Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-02-2012, n. 2519 Fondi e casse di previdenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di quella città con la quale era stata revocata, per intervenuta prescrizione del credito, la cartella di pagamento con cui era stato richiesto all’avv.to S.M. di pagare alla Cassa Nazionale di Assistenza e Previdenza Forense contributi dovuti relativamente all’anno 1992.

La Corte del merito poneva, innanzitutto, a base del decisum la considerazione che, nella specie, dovendosi applicare il termine di prescrizione quinquennale previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 3 in quanto non risultavano atti d’interruzione anteriori al 31 dicembre 1995, il credito vantato dalla Cassa Forense si era prescritto alla data del 13 luglio 1998.

Osservava, poi, la predetta Corte che l’avvenuta conoscenza da parte della Cassa solo nel luglio 2001 della circostanza che il reddito imponibile dell’anno 1992 conseguito dal S. era risultato superiore a quello dichiarato non costituiva un impedimento all’esercizio del diritto e quindi alla decorrenza del termine di prescrizione, nè era provato che il S. avesse occultato dolosamente i propri redditi.

Sottolineava, inoltre, la Corte del merito che anche ad individuare nel luglio 2001 l’epoca di decorrenza della prescrizione questa comunque si era verificata non potendosi prendere in considerazione la documentazione interruttiva della Cassa perchè prodotta tardivamente. Nè, secondo la Corte territoriale, erano esercitabili al riguardo i poteri istruttori ex art. 421 c.p.c. non essendovi incertezze probatorie da superare.

Avverso questa sentenza la Cassa in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di tre motivi.

La parte intimata non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la Cassa ricorrente, deducendo violazione egli artt. 421 e 112 c.p.c. nonchè della L. n. 335 del 1995, art. 3 e vizio di motivazione, assume che atteso il peculiare regime della prescrizione dei contributi previdenziali – dove la prescrizione è rilevabile d’ufficio -, sul quale il giudice di appello ha omesso qualsiasi motivazione, ben poteva la Corte del merito esercitare i poteri ufficiosi in ordine alla allegata avvenuta interruzione della prescrizione.

Con la seconda censura la parte ricorrente, allegando violazione o omessa applicazione della L. n. 576 del 1980, art. 19, comma 2, prospetta che la prescrizione dei contributi decorre dalla trasmissione della dichiarazione dell’interessato solo con riferimento ai redditi dichiarati e non in relazione a quelli non dichiarati per i quali inizia a decorrere sino a quando l’obbligo d’informazione non sarà adempiuto ovvero sino a quando la Cassa non ne avrà conoscenza aliunde. Con la terza critica la Cassa ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2941 c.c., n. 8, osserva che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto non ricorrere il doloso occultamento del debito.

E’ preliminare l’esame della seconda censura che risulta infondata.

Questa Corte, infatti, ha sancito, proprio a confutazione della tesi sostenuta con la censura in esame dalla Cassa ricorrente, che la L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 19, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta cassa previdenziale della menzionata dichiarazione (ord. 16 marzo 2011 n. 6259 e sent. 17 aprile 2007 n. 9113).

Nè sono prospettate dalla Cassa argomentazioni nuove tali da indurre questa Corte a mutare il proprio orientamento.

Considerato che il termine di prescrizione, nella specie, decorre dalla data di trasmissione della anzidetta dichiarazione è del tutto ultroneo l’esame del primo motivo del ricorso riguardando questo l’acquisizione d’ufficio di un atto interruttivo della prescrizione intervenuto in epoca posteriore all’accertato avvenuto decorso del termini di prescrizione ed eventualmente rilevante solo in caso di accoglimento della tesi – risultata alla stregua di quanto sottolineato infondata – secondo la quale, nel caso di cui trattasi, il termine de quo inizierebbe a decorrere dalla conoscenza aliunde della non veridicità della dichiarazione.

Residua l’ultima critica che non è fondata.

Invero la Cassa ricorrente pur deducendo un vizio di violazione di legge chiede a questa Corte sostanzialmente un accertamento di fatto circa la natura dolosa del comportamento dell’iscritto per aver questi taciuto su quella parte del reddito effettivo non dichiarato.

Tuttavia tale accertamento è nel nostro ordinamento processuale devoluto al giudice del merito ed è del tutto estraneo al sindacato di questa Corte di legittimità alla quale è consentito solo di verificare la congruità ed adeguatezza della motivazione assunta in proposito dal giudice del merito.

A tanto aggiungasi che a fronte dell’asserzione da parte della Corte di Appello della mancanza di prova sulla detta natura dolosa, la Cassa ricorrente nulla deduce a confutazione di tale asserzione limitandosi, come sottolineato, a chiedere a questa Corte un diverso accertamento di fatto.

Il ricorso, in conclusione, va rigettato.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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