T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 24-10-2011, n. 1596 Interesse a ricorrere Legittimazione processuale Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Per una migliore comprensione dei termini della controversia vi è da premettere che il Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114, ha disciplinato il settore del commercio al dettaglio su aree pubbliche agli artt. 27 seguenti, stabilendo che l’esercizio del commercio itinerante nelle aree demaniali marittime è soggetto – oltre che all’autorizzazione comunale per l’attività svolta su area pubblica – anche all’ulteriore nulla osta da parte delle competenti Autorità le quali stabiliscono modalità e condizioni per l’accesso alle aree marittime.

La Regione Veneto ha disciplinato la materia con la legge regionale 6 aprile 2001, n. 10, dettando apposti criteri applicativi con la deliberazione della Giunta regionale 20 luglio 2001, n. 1902, oggetto di integrazioni ad opera della deliberazione della Giunta regionale n. 633 del 14 marzo 2003.

La deliberazione da ultimo citata ha stabilito che spetti al Comune, anziché agli Uffici circondariali marittimi, il rilascio del nullaosta.

Con successiva deliberazione della Giunta regionale n. 2113 del 2 agosto 2005, è stata modificata la deliberazione della Giunta regionale 20 luglio 2001, n. 1902, prevedendo, all’art. art. 4, comma 2, che "ai sensi dell’art. 30, comma 3, Dlgs. n. 114 del 1998 non possono essere ammessi all’esercizio del commercio in forma itinerante sulle aree demaniali marittime operatori in numero inferiore a quelli già ammessi dall’autorità marittima competente prima dell’entrata in vigore della deliberazione della Giunta regiona n. 633 del 14 marzo 2003, n. 633, che ha disciplinato le modalità per l’esercizio del commercio in forma itinerante sulle aree demaniali marittime".

In estrema sintesi la tesi della Regione è nel senso che devono essere fatti salvi i diritti quesiti di quanti erano già stati autorizzati, e che l’attività non può essere oggetto di contingentamenti da parte dei Comuni.

Il Comune di Caorle ritiene invece che la durata temporanea (annuale) delle autorizzazioni non consente di configurare l’esistenza di diritti quesiti, ma semmai di interessi pretensivi, e ritiene altresì che permanga in capo al Comune la possibilità di contingentare il numero delle autorizzazioni.

La Regione Veneto con il ricorso in epigrafe impugna la deliberazione della Giunta del Comune di Caorle n. 19 del 26 gennaio 2006, con la quale è stato limitato il numero delle autorizzazioni commerciali da rilasciare per l’esercizio del commercio itinerante sulla aree demaniali marittime per la stagione balneare 2006 senza riconoscere il rinnovo per quanti erano già autorizzati, per le seguenti censure:

I) violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 3, del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114, e dell’art. 4, comma 2, parte seconda, della deliberazione della Giunta regionale 2 agosto 2005, n. 2113, perché non sono stati fatti salvi i diritti quesiti;

II) violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 9, del Dlgs. 31 marzo 1998, n. 114, perché i Comuni non hanno il potere di contingentare il numero delle autorizzazioni.

Si è costituito in giudizio il Comune di Caorle concludendo per la reiezione del ricorso.

La medesima questione oggetto della presente controversia nel frattempo è stata già affrontata nelle sentenze della Sezione 14 aprile 2006, nn. 1012 e 1013, con le quali, su impugnazione da parte del Comune di San Michele al Tagliamento e del Comune di Caorle, in accoglimento delle tesi comunali, è stata annullato l’art. 4, comma 2, parte seconda, della deliberazione della Giunta regionale 2 agosto 2005, n. 2113.

Il Comune di Caorle con deliberazione della Giunta n. 128 del 20 aprile 2006, ha preso atto della sentenza Tar Veneto, Sez. III, 14 aprile 2006, n. 1013, confermando la volontà di limitare il numero dei nulla osta assentibili e approvando la relativa graduatoria con provvedimento del dirigente del settore sviluppo economico n. 17459 del 26 aprile 2006.

Tali provvedimenti sono impugnati dalla Regione Veneto con motivi aggiunti per le medesime censure già proposte con il ricorso originario, oltre che per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, contestando anche la previsione di limitare a sei il numero di nulla osta assentibili.

Per completezza va soggiunto che, con decisione del Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 settembre 2010, n. 6471, sono state confermate le sopra citate sentenze Tar Veneto, Sez. III, 14 aprile 2006, nn. 1012 e 1013

Alla pubblica udienza del 6 ottobre 2011 è stata indicata alle parti, dandone atto a verbale ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm., l’esistenza di un possibile profilo di inammissibilità del ricorso rilevato d’ufficio, e la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è inammissibile per difetto di legittimazione.

Nel processo amministrativo l’accertamento dell’interesse a ricorrere non può prescindere da una puntuale verifica della lesione, concreta ed immediata, che dalla determinazione assunta dall’autorità amministrativa deriva per la sfera giuridica della parte ricorrente.

Ne consegue il disconoscimento della legittimazione processuale per chiunque agisca solo a tutela del principio di legalità dell’azione amministrativa ovvero per ottenere l’annullamento di un vantaggio o uno svantaggio che sarebbe stato indebitamente riservato ad altri soggetti senza che siano derivati effetti pregiudizievoli per la propria sfera giuridica (cfr. Consiglio Stato, Sez. IV, 2 novembre 1993, n. 966).

A tale regola non sfuggono neppure gli enti pubblici, che sono legittimati ad impugnare atti di altre amministrazioni solo se tali atti incidano effettivamente sulla propria sfera di competenze amministrative attribuite dalla legge ovvero se agiscano a difesa di propri provvedimenti o a tutela degli interessi della comunità stanziata sul proprio territorio di cui sono enti esponenziali (cfr. Tar Lazio, Latina, Sez. I, 28 luglio 2009, n. 736; Tar Toscana, Sez. I, 12 gennaio 2005, n. 98; Consiglio Stato, Sez. V, 23 giugno 1997, n. 703; Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 maggio 1996, n. 684).

Nel caso all’esame rispetto agli atti del Comune di Caorle impugnati con il ricorso in epigrafe, la Regione non contesta la competenza del Comune ad adottarli, e non prospetta una lesione della propria sfera giuridica in termini di vindicatio potestatis, né indica sotto quali profili tali atti potrebbero essere idonei ad incidere sugli interessi di cui è portatrice.

L’iniziativa giurisdizionale fondata sulla mera titolarità di una potestà legislativa in materia di commercio, anziché su specifiche competenze amministrative definite dalla legge, implica che il ricorso risulti genericamente rivolto a rivendicare un inammissibile accertamento della legittimità dell’azione svolta dal Comune.

In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione perché la Regione nel caso di specie agisce a tutela della mera legalità dell’azione amministrativa.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara inammissibile.

Condanna la Regione Veneto alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Caorle liquidandole in complessivi Euro 3.000,00 per spese, diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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