Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-02-2012, n. 2410 Ausiliari del giudice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 S.A. propose opposizione al decreto con cui il Tribunale di Bari aveva liquidato all’ing. F.R. l’importo di Euro 3.970,48 a titolo di compenso per l’opera prestata come consulente tecnico d’ufficio nella causa promossa dal S. nei confronti di M. S., incarico avente ad oggetto l’accertamento se i lavori di realizzazione degli impianti idrico, fognante e termico effettuati da quest’ultimo sull’immobile dell’attore fossero conformi a quelli commissionati ed alle regole dell’arte. A sostegno dell’impugnativa il S. dedusse che il valore della causa, cui commisurare il compenso del consulente tecnico, avrebbe dovuto essere determinato in relazione all’importo dei lavori appaltati con riguardo esclusivamente ai propri immobili, pari a Euro 35.653,53, e non con riguardo all’importo dell’appalto nel suo complesso, interessante anche altre unità abitative, e che, inoltre, non era giustificata, per insussistenza dei relativi presupposti, l’applicazione del massimo della tariffa. Con ordinanza del 29 settembre 2009 il Tribunale di Bari respinse l’opposizione. Il giudice motivò tale conclusione affermando che, avendo la causa ad oggetto anche una domanda di risarcimento dei danni, il valore della stessa doveva ritenersi indeterminato, sicchè la liquidazione del compenso al consulente tecnico avrebbe dovuto essere effettuata non in base al criterio degli scaglioni, effettivamente seguito dal giudice a quo, ma sulla base di quello delle vacazioni; aggiunse, tuttavia, che l’opposizione doveva essere respinta per difetto di interesse, in quanto, tenuto conto del tempo intercorrente tra la data di inizio delle operazioni e quella di deposito della consulenza, nonchè dell’intervallo trascorso tra la ripresa delle operazioni ed il deposito della relazione tecnica conclusiva, considerata una media di 4 vacazioni al giorno per il primo periodo e di 3 per il secondo, in base a tale criterio al consulente avrebbe dovuto essere liquidato un importo superiore a quello indicato nel decreto opposto.

Per la cassazione di questa decisione, notificata il 28 novembre 2009, con atto notificato il 20 gennaio 2010, ricorre S. A., affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso F.R., mentre non ha svolto attività difensiva M. S..

Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 319 del 1980, artt. 4 e 8 assumendo che il calcolo della vacazioni operato dal Tribunale, in quanto esteso a tutti i giorni intercorrenti tra la data d’inizio delle operazioni ed il deposito della relazione costituisce una applicazione irragionevole del criterio legale delle vacazioni, quale metodo di calcolo del compenso del consulente tecnico, non potendosi ragionevolmente sostenere che questi abbia dedicato allo svolgimento dell’incarico conferitogli circa sette ore al giorno, tutti i giorni, compresi i festivi ed il periodo feriale, nonchè un’aperta violazione della disposizione che fa obbligo al giudice di calcolare "il numero della vacazioni da liquidare con rigoroso riferimento al numero delle ore strettamente necessarie all’espletamento dell’incarico, indipendentemente dal termine assegnato per il deposito della relazione". La valutazione così operata dal Tribunale appare inoltre contraddetta dalle risultanze della stessa consulenza tecnica, che riporta, con riguardo ad alcune operazioni, l’orario di inizio e di chiusura, nonchè dal rilievo dello stesso giudicante che la prima relazione implicasse "solo un certo impegno valutativo".

Il Tribunale, inoltre, avrebbe errato nel non valutare, in sede di liquidazione del compenso, il ritardo in cui era incorso il consulente nel deposito della relazione. Preliminarmente all’esame del motivo, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità dello stesso sollevate dal controricorrente in forza della considerazione che le censure, per come formulate, non risponderebbero ai requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360 bis c.p.c., n. 1, introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 47.

