Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il ricorrente è titolare di un permesso di porto di fucile uso caccia rilasciato in data 23 settembre 2003.
Con provvedimento del 4 aprile 2006 il Questore della Provincia di Milano decretava la revoca del suddetto titolo.
L’interessato presentava quindi ricorso giurisdizionale dinanzi a questo Tribunale il quale, dapprima, accoglieva l’istanza cautelare e, successivamente, con sentenza n. 1759/10 respingeva il gravame.
L’autorità amministrativa, dopo l’emissione dell’istanza cautelare, ritirava il provvedimento di revoca. Successivamente, dopo l’emissione della sentenza di primo grado (come detto di rigetto del ricorso presentato), con provvedimento in data 6 aprile 2011, revocava nuovamente il titolo.
Avverso quest’ultimo provvedimento è diretto il ricorso in esame.
La Sezione, con ordinanza n. 1432 del 27 maggio 2011, rigettava l’istanza cautelare, ritenendo che il nuovo provvedimento di revoca non fosse altro che un atto di mera esecuzione della sentenza di rigetto del precedente gravame.
Senonché il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4828 del 26 agosto 2011, resa in sede di giudizio d’appello avverso la precitata sentenza n. 1759/2010, ha esplicitamente statuito che il nuovo provvedimento di revoca non può considerarsi quale atto di mera esecuzione della pronuncia di primo grado e quindi quale mera conferma del precedente provvedimento di revoca, avendo l’autorità amministrativa compiuto nuove valutazioni ed avendolo quindi corredato di una aggiornata motivazione (per questa ragione il Consiglio di Stato ha dichiarato l’appello improcedibile).
Alla luce delle argomentazioni contenute nella sopravvenuta sentenza del giudice d’appello, il ricorrente ha proposto nuova istanza cautelare, trattata nella camera di consiglio del 13 ottobre 2011.
Ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.
Innanzitutto, la Sezione deve prendere atto delle statuizioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 4828 del 26 agosto 2011 nella quale, come visto, smentendosi le conclusioni cui era giunto questo giudice, si è affermato che il nuovo atto di revoca non costituisce mera conferma del precedente atto avente il medesimo contenuto dispositivo, ma costituisce nuovo esercizio di potere amministrativo, avendo l’autorità compiuto nuove valutazioni.
Ciò premesso, non possono a questo punto non condividersi le doglianze sollevate dal ricorrente, il quale lamenta che il provvedimento da ultimo emanato contiene una motivazione del tutto inadeguata.
Invero il nuovo atto, oltre a far riferimento al rigetto del ricorso proposto contro il precedente atto di revoca (riferimento che, alla luce della sentenza del giudice d’appello, è privo di valenza), si limita ad affermare che gli interessi ed i motivi a base delle vicissitudini che hanno fatto insorgere in passato contrasti fra la famiglia del ricorrente e quella dei suoi parenti (contrasti sfociati in un episodio di violenza posto a fondamento del primo atto di revoca) continuano a far nutrire dubbi circa la completa affidabilità del ricorrente medesimo.
Il Collegio sa bene che, per consolidata opinione giurisprudenziale, l’autorità amministrativa gode di ampia discrezionalità in materia di titoli di polizia concernenti le armi, e che per disporre il diniego del rilascio (o la revoca) della licenza è sufficiente il semplice dubbio circa la completa affidabilità dell’interessato in ordine al corretto uso delle armi medesime; tuttavia è anche necessario che tale dubbio sia confortato da idonee circostanze di fatto tali da far ragionevolmente ritenere non completamente affidabile il soggetto che richiede il rilascio o il rinnovo del titolo.
Nel caso concreto, come visto, l’autorità amministrativa, nel corpo motivazionale del provvedimento impugnato, si limita a far riferimento a passati contrasti fra la famiglia del ricorrente e quella dei suoi parenti senza precisare perché tali accadimenti sarebbero ancora idonei a far dubitare circa la sua completa affidabilità.
Tale spiegazione viene fornita nella nota del Commissariato di Cinisello Balsamo dell’1 gennaio 2010, depositata in giudizio dalla difesa erariale, dalla quale emerge che da accertamenti di polizia risulta che da tempo non vi sono rapporti fra la famiglia del ricorrente e quella dei suoi parenti: da tale circostanza l’autorità amministrativa desume la persistenza del conflitto.
Ritiene tuttavia il Collegio che questa circostanza sia di per sé inidonea a suffragare le conclusioni cui è giunta l’autorità, ben potendo la mancata frequentazione delle famiglie dipendere da reciproca indifferenza e non già dalla persistenze sussistenza di contrasti.
Tale conclusione è suffragata dal fatto che i due procedimenti penali originati dal suindicato episodio di violenza (uno dei quali vedeva il ricorrente quale parte lesa) si sono entrambi conclusi per rimessione delle querele: ciò sembrerebbe invero dimostrare che le due parti abbiano alla fine deciso di stemperare le tensioni (anche interrompendo le reciproche frequentazioni).
Per queste ragioni si deve escludere che i rilievi contenuti nel provvedimento impugnato siano idonei a giustificare i dubbi di affidabilità nutriti dall’amministrazione procedente; e quindi debbono condividersi le doglianze sollevate da parte ricorrente.
Il ricorso deve essere quindi accolto.
La particolarità della vicenda induce il collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate. Resta fermo a carico della parte soccombente l’onere di rimborso del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiunto dalla lettera e) del comma 35bis dell’art. 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, nel testo integrato dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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