Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-02-2012, n. 2399 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Su ricorso dell’arch. F.P., il presidente del Tribunale di Teramo, con decreto emesso il 27 ottobre 1993, ingiungeva alla Villa Viola s.r.l. il pagamento della somma di L. 136.901.837, a titolo di compenso professionale insoluto per la progettazione di palazzine.

La successiva opposizione era respinta dal Tribunale di Teramo, con sentenza 28 dicembre 2006, che accoglieva altresì la domanda proposta dall’ingegner Fi.Gr., chiamato in giudizio dalla società, per il pagamento del residuo compenso professionale di L. 177.739.460 a lui dovuto.

Avverso la decisione proponevano gravame la Tregi Fin s.a.p.a. di Bertozzini Gastone e Bertozzini Giancarlo e la Costruzioni Giuseppe Montagna s.r.l., società derivanti dalla scissione della Villa Viola s.r.l., che deducevano che quest’ultima aveva conferito ai due professionisti un incarico congiunto per il corrispettivo complessivo di L. 240 milioni, interamente versato; salvo il riparto interno fra i due professionisti.

In subordine, eccepivano l’eccessività del compenso, liquidato sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio che non aveva tenuto conto dell’unitarietà dell’incarico, relativo a palazzine di eguali caratteristiche, e l’assenza di prova della realizzazione dei progetti da parte dell’arch. F.. Per quanto riguardava la domanda dell’ing. Fi., ne contestavano l’ammissibilità, perchè estranea al thema decidendum dell’originario giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Integrato il contraddittorio, la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza 10 febbraio 2010, rigettava il gravame.

Motivava:

– che dagli interrogatori formali del Fi. e della F., assunti in primo grado, risultava che i due professionisti avevano ricevuto incarichi separati ed autonomi;

– che la convenzione datata giugno 1988 con la quale era stato conferito ai due professionisti la progettazione di edifici residenziali e commerciali nell’ambito della lottizzazione Villa Viola in Teramo era stata sottoscritta dal solo ing. Fi. e solo nel 1993: e cioè, ad incarico già conferito ed in parte anche eseguito;

– che, come risultava dalla consulenza tecnica d’ufficio, l’attività professionale effettivamente svolta era difforme da quella prevista nella scrittura privata di incarico: onde nessun valore poteva attribuirsi a quest’ultima, non rispecchiante più la volontà delle parti;

– che i progetti delle palazzine erano a firma di entrambi i professionisti, cui quindi doveva essere ricondotta l’attività svolta, con il correlativo diritto al compenso, da liquidare in complessive L. 417.739.460, come da valutazione del consulente tecnico d’ufficio, sulla base del lavoro svolto e delle tariffe professionali; detratte L. 240 milioni già ricevute.

Avverso la sentenza, non notificata, la Tregi Fin s.p.a. e la Costruzioni Giuseppe Montagna s.r.l. proponevano ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi e notificato l’1 ottobre 2010.

Deducevano:

1) la violazione degli artt. 2697 e 2730 cod. civ., nonchè la carenza di motivazione nel l’attribuire valore di prova agli interrogatori formali resi in primo grado;

2) la violazione degli artt. 2697 2702 e 2230 cod. civ., dell’art. 116 cod. proc. civ., nonchè la carenza di motivazione, perchè la corte territoriale aveva ritenuto non vincolante il contenuto della convenzione sottoscritta dal solo ing. Fi. nel 1993, ritenendola superata dalla diversità dell’opera in effetti eseguita, oltre che dalla sottoscrizione successiva alla sua stesura;

3) la carenza di motivazione in relazione alle censure mosse alla relazione del consulente tecnico d’ufficio;

4) la carenza di motivazione in relazione alla determinazione del compenso;

5 la violazione dell’art. 645 cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ., nonchè la carenza di motivazione in punto quantum debeatur.

Resisteva con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, l’arch. F..

Prima dell’udienza, le ricorrenti dichiaravano di rinunziare al ricorso presentato nei confronti dell’ing. Fi..

All’udienza del 19 gennaio 2012 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Con il primo motivo le ricorrenti deducono la violazione degli artt. 2697 e 2730 cod. civ., nonchè la carenza di motivazione.

Al riguardo, per quanto sia esatto, in linea di principio, che gli interrogatori formali sono mezzi istruttori volti a provocare la confessione giudiziale delle parti cui è deferito, cosicchè le risposte sono significative solo nei limiti in cui siano contra se (salva l’ipotesi di dichiarazione complessa, inscindibile se non contestata: art. 2734 cod. civ.), si osserva come la Corte d’appello di L’Aquila non si sia fondata solo su tali risultanze, bensì abbia accertato in concreto l’opera intellettuale svolta dall’arch.

F., quale coautrice, insieme con l’ing. Fi., dei progetti delle palazzine, da lei sottoscritti; valutata in conformità con le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.

Il secondo motivo, con cui si censura l’omesso apprezzamento della convenzione a firma del solo ing. Fi., è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse a seguito della rinuncia al ricorso nei confronti di quest’ultimo.

Anche il terzo motivo, con cui si denunzia la carenza di motivazione in relazione alle censure mosse alla relazione del consulente tecnico d’ufficio, è inammissibile, involgendo una diversa valutazione del mezzo istruttorio, volto ad un riesame nel merito che non può trovare ingresso in questa sede.

Con il quarto motivo le ricorrenti deducono la carenza di motivazione in relazione alla determinazione del compenso.

Il motivo è infondato, basato com’è sulla convenzione di incarico non sottoscritta dall’arch. F., e per di più superata nel prosieguo dalle parti – secondo l’accertamento della corte territoriale, sorretto da motivazione immune da vizi logici – alla luce della diversità delle opere in concreto eseguite.

E’ infine infondato il quinto motivo, con cui si lamenta la violazione dell’art. 645 cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ., nonchè la carenza di motivazione in punto quantum debeatur, dal momento che la corte territoriale ha liquidato il compenso sulla base dei progetti recanti la sottoscrizione dell’arch. F.. Le argomentazioni critiche delle ricorrenti, sul punto, appaiono quindi genericamente volte a contestare l’attività prestata e il compenso liquidato sulla base di considerazioni di merito, insuscettibili di riesame in sede di legittimità.

Il ricorso è dunque infondato e va respinto, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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