T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 24-10-2011, n. 2530 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 24 giugno 2011, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 22 ss. della legge 7 agosto 1990 n. 241, ha impugnato la determinazione negativa assunta dal COMUNE DI CORNATE D’ADDA (prot. 0007921 del 26 maggio 2011), con cui lo stesso ha respinto l’istanza di accesso formulata, in data 16 maggio 2011, dalla società ricorrente e volta ad ottenere la relazione del RUP del 28 aprile 2011.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto del ricorso.

Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza.

2. Il ricorso è fondato.

2.1. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, come noto, è posto a garanzia della trasparenza ed imparzialità della P.A. e trova applicazione in ogni tipologia di attività della P.A. Occorre, peraltro, ricordare che il principio della trasparenza amministrativa accolto dal nostro ordinamento non è affatto assoluto e incondizionato, ma subisce alcuni temperamenti, basati, fra l’altro, sulla limitazione dei soggetti attivi del diritto di accesso, questione quest’ultima che involge i profili della legittimazione sostanziale e dell’interesse ad agire. In particolare, anche se il diritto di accesso è volto ad assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e a favorirne lo svolgimento imparziale, rimane fermo che l’accesso è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente si rivolgono, e che se ne possano eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva legittimante. Quest’ultima è costituita da una "situazione giuridicamente rilevante" (comprensiva anche degli interessi diffusi) e dal collegamento qualificato tra questa posizione sostanziale e la documentazione di cui si pretende la conoscenza. L’interesse, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, tuttavia, è nozione diversa e più ampia rispetto all’interesse all’impugnativa così che la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto" (ex plurimis, cfr. Consiglio di Stato 27 ottobre 2006 n. 6440). E’ bene specificare che la posizione legittimante, anche se non deve assumere necessariamente la consistenza del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo, deve essere però giuridicamente tutelata non potendo identificarsi con il generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività amministrativa. Deve ritenersi, a questa stregua, che l’art. 22, co. 1, lett. b), l. n. 241/1990, quando parla di "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso", si riferisca alla sussumibilità della pretesa concreta in una fattispecie normativa, secondo una valutazione prognostica e secondo un rapporto di chiara percepibilità. La previsione non fa invece riferimento a ipotesi in cui la pretesa vantata non è a prima lettura riconducibile ad una previsione normativa, ma potrebbe esservi ricondotta in virtù di una particolare interpretazione che potrebbe essere affermata in un giudizio sulla pretesa (recentemente, a questo proposito, cfr. C. Stato, sez. VI, 18 settembre 2009 n. 5625).

2.2. Nella specie, non può dubitarsi che la società ricorrente abbia un interesse diretto, concreto e attuale alla conoscenza dei documenti posti alla base della richiesta, derivante dal fatto di avere stipulato con il Comune resistente un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un asilo nido comunale; difatti, poiché nel corso dei lavori la società aveva apposto varie riserve non riconosciute dalla stazione appaltante (come risulta dalla comunicazione dell’ente comunale dell’11 maggio 2011: cfr. doc. n. 4), l’acquisizione della relazione del RUP del 28 aprile 2011 (richiamata dallo stesso Comune, unitamente a quelle autonome del direttore lavori e del collaudatore, nella comunicazione con cui non ha accolto il contenuto delle riserve apposte dall’appaltatore), si appalesa direttamente strumentale alla eventuale tutela giurisdizionale della pretesa patrimoniale.

3. Appurata la sussistenza dell’interesse giuridicamente rilevante, occorre aggiungere che neppure sussiste alcun limite oggettivo ai fini dell’accoglimento dell’istanza ostensiva. In particolare, non è condivisibile l’assunto dell’amministrazione resistente secondo cui la relazione del RUP del 28 aprile 2011 non sarebbe passibile di accesso.

3.1. In termini generali, l’amministrazione, anche con riguardo agli atti relativi al procedimento di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti, è tenuta a consentire l’accesso a tutti gli atti correlati allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali, salvo le eccezioni espressamente previste dalla legge. E’ noto come l’Adunanza Plenaria (Cons. Stato 13092007, n. 11) abbia concluso nel senso che le relazioni del direttore dei lavori e del collaudatore siano rimaste sottratte all’accesso anche durante la vigenza dell’art. 31bis della legge n. 109/1994 nel testo risultante dell’emendamento introdotto dall’art. 7, l. n. 166/2002 e che sia rimasto confermato l’intento del legislatore di ricondurle ai casi di "divieto di divulgazione altrimenti previsti dall’ordinamento" di cui all’art. 24, comma 1, l. n. 241/1990; ciò sul presupposto che le relazioni suddette costituiscono strumento di tutela dei propri interessi, del quale l’amministrazione dispone nell’eventuale contenzioso che l’appaltatore intenda istaurare per il riconoscimento delle riserve e per il pagamento del prezzo integrale dell’opera. Anche il sopravvenuto art. 13, comma 5, lettera d) d.lgs. n. 163/2006 equipara le relazioni del direttore dei lavori e del collaudatore ai "pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del presente Codice" anch’essi non ostensibili, perché riferiti ad un contenzioso potenziale o attuale con l’appaltatore e investiti dalle stesse esigenze di riservatezza che tutelano le ragioni di ordine patrimoniale della stazione appaltante.

