Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-05-2011) 29-09-2011, n. 35324

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 22.5.2009, il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, dichiarò L.A.M. responsabile del reato di truffa e concesse le attenuanti generiche lo condannò alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 400,00 di multa.

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 28.6.2010, confermava la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e), per errata applicazione della legge penale e mancanza della motivazione in relazione al giudizio di responsabilità, in quanto il reato di truffa è un reato doloso e la sentenza della Corte è connotata da evidente contraddittorietà in quanto sembra attribuire al L. una condotta colposa, deducendo poi la consapevolezza dello stesso circa la falsità del certificato prodotto dalla circostanza che solo lui avrebbe potuto beneficiare delle migliori condizioni di polizza assicurativa, omettendo di considerare le insanabili carenze che hanno connotato l’indagine prima e il giudizio di primo grado poi, in riferimento all’accertamento delle modalità attraverso le quali risulta essere stata stipulata la polizza assicurativa in questione.

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, da considerare non specifici, per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di specificità, conducente, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) nell’inammissibilità (Cass. Sez. 4^ n. 5191/2000 Rv.

216473).

Le motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano poi viziate da illogicità manifeste e sono infine esaustive, avendo risposto a tutte le doglianze contenute nell’appello, e in particolare sulla ragione della sussistenza del reato di truffa, evidenziando che l’imputato aveva prodotto ad un’agenzia della società Cattolica un’attestazione basata su un suo rapporto inesistente con la FATA Assicurazioni, e non poteva ignorare la falsità del documento prodotto – chiunque fosse stato l’autore della falsità – avendo egli la consapevolezza di non essere mai stato assicurato con tale compagnia per il veicolo indicato nel documento.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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