Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-02-2012, n. 2421 Assegni di accompagnamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla corte d’appello di Salerno, P.M. censurava la sentenza emessa il 12 ottobre 2005 dal Tribunale di Sala Consilina, con cui venne riconosciuto il diritto del rappresentato P.G. all’indennità di accompagnamento a far data dal 1febbraio 1999 e non già da epoca precedente. Con sentenza depositata il 24 gennaio 2008, la corte adita respingeva il gravame.

Propone ricorso per cassazione la P.M., affidato a due motivi. Resiste l’I.N.P.S. con controricorso, mentre la Regione Campania ed il Ministero dell’Economia e Finanze sono rimasti intimati.

Motivi della decisione

1- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la "incoerenza logico formale delle argomentazioni svolte dal giudice di appello". Lamenta in particolare che la corte di merito non valutò che il c.t.u. nominato individuò erroneamente, alla luce della documentazione sanitaria in atti, la decorrenza del beneficio.

2- Con secondo motivo la ricorrente lamenta un "insufficiente esame dei punti della controversia", posto che la corte territoriale non considerò che il c.t.u. avrebbe dovuto far discendere dalla detta documentazione sanitaria, e da quella del 2001 in particolare, una decorrenza precedente, anche considerato che la domanda amministrativa era del 19 aprile 1989 e non del febbraio 1999. 3- I due motivi, che stante la loro connessione possono essere congiuntamente trattati, risultano in parte inammissibili e per il resto infondati.

Inammissibili laddove non contengono il quesito di cui all’art. 366 bis c.p.c. che, anche per le censure inerenti la motivazione della sentenza impugnata ( art. 360 c.p.c., n. 5), richiede la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, sicchè la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso, consentendo alla Corte di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso, senza necessità di un’attività interpretativa dell’intero motivo da parte della Corte (Cass. 30 dicembre 2009 n. 27680, Cass. 7 aprile 2008 n. 8897, Cass. 18 luglio 2007 n. 16002, Cass. sez. un. l’ottobre 2007 n. 20603).

L’inammissibilità, peraltro, deriva anche dalla palese violazione del principio dell’autosufficienza del ricorso, non risultando allegati, nè riportati nell’atto, i documenti da cui si evincerebbe quanto sostenuto dalla odierna ricorrente.

Per il resto giova richiamare il consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, Cass. ord. 8 novembre 2010 n. 22707; Cass. 15 luglio 2003 n. 11054), secondo cui nel giudizio in materia di accertamento dell’invalidità civile, "qualora il giudice del merito si sia basato sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, affinchè sia denunciabile in cassazione il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza è necessario che eventuali errori e lacune della consulenza, che si riverberino sulla sentenza, si sostanzino in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche o scientificamente errate, non già in semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e il valore diverso allo stesso attribuito dalla parte". Più in particolare questa Corte ha chiarito che "In materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell’assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, Cass. 29 aprile 2009 n. 9988.

Risultando l’odierno ricorso in tali ultimi termini formulato, esso deve respingersi.

Trattandosi di controversia instaurata dopo l’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, ed essendovi dichiarazione di responsabilità reddituale, nulla deve disporsi quanto alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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