Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-02-2012, n. 2414 Cessione di credito

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Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Catania l’AIAS, sezione di Acireale proponeva opposizione avverso i decreti ingiuntivi concernenti i contributi dovuti per il periodo 1.7.94/30.9.94 e per il periodo 1.8.94/31.3.95, asserendo che le relative somme non erano dovute per avere effettuato cessioni all’Inps di crediti nei confronti dei Comuni di Acireale e Randazzo, ai sensi della L. n. 412 del 1991, art. 4, comma 12.

Nel contraddittorio con l’Inps, il Tribunale accoglieva l’opposizione, ma la statuizione veniva riformata dalla locale Corte d’appello, la quale, con sentenza del 2 settembre 2006, la rigettava ritenendo che mancavano i requisiti per l’applicazione della norma invocata, non avendo i Comuni riconosciuto la rispettiva posizione debitoria, con indicazione degli estremi dell’impegno, del capitolo di bilancio e del visto dell’organo di controllo.

Avverso detta sentenza l’Aias ricorre con due motivi.

L’Inps ha depositato procura e ha partecipato alla discussione orale.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si denunzia difetto motivazione sul fatto che Inps aveva riconosciuto di essere stato pagato.

Il motivo non merita accoglimento.

Infatti, nella censura, oltre a mancare il momento di sintesi prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., ove si denunzi difetto di motivazione, non si contesta quanto riportato in sentenza e cioè che l’Istituto non aveva ammesso l’esistenza del pagamento, ma aveva solo comunicato che il credito oggetto delle cessioni "poteva essere stato pagato".

Osserva il Collegio che la questione è già pervenuta all’esame della Corte (anche in una controversia in cui era parte ricorrente altra sezione siciliana dell’AIAS) e che è stata indicata come corretta la interpretazione fatta propria dai giudici di Catania (cfr., tra le altre, Cass., 16 ottobre 2003 n. 15519).

1. Fu il D.L. n. 688 del 1985, art. 1, comma 9, a introdurre la possibilità di una estinzione dei debiti contributivi attraverso l’istituto della cessione dei crediti, consentendo che "i datori di lavoro che vantano crediti maturati in base alla legge, a contratto o ad altro motivo valido, nei confronti dello Stato, di altre pubbliche amministrazioni o di enti pubblici economici, sono ammessi alla regolarizzazione del pagamento dei contributi e dei premi e dei relativi oneri accessori mediante cessione dei predetti crediti".

Nulla aggiungeva la disposizione con riferimento alla forma della cessione e alla necessità, per il suo perfezionamento, che il ceduto riconoscesse la propria situazione debitoria. Ma sul punto intervenne il D.L. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito con modificazioni nella L. n. 48 del 1988, prescrivendo lo stesso, nell’art. 6, comma 26, che, a decorrere dalla sua entrata in vigore, "entro novanta giorni dalla notificazione della cessione del credito, l’amministrazione debitrice deve comunicare se intende contestare il credito o se lo riconosce". Entrambe le disposizioni vennero espressamente abrogate dalla L. 28 luglio 1989, n. 262, art. 2 (comma 6).

2. Peraltro, successivamente, intervenne la L. 30 dicembre 1991, n. 412, l’art. 4, comma 12, secondo cui "quanto disposto dalla L. 28 luglio 1989 n. 262, art. 2, comma 6, non si applica nei confronti delle istituzioni ed enti, non aventi fini di lucro, che erogano prestazioni di natura sanitaria direttamente o convenzionalmente sovvenzionate dallo Stato, dalle regioni o dalle unità sanitarie locali", sicchè, almeno a decorrere dalla data del 31 dicembre 1991, nella quale entrò in vigore questa ultima legge – a prescindere cioè da ogni considerazione sulla sua eventuale natura interpretativa della disposizione in questione, e, di conseguenza, di una portata retroattiva della stessa – limitatamente agli enti privi di fine di lucro continuò ad applicarsi, ai fini della estinzione degli obblighi contributivi, la disciplina antecedentemente dettata dal D.L. n. 688 del 1985, art. 1, comma 9, (convertito nella L. n. 11 del 1986) nel testo risultante dalla innovazione, sopra precisata, apportata dal D.L. n. 536 del 1987, art. 6, comma 26, rendendosi pertanto indispensabile, quale condizione per una efficace cessione dei crediti, il riconoscimento di questi da parte del debitore ceduto.

3. Deve pertanto ribadirsi il principio, costantemente affermato da questa Corte, a termini del quale la validità e efficacia della cessione, da parte dei datori di lavoro, dei crediti maturati nei confronti dello Stato, di altre pubbliche amministrazioni o di enti pubblici economici, al fine del pagamento dei contributi previdenziali, oltre all’osservanza di specifici requisiti formali (atto pubblico o scrittura privata autenticata, in base al R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato), presuppongono che il credito ceduto sia certo, liquido ed esigibile, che il cedente notifichi l’atto di cessione all’istituto previdenziale e all’amministrazione debitrice, e che quest’ultima, entro 90 giorni dalla notifica, comunichi il riconoscimento della propria posizione debitoria, con la conseguenza che, ove risulti carente taluna delle indicate fasi o condizioni, non si verifica il perfezionamento della cessione e non può conseguirsi l’estinzione dell’obbligazione contributiva (Cass., 14 giugno 1995 n. 6711; 2 settembre 1996, n. 8025; 16 ottobre 2003 n. 15519, n. 28295 del 2005, n. 489 del 13/01/2009 e ordinanza 494/2011).

Paramenti infondato è il secondo motivo, con cui si sostiene che oggetto della cessione erano le spese obbligatorie per legge a carico del Comune, trattandosi di spese di trasporto disabili.

Nel ricorso infatti non si indica da quale circostanza, dimostrata in causa e non valutata dai Giudici d’appello, ciò sarebbe desumibile.

Conclusivamente il ricorso va rigettato e le spese della discussione orale seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione della spese della discussione orale liquidate in Euro cinquecento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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