Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2011) 29-09-2011, n. 35310 Reati tributari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.M., persona sottoposta alle indagini per i reati di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, perchè, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o dell’imposta sul valore aggiunto, ovvero degli interessi o sanzioni amministrative, quale amministratore di fatto, in concorso con l’amministratore della Marche Serramenti srl in liquidazione dal 10/09/2009, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di infissi, articoli di arredo urbano, e con il socio accomandatario della C.C.A. Centro Consulenze Aziendali Sas di Marzioli Pietro – in liquidazione dal 26/05/2009 -, esercente l’attività di Studio Commerciale, Tributario e di Revisione contabile, simulatamente alienava, allo scopo di rendere impossibile l’aggressione dello stesso da parte dell’Amministrazione Finanziaria, e dunque di impedire il proficuo soddisfacimento delle pretese Erariali, un capannone artigianale e n. 3 laboratori con corte rispettivamente in (OMISSIS) ed in (OMISSIS) nel corso dell’anno 2009, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Ancona – Sezione Riesame ha confermato il decreto di sequestro preventivo degli immobili. Deduce in questa sede il ricorrente:

1) Inosservanza dell’art. 128 c.p.p., art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b), e art. 321 c.p.p.: nullità del decreto di sequestro per inesistenza o nullità della richiesta di sequestro da parte del P.M. siccome priva della certificazione di deposito. Illogicità della motivazione nella parte in cui ha escluso che la richiesta del sequestro non produca effetti nei confronti dei terzi.

2) Inosservanza degli artt. 335 e 407 c.p.p.. Inutilizzabihtà degli atti di indagine compiuti successivamente al termine di scadenza delle indagini preliminari computato dall’8 novembre 2007. Assenza di motivazione. In subordine illegittimità costituzionale degli artt. 335, 405 e 407 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Carta Costituzionale.

3) Inosservanza od erronea applicazione, del D.Lgs n. 74 del 2000, art. 11. Carenza di motivazione quanto alla necessaria sussistenza al momento del fatto di procedure amministrative volte al recupero di imposte dovute.

4) Inosservanza od erronea applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, quanto all’esistenza di condotte fraudolente. Mancanza di motivazione quanto all’elemento oggettivo del reato.

5) Inosservanza od erronea applicazione, del D.Lgs n. 74 del 2000, art. 11, con riferimento all’elemento oggettivo del reato. Carenza di motivazione quanto all’elemento oggettivo del reato ed omesso esame delle argomentazioni difensive in ordine all’esistenza di debiti fiscali previsti dalla norma siccome superiori ad Euro 50.000,00 in capo al M. e quanto all’alienazione da parte di Marche Serramenti Sri. 6) Inosservanza od erronea applicazione dell’art. 11 D. Lvo 74/2000 con riguardo all’elemento soggettivo del reato.

Carenza di motivazione quanto all’elemento soggettivo del reato ed in particolare quanto alla conoscenza dell’esistenza di una pretesa del fisco di ammontare superore ad Euro 50.000,00; omesso esame delle argomentazioni difensive in ordine alla inoffensività degli atti negoziali. Successivamente il ricorrente ha depositato istanza di rimessione alle Sezioni Unite del procedimento segnalando l’esistenza di contrasto nella giurisprudenza della Corte sulla necessità che la procedura di riscossione sia in atto per la sussistenza del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11.

MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

1) Con il primo motivo il ricorrente deduce che, per quanto concerne la richiesta di sequestro preventivo, il visto del procuratore capo D.Lgs. n. 106 del 2006, ex art. 3, è di tre giorni antecedente alla richiesta sottoscritta dal sostituto e che, soprattutto, per un verso non risulta la data di deposito della richiesta nella Segreteria del PM. e, per altro verso, il timbro di ricezione dell’atto da parte dell’Ufficio ricevente la richiesta è privo di sottoscrizione del cancelliere; il che, ad avviso del ricorrente, si traduce nell’inesistenza dell’atto.

