T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 24-10-2011, n. 2527 Guardie particolari e istituti di vigilanza privata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame viene impugnato il provvedimento in epigrafe indicato con il quale il Prefetto della Provincia di Milano ha disposto la revoca dell’autorizzazione alla nomina di guardia particolare giurata del ricorrente e del porto di pistola ad egli rilasciato, nonché il divieto a questi di detenere armi, munizioni ed esplosivi.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno per opporsi all’accoglimento del gravame.

La Sezione, con ordinanza n. 75 del 18 gennaio 2011, ha accolto l’istanza cautelare.

Tenutasi la pubblica udienza in data 13 ottobre 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato essendo meritevole di accoglimento il secondo motivo di ricorso avente carattere assorbente.

Con tale doglianza il ricorrente lamenta che l’Autorità amministrativa, dopo aver dato atto nel corpo motivazionale del provvedimento impugnato di voler rimandare ogni determinazione in merito ai titoli di polizia di cui egli è titolare alla definizione di un processo penale nel quale egli è imputato, ha adottato le misure sopraindicate nonostante il processo penale non fosse ancora definito.

In proposito si osserva che il provvedimento impugnato è stato adottato in quanto il ricorrente è stato condannato dal Tribunale Ordinario di Milano alla pena di anni uno di reclusione perché ritenuto colpevole del reato di lesioni personali aggravate, di cui agli artt. 582 e 583 n. 1 c.p.

La vicenda posta a fondamento della condanna penale è alquanto controversa e può essere illustrata come segue.

L’interessato, mentre si trovava presso la filiale di una banca di cui è cliente, si imbatteva in un malvivente che cercava di porre in essere una rapina minacciando il personale dell’istituto di credito con una siringa, a suo dire, contenente sangue infetto.

Il ricorrente, il quale svolge la professione di guardia particolare giurata, si adoperava quindi per sventare la rapina e, nel corso dell’intervento, esplodeva alcuni colpi di pistola che ferivano gravemente il rapinatore.

Per tale motivo l’autorità giudiziaria dava corso ad un procedimento penale a suo carico, che si concludeva con la sentenza di condanna sopra citata, ma che si caratterizzava per la complessità delle valutazioni concernenti la vicenda ed in particolare per la difficoltà di stabilire se il comportamento del ricorrente fosse o meno giustificato da legittima difesa.

In proposito vale la pena evidenziare che il pubblico ministero, nelle proprie conclusioni, chiedeva l’assoluzione dell’imputato proprio perché riteneva sussistenti gli estremi della suindicata scriminante.

Essendo la vicenda fattuale così complicata, ed incidendo il provvedimento di ritiro dei titoli di polizia su interessi di particolare rilievo concernenti l’attività lavorativa del ricorrente, l’Autorità amministrativa (a giudizio del Collegio correttamente) stabiliva di sospendere ogni determinazione in merito, in attesa della definizione del processo penale. Di tale decisione si dà atto nello stesso provvedimento impugnato, laddove si richiama la nota prefettizia del 15 settembre 2006 con la quale si disponeva la sospensione del procedimento amministrativo sino alla definizione della vicenda in sede penale.

Senonché la stessa Autorità, senza attendere che la vicenda penale (attualmente pendente in grado di appello) si concludesse effettivamente, ha dato nuovamente impulso al procedimento, adottando il provvedimento in questa sede impugnato con il quale sono stati revocati tutti i titoli di polizia che consentono all’interessato di svolgere la professione di guardia particolare giurata.

E’ evidente pertanto la sussistenza del vizio dedotto nel motivo in esame, giacché l’Amministrazione, contraddicendo le proprie precedenti determinazioni (peraltro come detto del tutto ragionevoli), ha deciso di adottare intempestivamente il provvedimento impugnato arrecando gravi lesioni agli interessi del ricorrente.

Né la decisione di dare nuovo impulso al procedimento può ritenersi giustificata dall’intervento della sentenza di condanna sopra citata giacché, come evidenziato, trattasi di sentenza di primo grado non passata in giudicato per la quale è stato interposto appello e, quindi, suscettibile di riforma (esito da ritenersi non implausibile attesa la complessità della vicenda).

Per queste ragioni il motivo in esame deve ritenersi fondato e, conseguentemente, deve disporsi l’annullamento del provvedimento impugnato.

Il ricorrente evidenzia poi che, a causa della revoca dei titoli di polizia necessari per lo svolgimento della professione di guardia particolare giurata, il suo datore di lavoro lo ha collocato in aspettativa senza retribuzione a decorrere dal 12 settembre 2010. Per questa ragione chiede il risarcimento dei danni subiti connessi alla retribuzione non percepita.

La domanda deve essere respinta in quanto generica e non suffragata da adeguato supporto probatorio.

La domanda è generica giacché l’interessato non precisa il periodo per il quale la retribuzione non è stata corrisposta, né precisa quale sia l’ammontare delle somme non percepite: egli si è limitato ad indicare solamente il momento iniziale del collocamento in aspettativa senza indicare per quanto tempo si sia protratta tale situazione (come anticipato, il Collegio ha accolto l’istanza cautelare formulata nel presente giudizio e non è dato sapere se dopo tale pronuncia il datore di lavoro abbia revocato l’aspettativa).

Di conseguenza la domanda è, sotto tale profilo, anche sfornita di adeguato supporto probatorio, non avendo l’interessato prodotto alcunché che possa dimostrare il quantum della lesione subita.

In proposito si osserva che, per costante giurisprudenza, chi propone la domanda risarcitoria nel processo amministrativo deve dimostrare non solo l’an ma anche il quantum del danno sofferto, atteso che, in applicazione del principio della vicinanza della prova, i poteri istruttori officiosi del giudice possono essere attivati solo nelle controversie che hanno per specifico oggetto l’esercizio del potere amministrativo, al fine ovviare alla disuguaglianza delle parti nel procedimento amministrativo e all’impossibilità della parte privata di disporre di materiale probatorio di cui l’amministrazione ha esclusivo possesso. Quando invece viene proposta la domanda risarcitoria, parte privata e amministrazione si pongono sullo stesso piano; ne consegue che la prima è sempre in grado di produrre in giudizio le prove a sostegno delle istanze formulate, in quanto trattasi di elementi afferenti alla propria sfera di controllo: deve quindi trovare piena applicazione l’art. 2967, comma primo, del codice civile in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento (cfr ex multis Consiglio Stato, sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1672).

Il caso in esame è emblematico, giacché era alquanto agevole per la parte privata (anzi solo per questa) dimostrare, attraverso la produzione di apposita documentazione, quale fosse l’ammontare complessivo delle retribuzioni non percepite.

L’onere probatorio tuttavia non è stato affatto assolto, non avendo la parte prodotto alcuna prova a sostegno della propria istanza; sicché la domanda risarcitoria deve essere respinta.

In conclusione, per le ragioni illustrate, va accolta la domanda di annullamento, mentre deve essere respinta la domanda di risarcimento danni.

La particolarità della vicenda esaminata e la soccombenza reciproca inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Respinge la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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