T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 24-10-2011, n. 2528

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 11 aprile 2006, il ricorrente ha presentato alla Questura della Provincia di Milano istanza di rinnovo di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

Con il provvedimento in epigrafe indicato, l’Autorità amministrativa ha respinto l’istanza, rilevando che l’azienda presso la quale il ricorrente avrebbe dovuto prestare attività lavorativa è cessata nel mese di giugno dell’anno 2006; e che lo stesso ricorrente ha subito una condanna alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 3.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 14, comma 2, lett. a) della legge n. 248/2000.

Avverso tale provvedimento è diretto il ricorso in esame.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno per opporsi all’accoglimento del gravame.

La Sezione, con ordinanza n. 659 del 22 aprile 2008, ha respinto l’istanza cautelare.

Tenutasi la pubblica udienza in data 13 ottobre 2011, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

Il ricorrente si affida a due motivi di ricorso.

Con il primo mezzo deduce che l’Autorità amministrativa avrebbe errato nell’affermare che egli non ha dimostrato di svolgere attività di lavorativa. Invero, dopo la cessazione dell’attività da parte dell’azienda segnalata quale datrice di lavoro nell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, egli sarebbe stato assunto da altra azienda; e di tale circostanza l’Autorità sarebbe stata resa edotta nel corso dell’iter procedimentale.

Con il secondo mezzo deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dall’Autorità amministrativa, la sussistenza di una sola sentenza di condanna emessa a suo carico (peraltro con pena sospesa) non sarebbe idonea a suffragare un giudizio di pericolosità sociale.

Il primo motivo è infondato in punto di fatto.

Invero, sulla base della documentazione depositata in giudizio non può ritenersi provata la circostanza che, successivamente alla cessazione dell’attività da parte dell’azienda G.S. s.c.a.r.l. (società indicata quale datrice di lavoro nell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno), il ricorrente abbia successivamente stipulato un altro contratto di lavoro subordinato con diverso soggetto.

L’interessato si è, infatti, limitato a produrre il CUD anno 2007 rilasciatogli dalla predetta G.S. s.c.a.r.l., dal quale ovviamente si deduce solo che egli ha prestato attività lavorativa in favore di tale Azienda; ed una sola busta paga relativa al mese di ottobre dell’anno 2006 rilasciatagli dalla società R.D. s.p.a., dalla quale emerge la corresponsione di una retribuzione netta pari ad euro 163,52.

Ritiene il Collegio che la mancata produzione di altre buste paga (o di altra documentazione dimostrante la sussistenza di un perdurante rapporto lavorativo) e l’esiguità degli importi riportati nell’unica busta paga prodotta siano elementi che rendono evidente la sostanziale inesistenza di un rapporto di lavoro subordinato che possa giustificare la permanenza del ricorrente nel territorio dello Stato.

Correntemente pertanto l’Amministrazione intimata, facendo applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 4, comma terzo, del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (in base al quale l’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato è consentito a condizione che questi "…dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti…") ha decretato il rigetto dell’istanza formulata dal ricorrente.

L’infondatezza del motivo esaminato, consente al Collegio di non scrutinare la doglianza contenuta nel secondo mezzo di gravame in quanto, per costante giurisprudenza, in caso di impugnazione giurisdizionale di atti amministrativi fondati su una pluralità di considerazioni motive, ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte dispositiva del provvedimento, è sufficiente che una sola resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento resti indenne e il ricorso venga dichiarato infondato (cfr. ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 13 luglio 2011, n. 4261).

Per queste ragioni il ricorso deve essere respinto.

Ragioni di equità inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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