Sul punto, tuttavia, il tribunale ha già correttamente risposto evidenziando che non vi è alcuna disposizione che giustifichi la tesi della inesistenza giuridica della richiesta del P.M. di sequestro preventivo, regolarmente sottoscritta dal sostituto, vistata dal Procuratore capo e depositata presso la cancelleria del giudice procedente, per il solo dato formale della mancanza di un attestazione di deposito presso la segreteria della Procura.

Si può solo aggiungere in questa sede che, come già rilevato dalla Corte, la giuridica esistenza di un atto giurisdizionale dipende esclusivamente dalla sua effettiva provenienza dal soggetto legittimato ad adottarlo nel rispetto delle regole che presiedono alla sua regolare emanazione. (Sez. 2, n. 26015 del 04/05/2001 Rv.

219903) e che per quanto concerne la prova dell’inoltro ad altro ufficio, essa può essere desunta non solo dal timbro di ricezione dell’atto da parte dell’ufficio destinatario – nella specie presente – ma anche da altri elementi quali, ad esempio, l’annotazione sui registri di passaggio ai quali pure va riconosciuta natura fidefaciente (Sez. 2, n. 41603 del 13/10/2005 Rv. 232934).

2) Con il secondo motivo si fa rilevare che la misura cautelare poggia pressochè interamente sugli atti di indagine relativi ad altro procedimento penale della medesima Procura iscritto nel RG nel 2007, il cui avviso ex art. 415 bis c.p.p., sarebbe stato notificato all’odierno ricorrente solo nell’ottobre del 2010 e che in base agli elementi acquisiti si sarebbe già dovuto procedere nel 2007 o, al più tardi, nel 2008 all’iscrizione del nominativo nel RGNR. Si fa rilevare come la Corte costituzionale, con la sentenza 306/2005 abbia indicato che la lettura costituzionalmente orientata degli artt. 335, 405 e 191 c.p.p., postula che spetta al giudice individuare la data in cui l’iscrizione andava compiuta e conseguentemente dichiarare inutilizzabili gli atti compiuti dopo il semestre in difetto di proroga e che la Consulta non ha nell’occasione "toccato" la norma in quanto, seppure non univoco, vi era comunque un orientamento giurisprudenziale con cui si riconosceva l’esistenza del sindacato del giudice sul rispetto della immediatezza della iscrizione. Sul punto occorre tuttavia ricordare l’intervento delle Sezioni Unite della Corte che, chiamate a dirimere il contrasto creatosi sul punto, hanno affermato che il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al G.i.p. sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicchè gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’art. 407 c.p.p., comma 3, fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M che abbia ritardato l’iscrizione. (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009 Rv.

244376).

E’ da aggiungere che successivamente a tale pronuncia è stata ritenuta da questa Corte manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dell’art. 335 c.p.p., e art. 407 c.p.p., commi 2 e 3, nella parte in cui non prevedono l’inutilizzabilità degli atti compiuti oltre la scadenza del termine delle indagini preliminari computato non dal giorno di iscrizione del nominativo dell’indagato nell’apposito registro, bensì dal giorno in cui – emergendo a suo carico indizi di reità -, tale iscrizione avrebbe dovuto avere luogo (Sez. 6, n. 2261 del 04/12/2009 Rv. 245850).

Riprendendo le motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite si è tra l’altro rilevato nell’occasione come per rimediare a possibili patologie derivanti da ritardi nell’iscrizione da parte del PM sarebbe necessaria l’individuazione di un giudice e di un procedimento che consenta l’adozione di un qualche provvedimento surrogatorio e che l’intervento in questione non può prescindere da un intervento di carattere normativo.

Ed a tali argomentazioni il Collegio si richiama anche nella specie ribadendo la manifesta infondatezza della questione sollevata dal ricorrente.

