Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-02-2012, n. 2431 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza del 22 settembre 2009 la Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale dell’Aquila del 26 marzo 2008 con la quale P.O. è stato condannato al pagamento in favore di C.M. della somma di Euro 23.589,32 a titolo di risarcimento dei danni corrispondenti a quanto dovuto corrispondere all’I.N.P.S. per conseguire il proprio trattamento pensionistico a causa dell’omesso versamento dei contributi dovuti da parte del resistente. Per quanto rileva in questa sede la Corte territoriale ha motivato tale pronuncia rigettando l’eccezione di intervenuta prescrizione sul presupposto che il termine da cui decorre la stessa va stabilito al momento della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale o assistenziale e non a quello in cui i contributi omessi avrebbero dovuto essere versati. Inoltre la stessa Corte d’Appello ha pure considerato che nessun rilievo può essere dato ad una dichiarazione liberatoria del lavoratore prodotta in giudizio dal P., essendo stata questa disconosciuta dal C. e non avendo il datore di lavoro prodotto il relativo originale.

Il P. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su due motivi.

Il C. resta intimato.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2712 e 2719 cod. civ. e relativa motivazione insufficiente e contraddittoria sui punti connessi, anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e motivazione insufficiente anche in riferimento a erronea applicazione degli artt. 210 e 116 cod. proc. civ. In particolare si deduce che la Corte territoriale erroneamente si sarebbe limitata a non considerare la dichiarazione liberatoria del lavoratore prodotta in giudizio limitandosi a considerare il mancato riconoscimento da parte del lavoratore, mentre tale disconoscimento sarebbe stato irrituale in quanto fondato, non sulla provenienza dell’atto, ma sul suo contenuto avendo il lavoratore dichiarato di non ricordare la circostanza contenuta nella dichiarazione in questione, e cioè il ricevimento del libretto con le relative marche attestanti il versamento dei contributi. Inoltre il giudice di merito avrebbe avuto l’obbligo di accertare, eventuale a mezzo di apposita istruttoria, la circostanza contenuta nella dichiarazione contestata, e relativa alla consegna della tessera con le marche al lavoratore o all’ente previdenziale.

Con secondo motivo si lamenta violazione delle norme concernenti la prescrizione, e motivazione insufficiente sul punto. In particolare si deduce che non è pacifica la giurisprudenza seguita dalla Corte territoriale secondo cui il termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno di cui alla L. n. 1338 del 1962, art. 13 decorre dalla perdita della prestazione previdenziale, in quanto, come affermato in alcune pronunce, il diritto al risarcimento del danno decorrerebbe dal momento di maturazione della prescrizione del diritto ai contributi spettanti all’istituto assicuratore.

Il primo motivo è fondato. La Corte d’Appello di Ancona ha fatto erroneo richiamo all’art. 2712 cod. civ. che si riferisce alla riproduzione meccanica di fatti e cose, e che prevede la possibilità di disconoscimento della conforimità ai fatti ed alle cose rappresentati, mentre, nel caso in esame, si versa nell’ipotesi prevista dall’art. 2719 cod. civ. di una fotocopia di un documento il cui disconoscimento si può riferire alla conformità all’originale e non al contenuto del documento stesso. Il disconoscimento di cui al citato art. 2719, pur non richiedendo formula sacramentali, deve essere comunque espressa, mentre, nel caso in questione, non vi è stato tale disconoscimento che è stato riferito al contenuto dell’atto e non alla sua conformità all’originale. Conseguentemente illegittima è la pronuncia che considera il disconoscimento di una fotocopia di un documento con riferimento al suo contenuto anzichè alla conformità all’originale.

E’ invece infondato il secondo motivo. La più recente giurisprudenza di questa Corte, a cui il collegio non ha ragione di discostarsi, ha affermato che la responsabilità del datore di lavoro per danni subiti dal lavoratore a causa di mancata o irregolare contribuzione rappresenta un’ipotesi di responsabilità contrattuale, derivante dalla violazione di una specifica ed indisponibile obbligazione imposta dalla legge. Consegue da ciò che il termine di prescrizione della relativa azione risarcitoria è quello decennale, di cui all’art. 2946 cod. civ., il cui "dies a quo" può variare a seconda dell’interesse che si intende tutelare con la proposizione della domanda di risarcimento, posto che l’interesse ad agire del lavoratore sorge ancor prima del verificarsi degli eventi condizionanti l’erogazione delle prestazioni previdenziali, eventualmente avvalendosi dell’azione di condanna generica al risarcimento. Tuttavia, allorquando l’azione sia diretta all’ottenimento del risarcimento del danno per l’avvenuta perdita della pensione il termine di prescrizione decorre dal momento in cui il lavoratore, raggiunta l’età pensionabile e concorrendo ogni altro requisito, perde il relativo diritto (o lo vede ridotto) a causa dell’omissione contributiva (Cass. 15 giugno 2007 n. 13997; 25 novembre 2009 n. 24768).

La sentenza impugnata va dunque cassata con riferimento al primo motivo di ricorso, con rinvio alla stessa Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione che si adeguerà a quanto sopra enunciato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo;

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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