T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 24-10-2011, n. 1460 Costruzioni abusive Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti impugnano la d.i.a. del 22. 12. 2008 con cui il loro confinante, T.G., ha realizzato un edificio di due piani (più interrato) destinato a residenza in prossimità della abitazione dei ricorrenti cui finisce con il togliere una parte del cono visivo.

I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:

1. il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto la d.i.a. non sarebbe conforme agli strumenti di piano: 1.1) sia in quanto in essa viene preso come riferimento un piano di campagna non veritiero (che secondo il controinteressato sarebbe stato autorizzato dalla concessione 1619/90, ma che secondo il ricorrente, pur autorizzato, non sarebbe mai stato realizzato); 1.2) sia in quanto il seminterrato superando la percentuale di 1/4 fuori terra avrebbe dovuto essere computato ai fini della volumetria;

2. il provvedimento sarebbe illegittimo per essere stato violato l’art. 77 co. 2 n.t.a., che prevede che gli interventi debbano conseguire un elevato livello di qualità paesaggistica, ma nel caso in esame non sarebbe stata svolta alcuna attività istruttoria a questo riguardo e non sarebbe stata chiesta dalla parte la valutazione di compatibilità ambientale prevista dalla l.r. 57/85 e dalla delibera di Consiglio regionale 6. 3. 2001 VII/197.

Nel ricorso era formulata altresì istanza di risarcimento del danno subito per la perdita economica nel valore del proprio bene conseguente alla limitazione del cono visivo, di cui si riservava quantificazione in corso di causa.

Nessuno si costituiva per le parti convenute in giudizio.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 6. 4. 2011, all’esito della quale veniva emessa ordinanza istruttoria disponendo verificazione.

La relazione di verificazione veniva depositata il 30. 8. 2011.

Il ricorso veniva allora discusso all’udienza del 12. 10. 2011, all’esito della quale era trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

I. Il ricorso è fondato.

La relazione di verificazione conclude in senso favorevole al ricorrente su entrambi i punti oggetto del primo motivo di ricorso:

– alla questione del piano di campagna sono dedicate le pagine da 6 a 8 della relazione, in cui si conclude che il piano di campagna è stato effettivamente innalzato di m. 0,40;

– al computo del seminterrato sono dedicate le pagine 8 e 9 della relazione, in cui si conclude che in base alle norme urbanistiche vigenti lo stesso avrebbe dovuto effettivamente essere computato nei volumi ammissibili in quanto posto fuori terra per più di 1/4.

Le conclusioni del verificatore vengono fatte proprie dal Tribunale, in quanto emesse all’esito di un ragionamento giuridico congruente ed esente da vizi logici.

E’ infatti corretta la premessa da cui parte il verificatore che il piano di campagna non avrebbe mai potuto essere quello assentito nella concessione del 1990, ma mai realizzato a suo tempo dalla parte.

I titoli abilitativi recano, infatti, un termine per svolgere i lavori, che non è superiore a tre anni; una volta decorsi i 3 anni essi perdono di efficacia.

Ne consegue che nel 2008 il controinteressato non poteva pretendere di far rivivere l’autorizzazione ad alzare il piano di campagna che aveva ottenuto nel 1990, ma che aveva ormai perso di efficacia, almeno a far data dal 1993.

II. Resta assorbito il secondo motivo formulato in ricorso. Infatti, "nel giudizio amministrativo, l’accoglimento di una censura, che sia in grado di provocare la caducazione dell’atto impugnato, fa venire meno l’interesse del ricorrente all’esame degli altri motivi da parte del giudice e la potestà di questi di procedere a tale esame, autorizzando la dichiarazione di assorbimento" (Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2008, n. 4829).

III. Detto dell’azione principale, occorre passare alle ulteriori richieste del ricorrente. Il ricorrente esperisce, infatti, inoltre:

– azione di condanna all’abbattimento delle opere;

– azione di condanna al risarcimento del danno per equivalente cagionato dall’abuso.

