Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-02-2012, n. 2425 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello dell’Aquila confermava la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta l’opposizione della Regione Abruzzo avverso il decreto ingiuntivo con il quale veniva chiesto dall’attuale resistente il pagamento delle retribuzioni maturate dal licenziamento alla reintegrazione.

A fondamento del decisum la Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, poneva il rilievo che l’eccezione di nullità del decreto ingiuntivo per difetto d’interesse e per mancanza dei presupposti di cui all’art. 633 c.p.c. era nuova risultando sollevata per la prima volta solo in appello.

Avverso questa sentenza la Regione Abruzzo ricorre in cassazione sulla base di un unica censura.

Resiste con controricorso la parte intimata che propone ricorso incidentale condizionato, cui si oppone, con controricorso, la Regione Abruzzo.

La M. deposita memoria illustrativa.

Motivi della decisione

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.

Preliminarmente va rilevata la non condivisibilità della eccezione, sollevata dalla M., d’inammissibilità del ricorso principale per non essere stato questo notificato al procuratore costituito in appello bensì alla parte personalmente nel domicilio eletto.

Secondo giurisprudenza di questa Corte, pienamente condivisa dal Collegio, infatti la notificazione del ricorso per cassazione effettuata alla parte personalmente e non al suo procuratore nel domicilio dichiarato o eletto, produce non l’inesistenza ma la nullità della notifica stessa, alla quale si può porre rimedio con la rinnovazione prevista dall’art. 291 c.p.c., comma 1, e che deve comunque ritenersi, come nel caso in esame, sanata dall’avvenuta costituzione della parte, secondo il principio generale dettato dall’art. 156 c.p.c., comma 2, ed applicabile anche al giudizio di legittimità (per tutte Cass. 15 ottobre 2004 n. 20334).

Nè nella specie è applicabile ratione temporis, come riconosciuto dalla stessa M., la nuova formulazione di cui all’art. 330 c.p.c. non trattandosi di giudizio instaurato dopo l’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69 (art. 58, comma 1).

Tanto premesso e passando all’esame del ricorso principale rileva la Corte che con l’unico motivo di questo ricorso la Regione Abruzzo, deducendo nullità della sentenza per violazione degli artt. 100 e 633 in combinato disposto con l’art. 345 c.p.c., assume l’inammissibilità, per difetto d’interesse ad agire, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, della domanda di condanna al pagamento di un credito proposta con ricorso per decreto ingiuntivo sulla scorta di un dispositivo generico di condanna qualora la portata precettiva del medesimo possa essere integrata dalla motivazione che permetta di quantificare la somma oggetto della pronunzia medesima.

Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Invero questa Corte ha ritenuto (Cass. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. Cass. 23 settembre 2009 n. 20535, Cass. S.U. 25 marzo 2010 n. 7161 e Cass. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726) che il requisito previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, il quale sancisce che il ricorso deve contenere a pena d’inammissibilità la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, per essere assolto, "postula che sia specificato in quale sede processuale il documento è stato prodotto, poichè indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, allegare dove nel processo è rintracciabile. La causa di inammissibilità prevista dal nuovo art. 366 c.p.c., n. 6, ha chiarito inoltre questa Corte, è direttamente ricollegata al contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere in una indicazione contenutistica dello stesso.

Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento, in quanto quest’ultimo sia un atto prodotto in giudizio, richiede che si individui dove è stato prodotto nelle fasi di merito e, quindi, anche in funzione di quanto dispone l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, prevedente un ulteriore requisito di procedibilità del ricorso, che esso sia prodotto in sede di legittimità.

Applicando tali principi, che il Collegio in questa sede intende ribadire, al caso di specie emerge che non risulta specificata in quale sede processuale è rinvenibile la sentenza di reintegrazione cui la critica fa riferimento assumendosi che dalla motivazione della stessa sarebbe possibile pervenire alla quantificazione della somma, poi, richiesta nel decreto ingiuntivo di cui, oggi, è causa.

Conseguentemente non è consentito a questa Corte procedere all’esame dell’atto processuale su cui la censura si fonda.

Il ricorso principale va, pertanto, dichiarato inammissibile. Il ricorso incidentale condizionato rimane assorbito.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della Regione ricorrente principale sostanzialmente soccombente.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito quello incidentale e condanna la Regione Abruzzo al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 40,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorario oltre IVA, CPA spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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