3.2. Orbene, le preclusioni normative appena esposte non possono essere estese anche alla relazione del RUP. In primo luogo, non sussiste la medesima ottica finalistica di garantire la riservatezza di informazioni potenzialmente rilevanti ai fini della definizione della controversia potenziale o in atto tra l’amministrazione e l’appaltatore in merito all’esecuzione del contratto. La relazione del RUP, difatti, intende offrire alla stazione appaltante il resoconto delle vicende relative all’esecuzione dei lavori appaltati, con uno spettro assai più ampio di quanto non facciano le relazioni del direttore dei lavori e dell’organo di collaudo con riguardo alle riserve dell’impresa (basta por mente ai documenti sulla cui scorta viene redatta: a) contratto di appalto, atti addizionali ed elenchi di nuovi prezzi, con le copie dei relativi decreti di approvazione; b) registro di contabilità, corredato dal relativo sommario; c) processi verbali di consegna, sospensioni, riprese, proroghe e ultimazione dei lavori; d) relazione del direttore coi documenti di cui all’art. 173, comma 2; e) domande dell’appaltatore: cfr. art. 175, d.P.R. n. 554/1999, ora art. 202 D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207). Per di più, essa non costituisce un parere rilasciato da un soggetto terzo bensì da un ufficio della stessa amministrazione e, anche quando contiene parere motivato sulla fondatezza delle domande dell’appaltatore per le quali non sia intervenuto l’accordo bonario, si colloca pienamente nel contesto del procedimento amministrativo quale supporto istruttorio della determinazione definitiva sulle domande dell’appaltatore (in tal senso, appare pertinente il richiamo alla giurisprudenza, cfr. Tar Lazio 5 novembre 2009 n. 10867, la quale distingue i pareri legali che si considerano soggetti all’accesso ove siano riferiti all’iter procedimentale e vengano, pertanto, ad innestarsi nel provvedimento finale, da quelli coperti dal segreto professionale perché attengano alle tesi difensive in un procedimento giurisdizionale).

Sotto altro profilo, la relazione del RUP non rientra tra le eccezioni tassativamente previste dalla legge, soltanto in presenza delle quali trovano limite le esigenze della trasparenza volte ad agevolare il concreto perseguimento dei valori costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità. A tal fine, non ha alcun rilievo la qualificazione della relazione come "riservata", poiché tale termine non equivale a "non accessibile", non essendo tale argomento lessicale neppure sufficiente a giustificare il ricorso alla analogia.

3.3. Piuttosto, deve ritenersi non accessibile il contenuto della relazione del RUP, nella parte in cui la stessa faccia esplicito richiamo alle relazioni riservate del direttore dei lavori e del collaudatore, onde non frustrare il precetto dell’art. 13 citato. Tale esigenza può essere soddisfatta agevolmente mediante l’accorgimento tecnico di occultare tali richiami con l’apposizione di "omissis".

4. Il ricorso va, dunque, accolto.

Ne consegue l’annullamento del provvedimento di diniego e l’ordine in capo all’Amministrazione di rilasciare alla società ricorrente copia dei documenti richiesti, con facoltà di apporre omissis a copertura delle annotazioni riportanti stralci delle relazioni del direttore dei lavori o del collaudatore.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza, come di norma. Resta altresì fermo a carico della parte soccombente l’onere di rimborso del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiunto dalla lettera e) del comma 35bis dell’art. 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, nel testo integrato dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

ACCOGLIE il ricorso e, per l’effetto, ORDINA al COMUNE DI CORNATE D’ADDA di consentire al ricorrente la consultazione e l’estrazione di copia dei documenti richiesti con l’istanza del 16 maggio 2011, nei limiti e con le modalità indicate in motivazione;

CONDANNA il COMUNE DI CORNATE D’ADDA al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese di lite che si liquida complessivamente in Euro 800,00, oltre IVA, CPA e rimborso C.U. come per legge.

ORDINA che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Dario Simeoli, Referendario, Estensore

Fabrizio Fornataro, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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