Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-02-2012, n. 2517 Licenziamento per riduzione del personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 29 ottobre 2008, la Corte d’Appello di Milano respingeva il gravame svolto dalla spa Intesa Sanpaolo contro le sentenze di primo grado che avevano dichiarato inefficace il licenziamento collettivo intimato ai dipendenti in epigrafe indicati;

respingeva, inoltre, il gravame svolto da D.P.A. +5 contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di accertamento dell’illegittimità del licenziamento collettivo intimato dalla Banca.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– il Giudice di prime cure, in accoglimento delle domande separatamente proposte dai lavoratori in epigrafe indicati nei confronti della Banca Intesa s.p.a. (poi Intesa Sanpaolo s.p.a.) accertava, sotto vari profili, la illegittimità del licenziamento collettivo adottato dalla Banca, previo rigetto dell’eccezione di inammissibilità della domanda per accettazione della risoluzione del rapporto e/o rinuncia all’impugnazione del licenziamento;

– la società, interponendo appello, si doleva che il Giudice di primo grado non avesse preso in considerazione le dichiarazioni sottoscritte dai lavoratori per attivare il Fondo di solidarietà, nè preso conoscenza del D.M. n. 158 del 2000, dell’accordo 5-12-2002 e dell’accordo collettivo aziendale 15-1-2003, i quali avevano predisposto una transazione tipo, che il lavoratore era libero di accettare o meno, e qualificato il trattamento eventualmente accettato come incentivo all’esodo, presupponendo la risoluzione del rapporto; nè aveva tenuto conto che, altrettanto espressamente, i lavoratori avevano rinunciato al preavviso e alla relativa indennità sostitutiva, ciò implicando l’accettazione del licenziamento; aveva ritenuto viziata la procedura di mobilità per incompletezza e inidoneità della comunicazione di avvio 19-12-2002, pur essendo stata gestita la riduzione del personale insieme ai sindacati, come risultava dall’accordo di programma, dall’accordo sindacale 15-1-2003 e dalle successive intese, assumendo che il raggiungimento dell’accordo sindacale aveva reso irrilevante qualsivoglia vizio della procedura; per l’omessa precisazione della ripartizione organizzativa e professionale delle eccedenze di organico, nonostante risultasse dall’accordo di programma che l’esigenza di ridurre i costi interessava tutto il complesso aziendale e non essendovi motivo di limitare le scelte ad un settore, considerata la fungibilità e l’elevata mobilità orizzontale e verticale del personale nonchè l’oggettività del criterio utilizzato (con la scelta dei lavoratori già pensionabili o prossimi alla pensione, i quali avevano oltretutto costi medi maggiori); infine, per l’omessa indicazione delle modalità con le quali erano stati applicati i criteri, non risultando provato che l’irregolarità aveva influito sull’esercizio dei poteri di controllo attribuiti ai sindacati e, comunque, non essendovi margini di discrezionalità nell1 applicare il criterio oggettivo prescelto.

3. A sostegno del decisum, la Corte riteneva:

– la richiesta di accesso al Fondo di solidarietà dell’assegno, avente natura di sostegno al reddito, espressione della sola volontà di godere del beneficio in parola richiedendo, l’acquiescenza al licenziamento, un inequivoco comportamento di adesione all’altrui volontà;

– nella comunicazione di avvio della procedura la società aveva omesso di indicare la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente, violando la L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3 in relazione alla L. n. 223 del 2001, art. 5, comma 1 e al D.M. n. 158 del 2000, art. 8;

– l’adozione dell’unico ed esaustivo criterio previsto e adottato (in sostanza la scelta di licenziare il personale anziano per ridurre complessivamente i costi d’azienda, senza procedere ad alcuna verifica del numero e dei profili delle eccedenze), illegittimo perchè non permetteva di individuare e controllare il nesso di causalità tra l’esigenza di riduzione e la riorganizzazione, pur essendo tale criterio obbiettivo e privo di rischio di abusi;

– nell’applicazione di tale unico criterio, la società aveva elencato i nominativi, ma non aveva dato conto dell’età, nè di altri dati che, in relazione al criterio scelto, rendessero immediatamente confrontabili le posizioni e trasparente la scelta, come la legge richiede.

