Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-05-2011) 29-09-2011, n. 35426 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 22 aprile 2010 la Corte Militare di appello di Roma, riuniti i procedimenti originati dalle domande di riparazione di ingiusta detenzione e di errore giudiziari, condannava il Ministero dell’Economia a pagare a M.M. la somma di 10000,00 Euro quale indennizzo per l’ingiusta detenzione e la somma di Euro 40000,00 per l’ingiusta condanna e pertanto, complessivamente, 50000,00 Euro. M. era stato condannato alla pena di un anno e due mesi di reclusione militare con i benefici di legge perchè ritenuto responsabile di tre distinti reati di peculato militare. Con due distinte sentenze di revisione, la prima del 2004 e la seconda del 2008, era stato poi prosciolto per non avere commesso il fatto. La domanda di riparazione dell’errore giudiziario è stata accolta solo in relazione ai reati oggetto della sentenza del 2008, essendo risultata tardiva la richiesta relativa alla sentenza del 2004. La domanda di riparazione veniva valutata nella sua globalità.

La Corte militare riferiva che le accuse riguardavano il ritenuto concorso del, Comandante dell’Aeroporto militare di Ciampino, con due collaboratori, responsabili in diversi periodi della gestione dello spaccio militare, che lo avevano accusato di aver contribuito ad appropriarsi di somme di denaro provenienti dalla gestione di tale spaccio e di varie partite di merce. L’istanza di revisione era stata accolta a seguito della ritrattazione di uno di essi che aveva lasciato priva di riscontri la chiamata in correità dell’altro. La Corte escludeva che M. avesse dato causa alla detenzione per colpa grave essendo stata l’accusa fondata unicamente sulle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori.

2. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore di fiducia; deduce violazione di legge, mancanza e illogicità della motivazione nella determinazione sia della riparazione per ingiusta detenzione che in quella per errore giudiziario. Sotto il primo profilo deduce che, nonostante si sia dato atto delle gravi sofferenze morali nonchè delle umiliazioni sofferte dal M., dalla moglie e dalla figlia, è stato poi riconosciuto un indennizzo solo in ragione dei giorni di detenzione carceraria e domiciliare e un indennizzo quasi inesistente solo per il clamore giornalistico, omettendo di considerare il danno ai rapporti personali e quello ai familiari. Sotto il secondo profilo lamenta che sia stato ritenuto non provato, nonostante la documentazione medica prodotta, che le patologie di cui egli ha sofferto e pari menti quelle della moglie e della figlia fossero conseguenza della ingiusta condanna; è privo di logica aver ritenuto che le denunciate patologie di ordine psichiatrico, cardiologico e pressori, insorte proprio in corrispondenza con la condanna, possano essere state cagionate dalla sua attività professionale di pilota;

che non è stata data nessuna attenzione alla interminabile vicenda giudiziaria (15 anni e 8 mesi) percorsa per giungere ad ottenere il riconoscimento della sua totale estraneità alla vicenda.

3. Ricorre anche il Ministero dell’Economia che lamenta la mancata esplicitazione dei criteri seguiti per la disposta liquidazione equitativa.

4. Con una memoria il difensore del M. replica alla requisitoria del Procuratore Generale presso questa Corte che ha chiesto il rigetto del ricorso, rappresentando che il predetto ha interloquito solo sull’indennizzo per la riparazione dell’ingiusta detenzione; contesta che la somma di 3600,00 Euro (che residua dal calcolo aritmetico) possa coprire, per lui medesimo e due persone di famiglia, il danno morale, esistenziale, alla salute e patrimoniale;

contesta il ritenuto difetto di prova con particolare riguardo al danno alla salute.

Motivi della decisione

1. I ricorsi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

Occorre in primo luogo chiarire, per quanto riguarda i principi generali valevoli per la determinazione degli indennizzi in parola, che l’istituto della riparazione dell’ingiusta detenzione, come pure quello della riparazione dell’errore giudiziario, hanno natura indennitaria e non risarcitoria. Nel delineare i contorni del primo istituto, anche con riferimento alla riparazione dell’errore giudiziario , si è precisato (v. sentenza di questa stessa sezione n. 39815 11/07/2007 Cc. (dep. 29/10/2007) che le differenze concettuali e normative dei due istituti (che qui non è il caso di approfondire) portano a ritenere escluso per la riparazione per l’ingiusta detenzione il criterio risarcitorio, in considerazione dell’uso, nell’art. 314, dell’aggettivo "equa" con riferimento alle conseguenze della sola privazione della libertà personale, di per sè riparabile con meri criteri indennitari, nonchè dell’esistenza di un "tetto" massimo della riparazione che rende questa liquidazione di ardua compatibilità con criteri risarcitori. Quanto alla concreta determinazione dell’indennità, è pacifico che essa deve essere liquidata equitativamente. Ne consegue che il giudice, benchè abbia l’obbligo di motivare in ordine alla valutata equità dell’indennizzo non è tenuto ad una determinazione dell’importo che tenga dettagliatamente conto delle eventuali varie voci di danno, visto che il legislatore ha costruito l’equa riparazione non come risarcimento del danno, sebbene come indennizzo, come atto dovuto, di solidarietà nei confronti di chi è stato ingiustamente privato della libertà" (Cass. 18.12.1996 n. 3176, Avanzato rv. 206650).

