Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 29-09-2011, n. 35311 Chiusura ed avviso di chiusura delle indagini preliminari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 7 maggio 2010, il Tribunale di Vicenza ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro probatorio che grava su fatture e documenti attinenti ai reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8 di cui è indagato V.A..

Per giungere a tale conclusione, i Giudici- disattendendo delle prospettazioni della difesa – hanno rilevato che correttamente il Pubblico Ministero ha disposto un nuovo sequestro dal momento che il precedente era stato annullato dal Tribunale del riesame per motivi formali; inoltre, l’organo della accusa poteva effettuare investigazioni dopo la emissione dello avviso di conclusione delle indagini non valendo i limiti dell’art. 430 c.p.p..

Nel merito, il Tribunale ha evidenziato che gli esperiti accertamenti della Guardia di Finanza giustificasse la conclusione che l’indagato ha utilizzato nella dichiarazioni del redditi, dal 2005 al 2009, fatture per operazioni inesistenti; i Giudici hanno precisato che i documenti servivano ai fini probatori.

Per l’annullamento della ordinanza, V. ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che era precluso al Pubblico Ministero, dopo l’emissione dello avviso di conclusione delle indagini, compiere ulteriore attività investigativa ed emettere il decreto di sequestro: nè tale sequestro poteva inquadrarsi nell’ambito dell’art. 430 c.p.p. essendo un atto garantito;

– che le due ipotesi del D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8 non possono concorre per espresso divieto legislativo;

– che è carente il ed fumus commissi delicti;

– che il Pubblico Ministero non poteva reiterare il sequestro (annullato per motivi sostanziali), ma ricorrere in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del riesame di restituzione dei beni all’avente diritto.

Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Per quanto concerne la prima censura, si rileva come l’organo della accusa possa proseguire le investigazioni anche in epoca successiva alla emissione dell’avviso previsto dall’art. 415 bis c.p.p. a condizione che non sia scaduto il termine per la conclusione delle indagini preliminari e sia data comunicazione all’interessato del deposto degli atti ulteriori per permettergli di esercitare le facoltà previste dall’art. 415 bis c.p.p., comma 3.

Nel caso concreto, nessuna investigazione è stata compiuta dopo l’avviso di conclusione delle indagini ed, entro l’arco temporale concesso per la conclusione delle stesse, è stato disposto il sequestro, a sensi dell’art. 253 c.p.p., che è un mezzo acquisitivo di prove; di tale atto suppletivo, è stata data comunicazione all’indagato che, pertanto, è stato posto nella condizione di esercitare i suoi diritti difensivi.

Relativamente alla seconda deduzione, è puntuale l’osservazione della difesa perchè il regime derogatorio previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8 esclude la possibilità di concorso tra il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti e quello di utilizzo di tali falsi documenti nella dichiarazione dei redditi; il rilevo, tuttavia, è inconferente dal momento che la commissione di uno solo dei due reati è sufficiente a giustificare il sequestro.

In merito al ed fumus commissi delicti, la motivazione del censurato provvedimento è sintetica, ma congrua e sufficiente avendo il Tribunale avuto cura di indicare gli accertamenti della Guardia di Finanza dai quali ha tratto la ragionevole conclusione sulla natura fittizia della società che ha emesso fatture per operazioni commerciali mai effettuate.

La revoca del primo sequestro era correlata a vizi formali del relativo decreto (mancata indicazione delle esigenze probatorie) e non alla inesistenza di indizi di reità per cui il pubblico Ministero era facoltizzato e rinnovare il vincolo reale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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