T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 24-10-2011, n. 2533

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Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 8 settembre 2000 e depositato il 13 settembre successivo, i ricorrenti hanno chiesto il riconoscimento a proprio favore del diritto alla differenza retributiva tra il trattamento economico tabellare annuale e la tredicesima mensilità stabiliti per la terza qualifica funzionale (ora Cat. A.1) e la quinta qualifica funzionale (ora Cat. B.3), al netto del "compenso a personale", oltre rivalutazione e interessi, avendo svolto l’attività di cuoco; in via subordinata, accertare e dichiarare che a ciascun ricorrente spetta la differenza retributiva tra il trattamento economico tabellare annuale e la tredicesima mensilità stabiliti per la terza qualifica funzionale (ora Cat. A.1) e la quarta qualifica funzionale (ora Cat. B.1), al netto del "compenso a personale", oltre rivalutazione e interessi.

A sostegno del ricorso viene dedotto che i ricorrenti avrebbero svolto le mansioni di cuoco, come sarebbe dimostrato dall’attività espletata e dall’effettivo inquadramento da parte del Comune di Milano, nonostante la loro qualifica di appartenenza formale fosse la terza. Essendo il cuoco inquadrato nella quinta qualifica e comunque in qualifica non inferiore alla quarta, ai ricorrenti spetterebbe la differenza tra il trattamento economico effettivamente percepito e quello che avrebbero dovuto percepire se lo svolgimento delle mansioni di cuoco fosse stato accompagnato dal riconoscimento del livello professionale corrispondente. Ciò sarebbe altresì attestato da un protocollo di intesa stipulato fra il Comune di Milano e le associazioni sindacali il 15 marzo 1994, con cui si sarebbe stabilita la sostituzione dei cuochi mancanti con degli ausiliari, tra cui sarebbero ricompresi i ricorrenti.

Si è costituito in giudizio il Comune di Milano, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con memoria depositata in prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, il Comune di Milano ha chiesto la parziale dichiarazione di difetto di giurisdizione per le pretese relative al periodo successivo al 30 giugno 1998; per il periodo antecedente ha evidenziato come la normativa non ammettesse il pagamento delle differenze retributive fino al 22 novembre 1998, ossia prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 387 del 1998.

Alla pubblica udienza del 3 maggio 2011, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è in parte inammissibile per difetto di giurisdizione e in parte infondato.

2. Con riferimento alle pretese differenze stipendiali per il periodo successivo al 30 giugno 1998 (e fino al 31 dicembre 1999), si deve dichiarare il difetto di giurisdizione di questo Tribunale a favore del giudice ordinario (art. 45, comma 17, del D. Lgs. n. 80 del 1998, ora art. 69, comma 7, del D. Lgs. n. 165 del 2001; da ultimo, Consiglio di Stato, VI, 24 febbraio 2011, n. 1169).

3. Con riferimento alle pretese differenze stipendiali relative al periodo precedente al 30 giugno 1998, le stesse non possono essere riconosciute.

Difatti, come già evidenziato in alcuni precedenti di questa Sezione, non si ravvisano "motivi per discostarsi dall’orientamento assolutamente prevalente della giurisprudenza amministrativa, confermato anche dalla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 23 marzo 2006, n. 3, che ha chiarito le problematiche in ordine in particolare alla retroattività delle norme introdotte dal 1993 in poi. Ed invero, siffatta estensione trova un ostacolo insuperabile nel diritto positivo che contiene delle disposizioni, applicabili alla problematica in esame, che negano tale possibilità in modo inequivoco. Infatti, l’art. 57 del D. Lgs. n. 29 del 1993 – applicabile, come già evidenziato, ratione temporis alla fattispecie in oggetto -, pur prevedendo in astratto la retribuibilità delle mansioni superiori, ne aveva rinviato la concreta applicabilità "a decorrere dalla data di emanazione, in ciascuna amministrazione, dei provvedimenti di ridefinizione degli uffici e delle piante organiche di cui agli articoli 30 e 31 e, comunque, a decorrere dal 31 dicembre 1996" (comma 6). Prima che tale norma potesse avere applicazione, l’art. 43 del D. Lgs. n. 80 del 1998 ne ha disposto l’abrogazione.

Anche l’art. 56 del D. Lgs. n. 29 del 1993, che faceva riferimento alle mansioni superiori, nella formula originaria prevedeva che "fino a tale data (legata all’attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali), in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore" (comma 6, ultimo periodo).

Soltanto con l’art. 15 del D. Lgs. n. 387 del 1998, si stabiliva di modificare il predetto art. 56, comma 6, eliminando l’inciso "a differenze retributive o". Pertanto, esclusivamente dall’entrata in vigore di tale norma – ovvero dal 22 novembre 1998 – può essere riconosciuto con carattere di generalità "il diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore" (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 24 marzo 2006, n. 3; da ultimo, Consiglio di Stato, V, 9 marzo 2010, n. 1382).

3.1. Tale soluzione – condivisa dal Collegio – parte dal presupposto – non sempre accettato dalla giurisprudenza della Cassazione, che ritiene ormai raggiunta una perfetta equiparazione tra il lavoro alle dipendenze dell’Amministrazione pubblica e quello alle dipendenze dei privati (ex multis, Cass., SS. UU., sentenza 22 febbraio 2010, n. 4063; 11 dicembre 2007, n. 25837) – che la norma da ultimo richiamata abbia natura innovativa e non interpretativa, e quindi non sia applicabile retroattivamente. Ciò è dimostrato, tra l’altro, dalla non equivocità del tenore letterale della normativa modificata, che sarebbe l’unica ragione che potrebbe giustificare l’intervento in sede di interpretazione autentica del legislatore (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 24 marzo 2006, n. 3)" (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 22 giugno 2010, n. 2121).

Tenuto conto che il ricorso in oggetto attiene ad asserite mansioni superiori svolte in parte prima del 22 novembre 1998, sotto il regime dell’originario art. 56 del D. Lgs. n. 29 del 1993 e in mancanza di una disciplina normativa speciale derogatoria, la pretesa fatta valere in giudizio non può essere accolta per questa parte.

4. In conclusione il ricorso va in parte dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo cui conseguono gli effetti, in ordine alla prosecuzione del giudizio presso il giudice ordinario munito di giurisdizione, di cui all’art. 11 del cod. proc. amm.; per il resto, il ricorso va respinto.

5. In relazione alla natura e all’esito della controversia, le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, in parte respinge e in parte dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso indicato in epigrafe e per questa parte individua quale giudice munito di giurisdizione quello ordinario, avanti al quale il processo potrà proseguire.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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