III. i. In presenza di un diritto soggettivo leso (nella specie, il diritto di proprietà), entrambe le azioni sono astrattamente ammissibili, posto che:

– "il proprietario di un immobile, ove ritenga che l’attività materiale di un terzo… abbia arrecato danni ingiusti alla sua proprietà, può agire, nei confronti di quello, sia per il ristoro del suo patrimonio, ai sensi dell’art. 2043 c.c., sia per il ripristino dello stato dei luoghi, giacché, in tal caso, la reintegra in forma specifica costituisce il rimedio idoneo per eliminare le conseguenze dannose del fatto illecito del terzo ai sensi dell’art. 2058, comma 1, c.c.." (Cass. civ., III, 16118/2009).

– l’abbattimento delle opere è, pertanto, una misura di reintegrazione in forma specifica che trova il proprio fondamento nella clausola generale dell’art. 2058 c.c.;

– il risarcimento del danno per equivalente derivante da illecito extracontrattuale trova, invece, il proprio fondamento nella norma generale dell’art. 2043 c.c.

III. ii. Entrambe le azioni proposte dal ricorrente appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo in quanto:

– la giurisdizione del g.a. sull’azione di condanna all’abbattimento delle opere si ricava dall’art. 133, co. 1. lett. f), c.p.a. e dall’art. 133, co. 1, lett. a), n. 3, c.p.a.;

– la giurisdizione del g.a. sull’azione di condanna al risarcimento del danno per lesione di diritti soggettivi in materia edilizia si ricava dall’art. 30, co. 6, c.p.a., trattandosi di materia attribuita alla giurisdizione esclusiva del g.a..

III. iii. L’azione di condanna all’abbattimento delle opere è inoltre ammissibile all’interno del processo amministrativo, in quanto:

– la compatibilità di tale azione con gli schemi del processo amministrativo si desume anzitutto dall’art. 30, co. 1, c.p.a., da cui emerge che l’azione di condanna ad oggetto diverso dal risarcimento del danno è ammessa nel processo amministrativo quando essa è accessoria ad azione costitutiva di annullamento su cui ha giurisdizione il g.a., oppure in ogni caso quando il g.a. ha giurisdizione esclusiva (e, nel caso in esame, sussistono entrambi i presupposti perché l’azione di condanna all’abbattimento è accessoria ad azione appartenente alla giurisdizione del g.a., e perché comunque sulla d.i.a. edilizia vi è giurisdizione esclusiva del g.a. ex art. 133, co. 1, lett. f), c.p.a. e comunque anche ex art. 133, co. 1, lett. a), n. 3) c.p.a.);

– la compatibilità di tale azione con gli schemi del processo amministrativo si desume inoltre dall’art. 34 co. 1, lett. c), secondo periodo, c.p.a., in cui si stabilisce che il giudice "condanna all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell’art. 2058 c.c.".

D’altronde, attribuire la giurisdizione al giudice amministrativo da un lato, ma negargli i poteri per garantire in modo pieno la tutela dei diritti civili dall’altro, renderebbe le norme sulla giurisdizione esclusiva del codice del processo amministrativo incompatibili con l’art. 24 della Cost..

III. iv. Posto dunque che entrambe le azioni sono ammissibili, che su di essa vi è giurisdizione del giudice amministrativo, e che si chiede l’attivazione di poteri di cui il g.a. dispone, si deve passare ad esaminarle nel merito.

