Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 29-09-2011, n. 35312 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 11 novembre 2010, il Tribunale di Varese ha respinto la richiesta di riesame di un sequestro preventivo che grava su di una area adibita a parcheggio sita nell’ambito del Consorzio del Parco della Valle del Ticino e classificata come zona G1 (pianura asciutta a preminente vocazione forestale).

Per giungere alla ricordata conclusione, i Giudici hanno evidenziato la configurabilità del reato previsto dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 (contestate erano anche le contravvenzioni ex art. 734 c.p. e R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 17 ter comma 3.5) per la distruzione ed alterazione della zona boschiva protetta;

indi il Tribunale ha motivato sulle necessità cautelari.

Per l’annullamento della ordinanza, ha proposto ricorso per Cassazione l’indagato P.M. in proprio e quale legale rappresentante della srl Malpensa Road Service che ha concesso in affitto ad altra società il sito in contestazione, sulla quale insiste un autolavaggio autorizzato. Nei motivi di impugnazione deduce:

– che l’area adibita a parcheggio non è nella sua disponibilità e non gli può essere addebitato il comportamento del conduttore dell’autolavaggio in carenza di prova del suo concorso nel reato;

– che non ha mai consentito di esercitare la abusiva attività di parcheggio;

– che il Tribunale non ha tenuto conto di avere annullato precedenti sequestri, emessi sulla stessa area e per la medesima causa, e che il nuovo vincolo reale è stato disposto senza che sia intervenuta alcuna modifica di fatto;

– che i Giudici non hanno considerato che alcuni reati sono oblazionabili e che manca la situazione di pericolo sullo equilibrio ambientale dal momento che tutti i siti attigui allo Aeroporto di (OMISSIS) sono adibiti a parcheggio.

Le deduzioni dell’atto di ricorso non sono meritevoli di accoglimento.

Con i primi due motivi, l’indagato non contesta la commissione del reato, ma segnala che la condotta antidoverosa non è addebitabile alla sua persona, ma al soggetto che ha preso in affitto l’area; la censura è inconferente.

Il procedimento cautelare trova la sua ragione nella necessità di evitare che le conseguenze del reato siano protratte nel tempo, incrementate in intensità oppure di ostacolare la commissione di ulteriori illeciti penali; per la applicazione della misura occorre che siano sussistenti elementi che rendano ipotizzabile il reato per il quale si procede, ma non è richiesto, tra i presupposti legittimanti il sequestro, che la gravità degli indizi di colpevolezza siano a carico di un soggetto individuato (tanto è vero che il vincolo reale può essere disposto in procedimento contro ignoti).

Di conseguenza, in questa fase cautelare, è irrilevante che il reato sia attribuibile all’attuale ricorrente o alla persona che ha la materiale disponibilità dell’area essendo questa problematica di esclusiva competenza del Giudice del procedimento principale.

Il motivo sulla reiterazione dei provvedimenti cautelari è privo della necessaria concretezza dal momento che l’indagato – in violazione del principio di necessaria autosufficienza del ricorso valevole anche nel procedo penale – non ha fornito a questa Corte gli elementi per valutare la fondatezza della censura sulla formazione del giudicato cautelare. In merito ai residui motivi, è appena il caso di rilevare che per le contravvenzioni oblazionabili non è stata disposta la misura; la circostanza che nei pressi dello aeroporto siano stati disposti altri parcheggi, che degradano il sito, non ha influenza alcuna sulla configurabilità della contravvenzione per la quale si procede.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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