Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2011) 29-09-2011, n. 35307 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.V. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Ancona rigettava la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal gip del tribunale della medesima città nell’ambito di procedimento penale per il reato di cui all’art. 416 c.p., in relazione all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti; D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 10 quater, in relazione alla fraudolenta compensazione di partite debitorie nei confronti del fisco con crediti inesistenti.

Il sequestro si inserisce in una complessa indagine dalla quale emergeva l’esistenza di un gruppo di società collegate operante nel settore della cantieristica navale facenti capo all’indagato quale soggetto di riferimento che, dopo avere ottenuto appalti, iniziavano i lavori abbattendo i costi mediante sistemi illeciti consistenti nella erogazione della gran parte della retribuzione ai dipendenti in nero e nell’utilizzare fatture per operazioni inesistenti per creare un credito di Iva da portare a detrazione secondo il meccanismo della compensazione orizzontale.

Contesta in questa sede il ricorrente, con motivo unico, la violazione di legge ed, in particolare, del D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 10 quater, nonchè dell’art. 2639 c.c.. Assume al riguardo che essendo egli amministratore di fatto non avrebbe potuto essere chiamato a rispondere dei reati in questione avendo essi natura propria e non potendo valere nella specie l’equiparazione prevista dalla disposizione dell’art. 2639 c.c., come da ultimo modificato riferendosi tale disposizione solo ai reati societari.

Il ricorrente ha fatto successivamente pervenire memoria difensiva con la quale ribadisce le ragioni indicate nel motivo di ricorso.

Il ricorso è infondato.

Rispetto alla questione sollevata dal ricorrente, occorre rilevare che questa Sezione, anche di recente, ha avuto modo di puntualizzare che le disposizioni del D.Lgs. n. 74 del 2000, debbano trovare applicazione anche per l’amministratore di fatto della società (sentenza n. 23425 del 10 giugno 2011).

Sono state evidenziate nell’occasione i riferimenti giurisprudenziali e le premesse normative del ragionamento evidenziando, tra le altre, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 11, (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma della L. n. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 133) il quale già prevede che: "Nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente o dal rappresentante legale…… o dall’amministratore, anche di fatto, di società, associazione od ente, con o senza personalità giuridica, nell’esercizio delle sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l’associazione o l’ente nell’interesse dei quali ha agito l’autore della violazione sono obbligati al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti"; il D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 1, comma 4, (Redazione e sottoscrizione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di I.R.A.P). secondo cui "La dichiarazione dei soggetti diversi dalle persone fisiche è sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale, e in mancanza da chi ne ha l’amministrazione anche (li fatto"; rimasto invariato, quanto al riferimento a quest’ultima figura, anche con le modifiche apportate dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435.

Ed anche Sez. 5 civ. 11.4.2008 n. 9496 ha riconosciuto legittimo il recupero dell’IVA relativa ad operazioni inesistenti quando l’autore della fatturazione di operazioni inesistenti si identifica con l’effettivo amministratore di fatto della società".

Del resto – e, coerentemente, si può aggiungere – anche il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, lett. e), ha "riguardo ai fatti commessi da chi agisce in qualità di amministratore…." e questa stessa Sezione ha già puntualizzato come con tale espressione si debba ricomprendere tra i destinatari degli obblighi anche a colui che di fatto svolge funzioni di amministratore di una società o di un ente economico il quale, per conseguenza, è responsabile di tutti gli obblighi che incombono agli amministratori,e può essere direttamente chiamato a rispondere, quindi, dei reati indicati dal citato D.Lgs. (Sez. 3, Sentenza n. 28678 del 2004).

Alla luce di quanto detto sembra senz’altro da condividere l’assunto di questa Sezione secondo cui l’art. 2639 c.c., (Estensione delle qualifiche soggettive). come modificato dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61., che recita: "al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione" ha nomiate in relazione ai reati societari un principio di carattere generale che, a questo punto, diviene irragionevole escludere proprio per i reati in esame.

Nè possono essere in ogni caso trascurate le disposizioni sul concorso nel reato proprio certamente richiamabili in un contesto finalizzato alla elusione degli obblighi tributari di spessore e consistenza tale rispetto ai fatti in esame da giustificare l’ipotesi del reato associativo.

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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