La natura di indennizzo della somma liquidata a titolo di riparazione dell’ingiusta detenzione conduce a importanti conseguenze anche nel giudizio di legittimità perchè i criteri, necessariamente equitativi, utilizzati dal giudice di merito non possono essere sindacati in questo giudizio laddove la censura sia in realtà rivolta ad ottenere un controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione; questo è un tipico giudizio di merito, come tale sottratto al giudice di legittimità che può soltanto verificare se il giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento e non certo sindacare la sufficienza, o insufficienza, della somma liquidata a titolo di riparazione a meno che, discostandosi in modo assai sensibile dai criteri usualmente seguiti – che fanno riferimento al tetto massimo liquidabile correlato alla durata massima della custodia cautelare – il giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati.

Nel caso in esame la valutazione operata dalla Corte militare rientra nei limiti così individuati avendo riconosciuto al ricorrente la somma di 6374,14, esattamente corrispondente al calcolo matematico, arrotondata a 104000,00 Euro per il clamore della vicenda. Non è in particolare censurabile la mancata considerazione delle conseguenze personali e familiari, che pur riconosciute esistenti, sono state prese in considerazione sotto il profilo della riparazione dell’errore giudiziario.

Passando ad esaminare la riparazione dell’errore giudiziario, questa Corte ha opportunamente chiarito (sez. 4 11.7.2007 n. 39815 Rv.

237837) che, ferma la natura indennitaria, la stessa presenta differenze rispetto a quella riguardante la riparazione dell’errore giudiziario. Mentre l’art. 314 c.p.p. parla infatti di "equa" riparazione dovuta per l’ingiusta detenzione questo aggettivo non compare nell’art. 643 c.p.p. in tema di riparazione a seguito di revisione. La necessità di utilizzare criteri equitativi non è peraltro esclusa, nel caso della riparazione dell’errore giudiziario, dall’eliminazione dell’aggettivo "equa" atteso che la natura indennitaria della riparazione rende ineliminabile l’uso di criteri equitativi per determinare in concreto, con la successiva traduzione in termini monetari, le conseguenze dell’ingiusta condanna.

Il mancato richiamo all’equità da parte dell’art. 643 c.p.p. consente però di affermare che non è inibito al giudice della riparazione dell’errore giudiziario fare riferimento anche a criteri di natura risarcitoria che possono validamente contribuire a restringere i margini di discrezionalità inevitabilmente esistenti nella liquidazione di tipo esclusivamente equitativo. E infatti in dottrina si è affermato che "attraverso la procedura di riparazione dell’errore giudiziario, la vittima può in definitiva ottenere la liquidazione dei danni provocati dall’ingiusta condanna". Più di un autore, d’altra parte, ha ravvisato nella riparazione per l’errore giudiziario una componente indennitaria e una risarcitoria, quasi si trattasse di un tertium genus rispetto alle due forme di ristoro.

Fermo restando che, anche in questo caso, la riparazione non diverrà di tipo risarcitorio ma continuerà a mantenere il carattere di indennizzo utilizzando questi criteri per la determinazione quantitativa del ristoro di un pregiudizio con la liquidazione di una somma che però conserva il carattere indennitario. Seguendo questo ordine di idee la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto corretto applicare criteri di liquidazione di tipo risarcitorio al danno cagionato dall’errore giudiziario limitando il criterio equitativo alle voci di danno non esattamente quantificabili.

Naturalmente il giudice che ritenga di utilizzare i criteri risarcitori deve procedere con il rispetto delle regole civilistiche applicabili al risarcimento del danno che non escludono la possibilità di applicare criteri equitativi per la liquidazione di un danno che non può essere provato nel suo preciso ammontare ( art. 1226 c.c. e art. 2056 c.c., comma 1). E così è stato fatto nel presente procedimento, avendo la Corte militare ritenuto di procedere alla valutazione equitativa dei danni per la mancanza di prova del loro ammontare ed avendo in particolare osservato, con valutazione di merito che si sottrae al sindacato di questa Corte, che non vi era prova certa che le malattie in ordine alle quali erano stati prodotti certificati medici e ricevute fossero sicuramente ricollegabili alla vicenda in esame e non piuttosto ai rischi alla vita e alla integrità personale collegati alla lunga vita professionale del M. di pilota dell’Aeronautica militare. I ricorrenti contestano, sotto opposti profili, tale valutazione. Ma in proposito si può osservare che i parametri di riferimento della valutazione equitativa risultano enunciati nella ordinanza qui impugnata dai numerosi e puntuali riferimenti alle sofferenze fisiche e morali certamente causate dalla vicenda processuale; e che delle stesse, complessivamente considerate, il giudice ha tenuto conto determinando un indennizzo equitativo la cui congruità è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito.

2. In conclusione entrambi i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali. Sono dichiarate interamente compensate tra le parti le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di questo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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