4. Per la cassazione di tale sentenza la Intesa Sanpaolo s.p.a. ha proposto ricorso con diciotto motivi. Tutti i dipendenti, in epigrafe indicati, hanno resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

5. Va preliminarmente ritenuta infondata la prospettata eccezione di inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di So., per tardività della notificazione, attesa la tempestività, nel termine previsto dall’art. 327 c.p.c., della consegna dell’atto processuale all’ufficiale giudiziario.

6. Passando all’esame dei motivi di ricorso, i primi sette, che censurano il capo della sentenza relativo all’intervenuta accettazione dello scioglimento del rapporto di lavoro da parte dei dipendenti, sono imperniati sui seguenti vizi sinteticamente di seguito riportati:

– insufficiente motivazione, per aver escluso l’acquiescenza al licenziamento omettendo di considerare ratio, presupposti, caratteristiche del Fondo di solidarietà e peculiare natura degli assegni erogati, solo materialmente dal Fondo (ed interamente finanziati dalle aziende di credito) (primo motivo);

– insanabile contraddizione logica della statuizione, tra l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui la risoluzione del rapporto di lavoro è un presupposto per l’accesso all’assegno straordinario di sostegno del reddito ex D.M. n. 158 del 2000, e la conclusione secondo cui la volontà di accedere al Fondo non aveva comportato acquiescenza al licenziamento, essendo chiaramente espressa solo la volontà di rinunciare all’indennità di preavviso, entrata nel patrimonio del lavoratore (secondo motivo);

– insufficiente e contraddittoria motivazione, per aver ritenuto l’atto di disposizione del preavviso non implicare rinuncia all’impugnazione del licenziamento, benchè il risparmio del preavviso servisse a finanziare l’assegno straordinario di sostengo al reddito (terzo motivo);

– insufficiente motivazione, per aver negato l’incompatibilità tra richiesta dell’assegno con l’impugnazione del licenziamento sul presupposto dell’indispensabilità del beneficio anche per affrontare un eventuale giudizio costoso ad esito incerto, omettendo di considerare ratio e presupposto dell’assegno erogato dal Fondo (quarto motivo); e per aver rilevato la natura di sostegno al reddito agli assegni erogati ai dipendenti, senza rilevare che tale natura non contraddice natura e funzione di incentivazione all’esodo degli assegni (quinto motivo);

– insufficiente e contraddittoria motivazione, per aver omesso di considerare la dichiarazione espressa di ricognizione dell’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro resa dai dipendenti all’atto di richiedere l’assegno straordinario ex D.M. n. 158 del 2000, e comunque per aver illogicamente equiparato quest’ultimo ai trattamenti pubblici di mobilità e disoccupazione, nonchè al t.f.r., anzichè all’incentivo all’esodo, finendo così per concludere erroneamente che anche nel caso di richiesta dell’assegno straordinario – come in quello di richiesta delle indennità di mobilità e disoccupazione nonchè del t.f.r. – non potrebbe presumersi la rinuncia del richiedente all’impugnazione del licenziamento (sesto motivo); e per aver omesso di considerare il contenuto delle disposizioni richiamate ( L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 3, D.M. n. 158 del 2000 e accordo 15.1.2003), contraddicendosi con esse (settimo motivo).