In ordine all’azione di condanna all’abbattimento delle opere, presupposto sufficiente della sua fondatezza sono:

– l’interesse a ricorrere per ottenere la condanna all’abbattimento, interesse che però non è diverso dall’interesse a ricorrere contro l’annullamento del provvedimento impugnato, ed è espresso dalla circostanza che la realizzazione abusiva del sottotetto ha parzialmente ridotto il cono visivo alla proprietà del ricorrente con la connessa diminuzione di valore della proprietà;

– l’esistenza di un danno da reintegrare in forma specifica, che in caso di lesione al diritto di proprietà derivante da edificazione abusiva consiste ne "l’asservimento di fatto dell’edificio… a una situazione di temporanea soggezione limitante la fruibilità e il valore del bene, destinata a cessare soltanto con l’esecuzione della condanna all’arretramento" (Cass. civ. 7483/11, la fattispecie era in punto di violazione delle distanze), e che specificamente nel caso in esame consiste nell’essersi visto parzialmente ridurre il cono visivo con la conseguente diminuzione di valore della proprietà di cui si è detto;

– la constatazione dell’abusività delle opere, che è l’elemento costitutivo dell’illecito.

Ciascuno di questi requisiti è stato provato nel giudizio in esame (sull’abusività ci si è dilungati nel paragrafo precedente; su interesse e danno costituiscono prova sufficiente le fotografie versate in atti, doc. 7 dei ricorrenti), talchè si può accedere a pronunciare la condanna all’abbattimento di ciò che è stato realizzato in forza del titolo oggetto di contenzioso, in quanto misura idonea a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio come risarcimento in forma specifica ai sensi dell’art. 2058 c.c., secondo la formula dell’art. 34 c.p.a.

III. v. Residua ancora, peraltro, una marginale voce di danno che non si riesce a risarcire in forma specifica ed in cui deve essere accolta la domanda subordinata di risarcimento per equivalente, in quanto se l’abbattimento realizza l’interesse del ricorrente in forma specifica, va aggiunto che però per garantire nel modo più pieno la tutela dei diritti civili, deve essere risarcita anche la lesione temporanea al diritto soggettivo di proprietà che si è consumata tra il dicembre del 2009 (non esistono in atti altre date dell’edificazione più risalenti rispetto a quella dell’accesso) e la data della presente sentenza (cui consegue l’abbattimento di quanto edificato), lesione temporanea che naturalmente può essere ormai risarcita soltanto per equivalente.

Nella difficoltà di quantificare per equivalente tale pregiudizio al diritto di proprietà (difficoltà accresciuta dalla circostanza che la difesa del ricorrente ha formulato la domanda di danni, ma non l’ha corredata di tabelle o consulenze tecniche che possano aiutare nella quantificazione) (in caso analogo di violazione delle distanze, la Cass. civ., II, 7483/11 ha comunque parlato di "obiettiva e palese difficoltà di quantificazione economica del pregiudizio subito") si deve ricorrere, come suggerito dalla stessa pronuncia alla valutazione equitativa del danno.

Nel caso in esame, caratterizzato da un manufatto abusivo rimasto sul territorio per circa due anni e dell’innalzamento dell’altezza limitato, si ritiene che la stima del danno temporaneo possa essere contenuta in euro 3.000, oltre interessi legali dalla data della domanda (che è il 27. 2. 2010).

IV. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

In mancanza di notula, le spese di verificazione vengono liquidate dal Tribunale secondo i criteri richiamati dall’art. 66, co. 4, c.p.a.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

ACCOGLIE il ricorso, e, per l’effetto, annulla la d.i.a. del 22. 12. 2008, condanna il controinteressato all’abbattimento delle opere edilizie private di titolo, ed al risarcimento del danno nei confronti dei ricorrenti, in solido tra loro, quantificato in euro 3.000, oltre interessi legali decorrenti dal 27. 2. 2010.

CONDANNA il Comune ed il controinteressato, in solido tra loro, al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di lite, che determina in euro 2.500, oltre i.v.a. e c.p.a..

CONDANNA il Comune ed il controinteressato, in solido tra loro, al pagamento delle spese di verificazione, che determina in euro 1.500, oltre i.v.a. e c.p.a. (se dovute).

ORDINA che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

SI COMUNICHI anche al verificatore.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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