Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-06-2011) 29-09-2011, n. 35514 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. – Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania del 10 novembre 2008 emessa in sede di giudizio abbreviato, ha ridotto ad un anno e quattro mesi di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa la pena nei confronti di M.G., imputato di detenzione a fine di spaccio di sei cilindretti di eroina, riconoscendo la sussistenza della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e di conseguenza ha revocato la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e ha disposto la sospensione condizionale della pena inflitta.

2. – L’avvocato Franco Maldonato, difensore di fiducia dell’imputato, ha proposto ricorso per cassazione.

Con il primo motivo censura la sentenza impugnata per avere respinto l’eccezione di nullità proposta dalla difesa in relazione alla violazione dell’art. 261 c.p.p., per l’irregolare rimozione dei sigilli apposti sul reperto contenente la sostanza sequestrata su cui poi è stata effettuata la consulenza tecnica.

Con un secondo motivo deduce l’erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e il vizio di motivazione, sostenendo che la sentenza non avrebbe offerto alcuna risposta alle doglianze contenute nell’atto di appello, avendo richiamato i contenuti della prima decisione; inoltre, rileva che i giudici avrebbero erroneamente desunto la sussistenza del reato in base al valore ponderale della sostanza detenuta, alle modalità di confezionamento, all’occultamento della sostanza stessa e allo stato di disoccupazione dell’imputato, tutte circostanze che l’imputato avrebbe contestato, rivendicando il consumo personale della droga detenuta, e comunque trattandosi di elementi non sufficienti a ritenere la destinazione a terzi della droga detenuta.

Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto la sussistenza del reato argomentando, tra l’altro, con riferimento alle circostanze della non immediatezza del consumo personale e del confezionamento dell’eroina. in sei capsule: quanto alla prima considerazione si rileva che il dato temporale del consumo non può avere alcuna rilevanza, potendo il consumatore decidere di disporre di una "scorta"; rispetto al secondo argomento si sostiene che l’eroina sarebbe stata acquistata già confezionata in sei distinte capsule.

Motivi della decisione

3. – Il primo motivo è inammissibile.

Il ricorrente ha riproposto la questione della inutilizzabilità dei risultati della consulenza tecnica sulla quale i giudici di merito, in particolare il giudice di primo grado, hanno offerto una esauriente risposta in fatto, che non può essere messa in discussione in sede di legittimità. Infatti, è stato rilevato che l’eccepita violazione dell’art. 261 c.p.p., per l’avvenuta consegna dei reperti necessari all’accertamento tecnico sulla sostanza sequestrata, senza il previo verbale di rimozione dei sigilli, alla presenza quantomeno dell’ausiliario del magistrato, è del tutto inconferente, perchè i sigilli non risultano essere stati mai apposti (così, sentenza del Tribunale del 10.11.2008).

4. – Gli altri motivi, con cui si contesta la sussistenza del reato, sono infondati. La Corte territoriale, richiamandosi alla motivazione della prima sentenza, ha ritenuto dimostrata la detenzione a fine di spaccio da una serie di elementi, tra cui la quantità della droga, il confezionamento in dosi, lo stato di disoccupazione dell’imputato e le modalità della condotta. In particolare, nella sentenza la circostanza relativa all’occultamento della droga in un’intercapedine dello stabile della stazione ferroviaria di (OMISSIS), dove l’imputato si sarebbe recato nottetempo a prelevarla, rappresenta un elemento che contraddice il dichiarato uso personale. Infatti, secondo i giudici il fatto deve essere ricondotto nell’ambito del microspaccio, escludendo che la sostanza in sequestro fosse finalizzata a creare una riserva personale per l’imputato.

Rispetto a questa logica ricostruzione dei fatti e alla corretta applicazione delle norme penali, il ricorrente contrappone una lettura alternativa dei risultati probatori, che non può trovare spazio nel giudizio di legittimità, in cui il controllo sulla motivazione non concerne nè la ricostruzione dei fatti nè l’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile, cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

5. – All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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