3) In ordine al terzo motivo, che direttamente si ricollega anche alla richiesta di rimessione degli atti alle Sezioni Unite, occorre rilevare che, come affermato dal tribunale, ad un iniziale orientamento contrario è seguita una serie di pronunce conformi nel ritenere che non è necessario che sussista una procedura di riscossione in atto, considerato che nella previsione vigente il riferimento a tale procedura appartiene al momento intenzionale e non alla struttura del fatto e non vi è alcun riferimento alle condizioni previste precedentemente dal D.P.R n. 602 del 1973, art. 97, comma 6, come modificato dalla L. n. 413 del 1991, art. 15, comma 4, (ovvero alla avvenuta effettuazione di accessi, ispezioni o verifiche, o alla preventiva notificazione, all’autore della condotta fraudolenta, di inviti, richieste o atti di accertamento). Pertanto, ai fini del perfezionamento del reato in questione è richiesto soltanto che l’atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del fisco (Sez. 3, n. 17071 del 04/04/2006 Rv.

234322; Sez. 5, n. 7916 del 10/01/2007 Rv. 236053; Sez. 3, n. 14720 del 06/03/2008 Rv. 239970 ). Nè vale citare, come fa il ricorrente, la sentenza n. 36838 del 2009 di questa Sezione non ponendosi affatto ritenere la stessa in difformità rispetto all’indirizzo più recente non affrontando la questione specifica ma limitandosi, rispetto al caso sottoposto all’esame, ad individuare la parte onerata a provare la legittimità dell’attività posta in essere a fronte dell’accertamento che aveva portato ad ipotizzare il reato de quo.

E, dunque, non ricorrono a parere del Collegio le condizioni per rimettere la questione alle Sezioni Unite.

Non può riconoscersi, pertanto, alcuna decisività alla circostanza che entrambi gli atti di cessione (30 aprile 2009 l’atto di CCA Sas e 7 agosto 2009 l’atto di Marche Serramenti srl) sono precedenti alla conoscenza degli avvisi di accertamento notificati alle due società nell’ottobre del 2009. 4) In ordine al quarto motivo appare correttamente valutata la sussistenza del fumus della condotta di sottrazione fraudolenta da parte del tribunale.

Quest’ultimo ha correttamente e logicamente motivato facendo riferimento in particolare alla assoluta prossimità temporale tra la consapevolezza, da parte delle società alienanti, dei debiti fiscali su di esse gravanti e la stipula dell’atto di cessione, diretto evidentemente a sottrarre i beni alle pretese dell’erario; alla permanenza, in capo al M.M., della materiale disponibilità degli immobili, ottenuta grazie allo strumento della locazione finanziaria in favore della "Nuova Immobiliare Adriatica s.r.l.", amministrata dall’indagato impugnante; all’incasso, da parte del M. stesso, della gran parte degli assegni versati alla "Marche Serramenti" S.r.l. quale corrispettivo della prima delle due vendite.

In tal modo sono stati evidentemente implicitamente disattesi i rilievi difensivi sulla effettività dei due negozi ed è evidentemente alla fase di merito che sono stati rimandati più approfonditi accertamenti dovendosi in questa sede valutare semplicemente la sussistenza del fumus.

5) Si appalesano ancora una volta di merito i rilievi dedotti con il quinto motivo con cui si censura la mancata distinzione tra imposta, soprattasse, pene pecuniarie e sanzioni, dolendosi della mancata verifica per accertare se le sole sanzioni civili superassero la soglia di punibilità. 6) Quanto alla valutazione dell’elemento soggettivo in questa fase è pacifico che il difetto di esso rileva solo se lo stesso emerga "ictu oculi" (così, ad esempio,. Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008 Rv.

240521 che richiama l’ordinanza della Corte costituzionale n. 153 del 2007) ed, alla luce delle motivazioni del riesame, è di tutta evidenza che si debba escludere allo stato la ricorrenza di tale condizione.

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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