Le eccezioni appaiono infondate. E’ sufficiente al riguardo osservare che la disposizione in esame, diversamente da quanto ritenuto dal controricorrente, non impone affatto al ricorrente per cassazione che denunzi errori di diritto di indicare l’orientamento della giurisprudenza della Corte favorevole alla propria tesi, ma, più semplicemente, nel caso in cui il provvedimento impugnato abbia deciso una questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza, le ragioni per confermare o mutare tale orientamento. Presupposto dell’applicabilità della norma è, pertanto, che il provvedimento impugnato si sia adeguato, nella soluzione delle questioni di diritto, ad un orientamento della giurisprudenza di legittimità, situazione che, nel caso concreto, per quanto concerne il profilo investito dalla censura di diritto, non risulta invero esistente, nè il controricorrente offre elementi a sostegno della sussistenza di tale condizione. Nel merito il motivo è fondato con riguardo alla prima e principale censura. Il Tribunale, ai fini del computo delle vacazione per determinare il compenso spettante al consulente tecnico, è invero partito dal presupposto che esse dovessero essere calcolate avendo riguardo a tutto il periodo dell’incarico, dalla data di inizio delle operazioni peritali fino al giorno del deposito della relazione, come se l’impegno del consulente si fosse protratto, senza soluzioni di continuità, per tutti i giorni di tale periodo.

Il criterio o modus procedendi così applicato appare però errato dal punto di vista dell’applicazione del diritto.

La valutazione operata dal giudice a quo non appare rispondente al dettato di cui alla L. 8 luglio 1980, n. 319, art. 4, comma 7, secondo cui il calcolo del numero delle vacazioni va operato "con rigoroso riferimento al numero delle ore che siano state strettamente necessarie per l’espletamento dell’incarico, indipendentemente dal termine assegnato per il deposito della relazione". Questa disposizione impone al magistrato di calcolare il numero delle vacazioni con riferimento al tempo che si presume il consulente abbia effettivamente impiegato per svolgere l’incarico affidatogli (Cass. n. 2055 del 1989). La valutazione del magistrato deve pertanto fare riferimento unicamente al prevedibile impegno temporale occorso al consulente per assolvere l’incarico. Il termine fissato per il suo svolgimento non può, per l’effetto, costituire un parametro certo per tale valutazione, ma ne costituisce, per espresso dettato normativo, una variabile indipendente.

La seconda censura, che contesta l’omessa considerazione del ritardo in cui sarebbe incorso il consulente, va invece dichiarata inammissibile, non risultando dalla lettura del ricorso, in particolare laddove riassume i fatti del giudizio, e del provvedimento impugnato che la relativa contestazione in ordine all’asserito ritardo del consulente sia stata mossa in sede di opposizione. Il secondo motivo denunzia omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, assumendo che il Tribunale non ha affrontato come avrebbe dovuto le deduzioni dell’opponente che contestavano il giudizio in ordine alla ritenuta particolare rilevanza della consulenza tecnica e che assumevano la lacunosità, sotto molteplici profili, dell’indagine tecnica effettuata, limitandosi sul punto a rilevare che il consulente aveva esaurientemente e chiaramente risposto a tutti i quesiti postigli. Il motivo va rigettato.

La prima censura, che contesta il giudizio sulla particolare rilevanza della consulenza tecnica, è prima di tutto inammissibile, tenuto conto che il Tribunale, nel decidere, non si è avvalso della facoltà discrezionale di aumentare l’onorario in ragione della ritenuta particolare difficoltà dell’indagine affidata al consulente.

La seconda censura è invece infondata, avendo il Tribunale, sulla base del richiamo alla relazione e quindi con motivazione del tutto adeguata, risposto alle critiche del ricorrente come specificate a pag. 6 del ricorso, affermando che il consulente tecnico aveva risposto a tutti i quesiti.

In conclusione, va accolto, nei limiti sopra indicati, il primo motivo di ricorso e respinto il secondo; l’ordinanza impugnata va quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata al Tribunale di Bari, in persona di diverso magistrato, che, nel decidere, si atterrà al principio di diritto secondo cui il compenso commisurato al tempo spettante al consulente tecnico d’ufficio va liquidato, a norma della L. 8 luglio 1980, n. 319, art. 4 calcolando il numero delle vacazioni con rigoroso riferimento al numero delle ore che siano state necessarie per l’espletamento dell’incarico, indipendentemente dal termine assegnato per il deposito della relazione; il giudice di rinvio provvederà inoltre alla liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso e rigetta il secondo; cassa, in relazione al motivo accolto, l’ordinanza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Bari, in persona di diverso magistrato, anche per la liquidazione delle spese di giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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