Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 29-09-2011, n. 35315 Applicazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Tivoli con ordinanza del 17/12/2010, ha applicato nei confronti di B.N. e M.D., indagati per i reati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, la misura cautelare della custodia in carcere.

Il Tribunale di Roma, chiamato a pronunciarsi sulle istanze di riesame, interposte nell’interesse dei prevenuti, con ordinanza del 3/1/2011, ha confermato la misura restrittiva.

Propone ricorso per cassazione la difesa degli indagati, con i seguenti motivi;

– insussistenza del fatto di cui al L. n. 75 del 1958, art. 3, nn. 3. 7 e 8; violazione dell’art. 273 c.p.p., assenza di gravità degli indizi;

– insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 275 c.p.p., n. 2 bis.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

La argomentazione motivazionale adottata dal decidente si palesa del tutto logica e corretta.

La censura formulata col primo motivo di impugnazione tende ad una analisi rivalutativa delle emergenze istruttorie, al fine di evidenziare la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dei prevenuti in ordine alla ipotesi di reato contestata, determinante la applicazione della custodia cautelare in carcere.

Sul punto si osserva che nel caso in cui con il ricorso per cassazione sia denunciato vizio del provvedimento, reso dal Tribunale del riesame, in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta il compito di verificare. in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto, che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. S.U. 2/5/2000, n. 11).

Inoltre, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche disposizioni di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. 15/12/08. n. 46124), come nel caso in esame.

La difesa dei prevenuti rileva, altresì, la insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 275 c.p.p., n. 2 bis, in particolare per il N.. visto che costui è persona incensurata e che la scelta di un rito alternativo potrà permettergli di vedersi riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena.

La doglianza è priva di pregio.

Dal vaglio a cui è stata sottoposta la impugnata ordinanza emerge che il Tribunale ha, a giusta ragione, rilevato, sotto il profilo delle esigenze cautelari, vista la condotta intimidatoria posta in essere dagli indagati nei confronti di A.E. e A. A., la necessità di assicurare la genuinità del materiale probatorio, in vista del futuro dibattimento, nel quale dovranno essere cristallizzate le prove.

Il decidente ha, altresì, ravvisato la sussistenza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede, richiamando la gravità dei delitti, le modalità dei tatti, la abitualità della condotta, posta in essere anche mediante violenza nei confronti delle meretrici, elementi questi che, lungi dal dimostrare la occasionalità e la estemporaneità della condotta stessa, denotano professionalità nel delinquere; in particolare, il giudice di merito ha evidenziato la pericolosità sociale del N..

In merito alla detta pericolosità sociale dell’indagato, essa si pone come presupposto positivo per la applicazione della misura cautelare restrittiva ed impedisce la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Pertanto, poichè ogni provvedimento cautelare deve essere proporzionato alla entità del fatto ed alla pena che potrebbe essere irrogata, da un lato, è inibito al giudice di disporre la custodia cautelare qualora ritenga possibile la applicazione del beneficio della sospensione condizionale, dall’altro, la ritenuta sussistenza delle esigenze di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) impedisce qualsiasi prognosi favorevole in ordine al futuro comportamento dello stesso prevenuto ed esclude la concessione di predetto beneficio (ex plurimis Cass. 4/8/99, n. 2416).

Nè, in tema di applicazione e di scelta delle misure restrittive della libertà personale, la valutazione del giudice, circa la concedibilità del beneficio di cui all’art. 163 c.p.. richiesta dall’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, può tenere in alcun conto le opzioni dell’indagato per riti alternativi, trattandosi di evenienze processuali future ed incerte, dipendenti da una espressa e formale manifestazione di volontà sia dell’interessato che del p.m. (Cass. 20/11/07. n. 42682).

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali; dispone che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *