T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 24-10-2011, n. 2532 Avvocato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 1° settembre 2010, il ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati, chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento, previa loro sospensione, in quanto viziati da violazione di legge ed eccesso di potere. Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente con memoria di stile, chiedendo il rigetto del ricorso.
1.1. Il ricorrente, in sintesi, deduce: – che, mentre nel verbale di revisione del 15 febbraio 2010 aveva ricevuto con riguardo al parere di diritto civile il voto 34, sull’elaborato il voto annotato corrispondeva invece soltanto a 30; – che la Sottocommissione di Milano, dopo aver ricevuto dalla Sottocommissione di Napoli, come stabilito dall’articolo 23, II comma, r.d. n. 37/1934, le buste contenenti gli elaborati ed i verbali attestanti l’operazione di correzione dei giudizi espressi, nella seduta del 15 giugno 2010, posto dinanzi alla predetta discrasia, aveva deciso (anche con riguardo a casi analoghi) di dare la prevalenza ai voti annotati sull’elaborato; – che, in ragione di ciò, ne era derivata la sua esclusione dal novero dei candidati ammessi agli orali.
1.2. Con ordinanza del 23 settembre 2010, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, premesso che l’attività di valutazione delle prove scritte e di assegnazione dei relativi punteggi è attribuita all’esclusiva competenza della Sottocommissione individuata mediante la procedura di abbinamento di cui all’art. 15 R.D. n. 37/1935 e s.m., considerato che il giudizio circa la prevalenza tra il voto annotato in calce all’elaborato (30) e quello invece registrato nel verbale (34) doveva pertanto essere formulato dalla Sottocommissione presso la Corte d’Appello di Napoli, ha accolto la domanda incidentale di sospensione cautelare e sospeso l’esecuzione dei provvedimenti impugnati ai fini del riesame, assegnando, all’uopo, alla XV Sottocommissione presso la Corte d’Appello di Napoli il termine di giorni 30 dalla comunicazione della ordinanza.
1.3. Con istanza notificata in data 3 marzo 2011 e depositata il 15 marzo 2011, il ricorrente ha chiesto al Tribunale di ordinare alla amministrazione di ottemperare alla predetta ordinanza. Il Ministero della Giustizia, in data 24 marzo 2011, ha depositato una dichiarazione non firmata, intestata allo Studio Legale "Cipriano – Todesca", in cui l’avv.to Orl. Re. Ci., nella sua qualità di Presidente della XV Sottocommissione esami avvocati sessione 2009, affermava che soltanto il voto apposto sull’elaborato doveva considerarsi espressione della volontà della Commissione, mentre quello riportato sul verbale sarebbe stato il frutto di un mero errore materiale. Il Collegio, all’esito dell’udienza del 31 marzo 2011, ha ritenuto che la predetta dichiarazione non potesse considerarsi esecuzione del disposto provvedimento cautelare, richiedendosi a tal fine un provvedimento di rettifica (debitamente sottoscritto) espressione della volontà dell’intera commissione che, pertanto, doveva all’uopo essere riconvocata; a tal fine, con ordinanza 607/2011, ha assegnato l’ulteriore termine di giorni 30 per adempiere.
1.4. Richiamato l’incidente di esecuzione all’udienza del 16 giugno 2011, il prescritto adempimento non risultava ancora essere stato eseguito. Il Collegio, a questo punto, ha nuovamente intimato la XV Sottocommissione presso la Corte d’Appello di Napoli ad adempiere l’ordinanza cautelare n. 1039/2010, avvertendo che l’eventuale ulteriore inadempimento sarebbe stato considerato ai sensi dell’art. 650 c.p., rinviando per il prosieguo alla camera di consiglio del 29 luglio 2011.
1.5. All’esito dell’udienza del 29 luglio 2011, il Collegio ha preso atto (dichiarando la cessata materia del contendere sull’incidente di esecuzione) del verbale depositato il 21 luglio 2011, da cui risultava che la XV Sottocommissione presso la Corte d’Appello di Napoli, appositamente riunitasi in data 20 luglio 2011, aveva adempiuto l’ordinanza cautelare n. 1039/2010; nel verbale, in particolare, veniva specificato che soltanto il voto apposto sull’elaborato doveva considerarsi espressione della volontà della Commissione, mentre quello riportato sul verbale sarebbe stato il frutto di un mero errore materiale.
1.6. La causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza del 13 ottobre 2011.
2. Il ricorso deve essere respinto.
3. Con il primo ordine di motivi, il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 22 e 23 del r.d. n. 37/1934, da cui si evincerebbe che solo il verbale di revisione attesterebbe direttamente quanto deliberato dalla Commissione e sarebbe idoneo a documentare l’esito di quella valutazione unitaria prescritta dall’articolo 23 citato; per contro, l’annotazione in calce all’elaborato sarebbe atto del solo segretario che seguirebbe la deliberazione del voto con funzione accessoria e secondaria di conferma dell’iter deliberativo. Per tale motivo, tale annotazione, ove difforme rispetto al verbale, non sarebbe idonea a smentire il contenuto di quest’ultimo, salvo querela di falso ( art. 2700 c.c.).
3.1. Lamenta, in ogni caso, il ricorrente anche il difetto di motivazione del giudizio di prevalenza del voto annotato sugli elaborati. Nonché il fatto che la commissione di Milano avrebbe dovuto richiedere chiarimenti all’organo insediato a Napoli, spettando alla prima esclusivamente una attività di pubblicazione dell’elenco dei candidati ammessi secondo gli esiti trasmessi da Napoli.
3.2. Le censure appena riportate non sono condivise dal Collegio. In primo luogo, dal verbale di revisione del 15 febbraio 2010 (doc. 2 – all. resistente) non si evince affatto che i commissari hanno prima attestato sul verbale di revisione la deliberazione dell’organo collegiale e poi proceduto alla annotazione del voto sugli elaborati. Per contro, appare evidente che è l’attività di trascrizione nel verbale di revisione ad essere stata ricognitiva delle annotazioni: si comprende, infatti, che la sottocommissione, al momento dell’assegnazione dei voti li ha immediatamente trascritti sugli elaborati stessi, datati e sottoscritti dal Presidente e dal Segretario.
3.3. La discrasia tra i due voti appare, dunque, effettivamente frutto di un mero errore materiale. La rettifica operata dalla Sottocommissione di Napoli (compulsata dall’ordinanza di questo Tribunale), secondo cui corrispondente al giudizio espresso dalla sottocommissione in sede di correzione, sarebbe soltanto il voto riportato sull’elaborato in quanto apposto subito dopo la correzione dal presidente della commissione e controfirmato dal segretario, è legittima. Il dato che si afferma essere corretto, infatti, non solo risulta da un documento precedente, ma la Sottocommissione ha reso evidente, in modo chiaro ed inequivocabile, sia le circostanze in cui si sarebbe verificato il supposto errore materiale a cui ha inteso porre rimedio, sia le ragioni che rendono soltanto il contenuto "rettificato" conforme alla reale volontà originaria di chi ha assegnato il punteggio, così escludendo il pericolo di arbitrio.
3.3. Sotto altro profilo, la prassi seguita dalla Commissione non appare contrastare con gli articoli 22 e 23 del R.D. 2211934 n. 37 (recante norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento della professione di avvocato e di procuratore), i quali, sul punto, si limitano a prevedere che la revisione dei lavori contenuti nelle tre buste é compiuta contestualmente e che la commissione assegna il punteggio a ciascuno dei tre lavori raggruppati dopo la lettura di tutti e tre.
3.4. Da ultimo, la disposizione di cui all’art. 2700 c.c., secondo la quale "l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso" dei "fatti che il pubblico ufficiale attesta… da lui compiuti", non esclude che, al fine di disattendere le risultanze di un atto pubblico non sia necessaria la proposizione dell’impugnativa di falso, qualora risulti in modo palese ed inequivoco la riconducibilità della divergenza dei dati ad un mero errore materiale nonché la mancanza di un preordinato intento di immutazione del vero.
4. Anche la censura con la quale si lamenta il difetto di motivazione del voto attribuito in forma esclusivamente numerica è infondata.
4.1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con ordinanza del 6 aprile 2010 ed altre quattro dell’8 aprile 2010 di analogo tenore, aveva sollevato, in riferimento agli articoli 3, 4, 24, 41, 97 e 117 della Costituzione, il dubbio della legittimità costituzionale degli artt. 17bis, comma 2, 23, quinto comma, 24, primo comma, del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, come novellato dal decretolegge 21 maggio 2003 n.112, nella parte in cui essi, secondo l’interpretazione giurisprudenziale costituente "diritto vivente", consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense possano essere motivati con l’attribuzione di un mero punteggio numerico.
4.2. Con sentenza 8 giugno 2011, n. 175, la Consulta ha dichiarato la questione infondata. Nella motivazione si è spiegato che il punteggio numerico (peraltro diffusamente adottato nelle procedure concorsuali ed abilitative) rivela una valutazione che, attraverso la graduazione del dato numerico, conduce ad un giudizio di sufficienza o di insufficienza della prova espletata e, nell’ambito di tale giudizio, rende palese l’apprezzamento più o meno elevato che la commissione esaminatrice ha attribuito all’elaborato oggetto di esame. Pertanto, non è sostenibile che il punteggio indichi soltanto il risultato della valutazione. Esso, in realtà, si traduce in un giudizio complessivo dell’elaborato, alla luce dei parametri dettati dall’art. 22, nono comma, del citato r.d.l. n. 1578 del 1933, suscettibile di sindacato in sede giurisdizionale, nei limiti individuati dalla giurisprudenza amministrativa. D’altro canto, va anche considerato che il criterio in questione risponde ad esigenze di buon andamento dell’azione amministrativa ( art. 97, primo comma, Cost.), che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità, avuto riguardo sia ai tempi entro i quali le operazioni concorsuali o abilitative devono essere portate a compimento, sia al numero dei partecipanti alle prove.
4.3. Orbene, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, il motivo di difetto di motivazione deve essere respinto, essendo stato definitivamente riconosciuta la legittimità dell’orientamento del Consiglio di Stato il quale esclude che la commissione esaminatrice, nel procedere alla correzione degli elaborati, debba supportare l’indicazione del voto numerico con una ulteriore motivazione. Ciò perché il voto espresso numericamente costituirebbe in sé una motivazione sintetica, ma comunque idonea a rendere palese la valutazione compiuta dalla commissione, esternata attraverso la graduazione del voto e l’omogeneità del giudizio attribuito all’elaborato. Tanto sarebbe sufficiente a rendere possibile il sindacato giurisdizionale sul provvedimento di non ammissione che, in presenza dell’ampio potere tecnicodiscrezionale spettante agli organi preposti alla valutazione, potrebbe avvenire soltanto in caso di espressione di giudizi discordanti tra i commissari o di contraddizione tra specifici elementi di fatto, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto.
4. Il ricorso deve, pertanto, essere integralmente respinto.
La particolarità della vicenda esaminata e le incertezze interpretative che hanno connotato la materia giustificano la compensazione integrale delle spese tra le parti..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
RIGETTA il ricorso.
COMPENSA le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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