori come per legge.

6. In considerazione della peculiarità delle questioni trattate si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, dei diritti e degli onorari di difesa, ai sensi dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92 c.p.c..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come in motivazione indicato e per l’effetto riconosce in capo ai ricorrenti il diritto al buono pasto in misura doppia, per il periodo dal 26 aprile 2005 al 1° gennaio 2009, nelle misure e secondo le modalità in motivazione precisate e con oneri accessori come per legge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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