Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-05-2011) 29-09-2011, n. 35425 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 17 febbraio 2010 la Corte di appello di Genova respingeva la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da I.A. in relazione alla custodia cautelare dal medesimo subita, nella forma della custodia in carcere dal 30.1.2006 al 23.9.2006, perchè indiziato di concorso nella detenzione illecita di stupefacenti, accusa da cui veniva prosciolto dalla Corte di appello per non aver commesso il fatto. La Corte di appello riteneva che I. avesse dato causa alla detenzione per colpa grave; egli infatti era stato trovato, all’atto della perquisizione effettuata dalla polizia, in una stanza dove su un tavolo vi era sostanza stupefacente del tipo cocaina ed il necessario al confezionamento delle dosi; altra cocaina era stata consegnata da una donna nigeriana che la nascondeva nei pantaloni; costei si assumeva la responsabilità di tutta la sostanza, ma la Corte genovese osservava che si doveva presumere, per le modalità in cui si erano svolti i fatti, che I. stesse partecipando alle operazioni di taglio e confezionamento, essendo evidentemente pericoloso far assistere a tali operazioni un estraneo; in ogni caso la sua presenza sul posto costituiva colpa grave perchè comportamento corretto sarebbe stato allontanarsi.

2. Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore di fiducia; deduce violazione di legge, mancanza e illogicità della motivazione per aver escluso la riparazione per colpa grave. Rappresenta che la sentenza ha travisato le risultanze processuali giungendo a formulare un giudizio di responsabilità a titolo di concorso nel reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 laddove ha ritenuto che le operazioni di taglio e confezionamento fossero iniziate e che il ricorrente vi partecipasse materialmente. Con un secondo motivo deduce che il comportamento accertato è solo quello di chi, seduto ad una sedia posta in prossimità di un tavolo dove si trovava sostanza stupefacente e materiale utile al suo confezionamento, è stato visto alzarsi all’arrivo della polizia, avvenuto quando il confezionamento non era ancora iniziato; è illogico aver ritenuto che I. doveva allontanarsi immediatamente, non essendo stato accertato da quando la cocaina era entrata in quella casa ed era stata posizionata sul tavolo; il comportamento tenuto può al massimo ritenersi connivente ed ingiustamente è stato considerato colposo atteso, fuoriuscendo dai parametri fissati dalla giurisprudenza di questa Corte per ritenere la connivenza (sez. 4 3.12.2008 dep. 21.1.2009 n. 2659 RV 242538).

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

Ai fini dell’accertamento del requisito della colpa, il giudice investito dell’istanza per l’attribuzione di una somma di danaro a titolo di equa riparazione per l’ingiusta detenzione, ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., ha il dovere di verificare se la condotta tenuta dall’istante nel procedimento penale, nel corso del quale si verifico1 la privazione della libertà personale, quale risulta dagli atti, sia connotabile di dolo o di colpa. Il giudice stesso deve, a tal fine, valutare se certi comportamenti riferibili alla condotta del soggetto, possano aver svolto un ruolo almeno sinergico nel trarre in errore l’autorità giudiziaria; ciò che il legislatore ha voluto, invero, è che non sia riconosciuto il diritto alla riparazione a chi, pur ritenuto non colpevole nel processo penale, sia stato arrestato per aver tenuto una condotta tale da legittimare il provvedimento dell’autorità inquirente (sez. 4 7.4.99 n. 440, Min. Tesoro in proc. Petrone Ced 197652). La giurisprudenza di questa Corte ha altresì chiarito che i due giudizi hanno diversa ed autonoma rilevanza ed in particolare che la valutazione del giudice della riparazione si svolge su un piano diverso, autonomo, rispetto a quello del giudice del processo penale, pur dovendo eventualmente operare sullo stesso materiale, con la conseguente possibilità di giungere a conclusioni diverse. Non può però il giudice della riparazione considerare avvenuti fatti che il giudice penale ha escluso e viceversa. Sotto tale profilo risulta dunque non pienamente corretta la valutazione operata dalla Corte genovese laddove ha ritenuto di poter "presumere" la partecipazione dell’ I. all’attività di taglio e confezionamento che si svolgeva nella stanza; tale giudizio è in contrasto con l’accertamento del giudice penale che si è convinto invece della non partecipazione, e non può essere ribaltato.

A prescindere da ciò la valutazione della Corte genovese non si presta alle censure proposte. La Corte di Appello di Genova ha evidenziato che l’attuale ricorrente si trovava in una stanza, e più precisamente era seduto ad un tavolo dove c’era della cocaina, sicuramente arrivata alcune ore prima (circostanza non più contestabile atteso che di essa da atto la ordinanza impugnata sulla base dell’ora in cui era pervenuta alla polizia giudiziaria la segnalazione della presenza della droga) e tutto quanto necessario al taglio e confezionamento; ed ha evidenziato altresì che della presenza della droga egli era pienamente consapevole, tanto essendo stato accertato anche in sede penale; tale comportamento ha ritenuto connotato da leggerezza e trascuratezza, e cioè da colpa grave. Il giudizio è congruo e condivisibile. L’assistere tranquillamente ad una attività illecita come quella di preparazione della cocaina per la vendita è comportamento che non può ritenersi indifferente da parte dell’ordinamento, impegnato in una faticosa attività di contenimento di tale illecito fenomeno e di neutralizzazione di coloro che lo pongono in essere. Il fatto che vi siano persone, pur non direttamente coinvolte nell’attività, che assistano in piena indifferenza a tale attività, come in sostanza avvenuto nel caso di specie, non può che rafforzare la spinta a delinquere di coloro che a tale attività si dedicano, integrando una forma di connivenza punibile anche secondo i canoni astrattamente fissati dalla giurisprudenza di questa Corte invocata dal ricorrente che ha precisato che la connivenza nel reato può integrare gli estremi della colpa grave, ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, esclusivamente qualora costituisca indice del venir meno degli elementari doveri di solidarietà sociale, ovvero quando non sia risolta in un mero comportamento sociale, ovvero quando non sia risolta in un mero comportamento sociale, ovvero quando non sia risolta in un mero comportamento passivo.

2. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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