Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-02-2012, n. 2427 Fondi e casse di previdenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.R. ed altri undici dipendenti (di cui all’epigrafe) della società Cocito a r.l., ammessa alla procedura di amministrazione controllata il 1 gennaio 1983 (epoca in cui era insorto lo stato di insolvenza) e, successivamente dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Bologna, esponevano all’allora Pretore di Bologna di non avere ottenuto talune mensilità dello stipendio ed i ratei di tredicesima e ferie nel periodo anteriore al 1 "gennaio 1983, sicchè chiedevano la condanna dell’I.N.P.S. e del Governo della Repubblica Italiana al risarcimento del danno del D.Lgs. n. 80 del 1992, ex art. 2, comma 7, con cui era stata data, sia pur tardiva, attuazione della Direttiva Europea n. 987 del 1980, in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro.

Il Tribunale accoglieva parzialmente le domande.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 5 ottobre 2009, accoglieva solo parzialmente il gravame proposto dall’I.N.P.S., dichiarando cessata la materia del contendere tra questi e D. O., e rideterminando la somma dovuta a C.G..

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’I.N.P.S., affidato ad unico motivo.

I lavoratori restavano intimati.

Motivi della decisione

L’I.N.P.S. denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, art. 2, comma 7, dolendosi che la sentenza della Corte d’Appello di Bologna affermò che la fattispecie dedotta in giudizio rientrava nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 2, comma 7, nonostante la procedura dell’amministrazione controllata della Cocito s.r.l. fosse iniziata in epoca anteriore (1 gennaio 1983) alla scadenza del termine e assegnato all’Italia (e agli altri Stati membri) per recepire la Direttiva CEE n. 987/1980 in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (23 ottobre 1983).

Il motivo è inammissibile.

Occorre premettere che la censura, non menzionata dalla corte territoriale, non risulta ritualmente proposta dall’I.N.P.S. L’Istituto non allega nè riproduce la memoria di costituzione in primo grado nè l’atto di gravame, precludendo alla Corte, essendo denunciato un error in iudicando e non in procedendo, l’esame diretto degli atti di causa. Deve comunque osservarsi che, quand’anche proposta, l’Istituto avrebbe dovuto censurare la sentenza di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., non avendo la corte territoriale affatto esaminato la questione, assolutamente autonoma rispetto all’eccezione di prescrizione sul cui esame la pronuncia è basata (cfr. ex plurimis, Cass. 15 maggio 1996 n. 4498, secondo cui il vizio di omessa pronuncia correlato alla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. è configurabile soltanto in ipotesi di mancanza di una decisione in ordine ad una domanda o ad un assunto che richieda una (autonoma) statuizione di accoglimento o di rigetto ed è pertanto da escludere (solo) quando ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie). Nella specie trattasi di questione autonoma, certamente non respinta implicitamente.

Il ricorso deve pertanto dichiararsi inammissibile. Nulla per le spese essendo gli assicurati rimasti intimati.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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