Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-04-2011) 29-09-2011, n. 35512

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 26/2/2009, confermava la decisione i, che aveva dichiarato I.J. colpevole del reato di cui all’art. 385 c.p. – per essersi abusivamente allontanato, il (OMISSIS), dall’abitazione in cui si trovava sottoposto al regime degli arresti domiciliari – e lo aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione.

Il Giudice distruttuale riteneva che la prova della colpevolezza dell’imputato era offerta dalla diretta constatazione dei Carabinieri che, in occasione del servizio di controllo effettuato il 21.7.2006, non avevano rinvenuto in casa lo I. e lo avevano visto rientrare dopo circa venti minuti a bordo della propria autovettura; aggiungeva che l’assunto difensivo, secondo cui l’imputato era stato costretto ad uscire di casa per soddisfare un’esigenza fisiologica, non potendo usufruire del bagno perchè intasato, non era credibile ed era, anzi, smentito da quanto riferito ai Carabinieri dalla madre dello stesso imputato, la quale aveva precisato che il figlio si trovava in un terreno retrostante l’abitazione, dove i militari si erano recati e non l’avevano trovato.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, deducendo la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione sul formulato giudizio di responsabilità, non essendosi tenuto conto che l’allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare per pochi minuti e per recarsi a poche centinaia di metri, al fine di soddisfare l’allegata esigenza fisiologica, non aveva determinato, quanto meno nella prospettazione soggettiva dell’agente, un’effettiva sottrazione alla sfera di controllo degli addetti a tale compito.

3. Il ricorso, in quanto manifestamente infondato, è inammissibile.

Ed invero, la sentenza si verifica, facendo buon governo della legge penale, riposa su un apparato argomentativi che dà conto, in maniera adeguata e logica, come agevolmente si evince da quanto innanzi sintetizzato, delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene.

E’ il caso di sottolineare che, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, ogni arbitrario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare ancorchè limitato nel tempo e nello spazio integra il reato in esame, che non richiede l’allontanamento definitivo o la mancanza dell’animus revertendi (sez. 6, n. 8145 del 22.7.1992, Gatti; sez. 6, n. 3582 del 12.5.1986, Megna; sez. 6, n. 32383 del 18/3/2008, Castro; sez. 6, n. 3218 del 18.12.2007, Perrone;

sez. 6, n. 1278 del 9.12.2003, Fabris).

Il reato è punito a titolo di dolo generico, è sufficiente cioè la consapevolezza dell’agente di trovarsi legalmente in stato di arresto e di violare volontariamente il divieto di allontanarsi, senza la prescritta autorizzazione, dal luogo di esecuzione del provvedimento restrittivo.

Nè può ravvisarsi nell’assunto difensivo, a prescindere da quanto già efficacemente argomentato dalla Corte di merito, la causa di non punibilità dello stato di necessità. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che stimasi equa, di Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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