Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-02-2012, n. 2418 Artigiani e artigianato Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino rigettava l’appello proposto dal Centro Revisione Autoveicoli Alessandria coop. a r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria, con la quale era stata respinta l’opposizione nei confronti della cartella esattoriale che ingiungeva alla cooperativa di pagare Euro 10.000,01 a titolo di contributi INPS per il periodo 5/2000 – 3/2003. I giudici di secondo grado osservavano che, ai sensi della L. n. 443 del 1985, art. 6, per potere essere iscritto tra le imprese artigiane, un consorzio, anche di cooperative, doveva essere costituito esclusivamente da imprese artigiane. Nella fattispecie in esame il consorzio appellante non era costituito esclusivamente da imprese artigiane.

Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando tre motivi di censura, il Centro Revisione Autoveicoli Alessandria.

L’INPS, anche quale procuratore della Scci s.p.a., ha depositato procura ed ha partecipato alla discussione orale.

La CARALT non si è costituita.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, denunziando violazione della L. n. 443 del 1985, art.6, si chiede alla Corte di sapere se può essere considerato artigiano, ai fini della determinazione delle aliquote contributive riservate all’artigianato,con iscrizione alla separata sezione dell’albo per le imprese artigiane, un consorzio di cui facciano parte otto imprese artigiane ed una impresa commerciale. Il motivo non merita accoglimento.

La L. n. 443 del 1985, a cui rimanda la L. n. 88 del 1989, art. 49 lett. b), per l’inquadramento ai fini contributivi nel settore dell’artigianato, è oltremodo rigorosa nella configurazione dell’impresa artigiana. Secondo l’art. 2 è imprenditore artigiano "colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo".

Ancora più puntuale è l’art. 4 sui limiti dimensionali, il quale prescrive che "L’impresa artigiana può essere svolta anche con la prestazione d’opera di personale dipendente diretto personalmente dall’imprenditore artigiano o dai soci, sempre che non superi i seguenti limiti:

a) per l’impresa che non lavora in serie: un massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 9; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti; b) per l’impresa che lavora in serie, purchè con lavorazione non del tutto automatizzata: un massimo di 9 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 5; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 12 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti; ecc.".

La medesima L. n. 443 del 1985, art. 6, ammette l’iscrizione nell’albo anche dei consorzi e delle società consortili purchè costituiti tra imprese artigiane, recita infatti questa disposizione "I consorzi e le società consortili, anche in forma di cooperativa, costituiti tra imprese artigiane sono iscritti in separata sezione dell’albo di cui al precedente art. 5".

L’ultimo comma del predetto art. 6 prevede poi che "Ai fini assicurativi e previdenziali i titolari d’impresa artigiana associati nelle forme di cui ai commi precedenti, hanno titolo all’iscrizione negli elenchi di cui alla L. 4 luglio 1959, n. 463, e successive modificazioni ed integrazioni".

Se ne desume che sia l’iscrizione negli elenchi di cui alla L. n. 463 del 1959, prevista per i titolari dell’impresa, sia il regime contributivo per i dipendenti (L. n. 88 del 1989, art. 49, lett. b)) vengono riservati esclusivamente alle imprese che hanno le caratteristiche indicate dalla legge per la configurazione come artigiane, ed anche, logicamente, alle forme associative tra le imprese del medesimo tipo, ossia a consorzi e società consortili di imprese artigiane, mentre tradirebbe lo spirito di tutta la normativa sull’artigianato, l’applicazione di detto regime a soggetti non rispondenti alla tipizzazione della legge, come avverrebbe ove si considerasse artigiano un consorzio di cui fa parte anche una sola impresa diversa.

Inoltre la legge è chiara nel distinguere tra consorzi cui fanno parte esclusivamente imprese artigiane, che godono pienamente di questo regime contributivo e consorzi "misti". Recita infatti la L. n. 443 del 1985, art. 6, comma 3, che "In conformità agli indirizzi della programmazione regionale, le regioni possono disporre agevolazioni in favore di consorzi e società consortili, anche in forma di cooperativa, cui partecipino, oltre che imprese artigiane, anche imprese industriali di minori dimensioni così come definite dal CIPI purchè in numero non superiore ad un terzo, nonchè enti pubblici ed enti privati di ricerca e di assistenza finanziaria e tecnica, e sempre che le imprese artigiane detengano la maggioranza negli organi deliberanti". Quindi i consorzi "misti" sono meritevoli di agevolazioni da parte delle regioni (peraltro sempre che le caratteristiche artigiane siano prevalenti) e questa specificazione sta a dimostrare che essi invece non godono del regime contributivo previsto per le imprese artigiane, essendo incongruo, ipotizzare, in loro favore, il cumulo tra dette agevolazioni ed il regime contributivo proprio del settore artigiano. Pertanto dette agevolazioni costituiscono il "massimo" di cui possono godere le imprese artigiane che si associano con imprese di diverso tipo.

Va quindi affermato il principio di diritto per cui ai sensi della L. n. 443 del 1985, art. 6, che i consorzi fra imprese artigiane, per poter essere iscritti in separata sezione dell’albo delle imprese artigiane, debbano essere costituiti esclusivamente da imprese artigiane.

Con il secondo e terzo motivo, denunciando violazione della L. n. 443 del 1995, artt. 5 e 7, la Cooperativa ricorrente si duole non essere stato considerato che la commissione provinciale dell’artigianato aveva rigettato il ricorso dell’Inps, il quale non aveva proposto impugnazione alla commissione regionale, con conseguente formazione di un giudicato sul punto. Il motivo è infondato, in quanto l’inquadramento delle imprese ai fini contributivi non è elemento disponibile da parte dell’Ente previdenziale.

Inoltre si è già affermato, attraverso l’analisi della normativa succedutasi in materia, (Cass. n. 13216 del 22/05/2008 in una controversia che vedeva come parte la medesima parte attuale ricorrente) che "L’iscrizione di un’impresa nell’albo delle imprese artigiane è il risultato di un complesso procedimento amministrativo, diretto all’accertamento dei soggetti aventi diritto alla qualifica di imprenditori o imprese artigiane, accertamento che, fin dall’entrata in vigore della L. n. 443, del 1985, ha efficacia costitutiva per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane (art. 5, comma 4), mentre dall’entrata in vigore della L. n. 63 del 1993 (di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 6 del 1993) ha efficacia vincolante anche ai fini previdenziali ed assistenziali ed è impugnabile attraverso le procedure previste dalla L. n. 443 del 1985, art. 7, (ricorso alla Commissione Regionale; impugnazione del relativo provvedimento davanti al Tribunale competente per territorio, che decide in Camera di Consiglio, sentito il Pubblico Ministero), senza che ciò impedisca al giudice del merito, a fronte della contestazione formulata in giudizio dal convenuto e della prova offerta dal medesimo, di verificare se sussistono tutti i requisiti di legge per la qualifica artigiana e di disapplicare, in caso di insussistenza dei requisiti medesimi, l’atto di iscrizione, ancorchè non impugnato in sede amministrativa e poi giudiziaria con la procedura di cui alla citata L. n. 443 del 1985, art. 7".

Infatti, come questa Corte ha osservato con la sentenza n. 20443 del 2006, il sistema che regola l’obbligo di pagamento della contribuzione previdenziale è improntato al carattere meramente ricognitivo dei provvedimenti di classificazione dei datori di lavoro, ossia della loro inclusione o iscrizione nell’uno o nell’altro settore, sulla cui base si determina il regime assicurativo, giacchè a detti provvedimenti è estranea ogni discrezionalità da parte di qualunque autorità pubblica. In altri termini, poichè l’inquadramento del datore di lavoro, e quindi il regime assicurativo applicabile, sono regolati esclusivamente dalla legge, la quale richiede la esistenza di determinati presupposti di fatto per includere il datore nell’uno o nell’altro settore (industria, artigianato, terziario ecc), tutti i provvedimenti di classificazione o inquadramento sono pienamente sindacabili in sede giudiziale. Nonostante la mancata impugnazione in sede amministrativa e poi in sede giudiziaria, con la procedura prevista dalla L. n. 443 del 1985, art. 7, comma 5, il giudice del merito resta libero di verificare se sussistono tutti i requisiti di legge per la qualifica artigiana e di disapplicare, in caso di insussistenza dei requisiti medesimi, l’atto di iscrizione (v., oltre alla sentenza 20443 del 2006, Cass., 26 febbraio 1998 n. 2090, 20 marzo 1999 n. 2630, 15 marzo 2001 n. 3792, 6 marzo 2004 n. 4607).

Ne consegue il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del Centro ricorrente al rimborso, in favore dell’INPS, delle spese della discussione orale. Nulla per le spese dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore dell’INPS, delle spese della discussione orale liquidate in Euro cinquecento. Nulla per le spese dell’intimato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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