7. I predetti motivi, strettamente connessi, risultano fondati e vanno accolti, dovendo respingersi la dedotta eccezione di inammissibilità per mancanza del momento di sintesi giacchè nell’illustrazione del motivo è anteposta proprio la descrizione del fatto controverso e decisivo, id est il momento di sintesi, e la collocazione nell’incipit del motivo non è apprezzabile in termini di inammissibilità. 8. Ciò premesso, osserva il Collegio che come è stato riaffermato, anche di recente, da questa Corte (v., ex multis, Cass. 20358/2010;

Cass. 17406/2011), il regolamento in esame ( D.M. n. 158 del 2000) prevede esplicitamente che il lavoratore, chiedendo i benefici ivi previsti, rinunci al preavviso ed alla relativa indennità sostitutiva. Preavviso e indennità implicano evidentemente la risoluzione del rapporto. Del resto nel decreto in esame sono riscontrabili indici inequivocabili dell’intendimento di correlare alla cessazione del rapporto l’accesso alle specifiche prestazioni ora in esame. Basti considerare al riguardo il richiamo agli eventuali ulteriori benefici previsti dalla contrattazione collettiva, connessi all’anticipata risoluzione del rapporto (art. 10, comma 14), il riferimento "all’ex datore di lavoro" ed a "successivi rapporti di lavoro dipendenti o autonomi, con specifica indicazione del nuovo datore di lavoro" (art. 11).

9. Ne deriva che, rinuncia al preavviso e all’indennità sostitutiva sono considerate, dalla normativa in esame, come accettazione dell’anticipata risoluzione del rapporto, il che evidentemente preclude un successivo ripensamento e la impugnazione del recesso.

10. Del resto, queste disposizioni si inseriscono nel quadro di una normativa che, proprio con la previsione dei suddetti benefici, mira ad eliminare, per quanto possibile, l’eventuale contenzioso derivante dai processi di ristrutturazione aziendale, e non a caso chiama il datore di lavoro a partecipare, finanziariamente, all’erogazione dei trattamenti (v. cit. D.M., art. 6, comma 3). n. Quindi sarebbe anche contraria alla ratio legis un’interpretazione che consentisse l’erogazione del beneficio mantenendo aperta la possibilità di rimettere in discussione la ormai intervenuta conclusione del rapporto.

12. In tale quadro, in definitiva, in tanto il lavoratore può rinunciare al preavviso (ed alla relativa indennità sostitutiva), in quanto lo stesso sia ormai acquisito al suo patrimonio, per aver egli accettato la risoluzione del rapporto, e tale rinuncia, unitamente alla richiesta di accesso al Fondo, costituisce elemento che integra la fattispecie complessa prevista dalla norma regolamentare, all’interno della quale va collocata l’adesione del lavoratore, con l’effetto che ne consegue normativamente.

13. In base a tali considerazioni va, pertanto, ribadito il principio affermato da Cass. 20358/2010 secondo cui "il D.M. 28 aprile 2000, n. 158, istitutivo, presso l’INPS, del Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell’occupazione e della riconversione e qualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese di credito, ha previsto l’erogazione, a carico del detto Fondo, di assegni straordinari per il sostegno del reddito, in forma rateale, unitamente al versamento della correlata contribuzione ( L. n. 662 del 1996, ex art. 2, comma 28), riconosciuti ai lavoratori ammessi a fruirne nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo ( D.M. n. 158 cit., art. 5), condizionando l’erogazione degli assegni ed il versamento della contribuzione alla previa rinuncia al preavviso ed alla relativa indennità sostitutiva per l’anticipata risoluzione del rapporto ( D.M. n. 158 cit., art. 10, commi 14, 15, 16). Ne consegue che, alla stregua di un’interpretazione sistematica ed alla luce della ratio della normativa recata dal citato decreto ministeriale (di contenere al massimo l’eventuale contenzioso derivante dai processi di ristrutturazione aziendale), la rinuncia anzidetta è intesa come accettazione dell’anticipata risoluzione del rapporto di lavoro, determinando essa l’acquiescenza al licenziamento e precludendo, quindi, la sua successiva impugnazione". 14. In definitiva, sarebbe contraria allo scopo della disposizione de qua un’interpretazione che consentisse l’erogazione del beneficio mantenendo aperta la possibilità di rimettere in discussione l’ormai intervenuta conclusione del rapporto.

15. Poichè è pacifico che i lavoratori intimati hanno chiesto di accedere alle prestazioni del Fondo, la decisione della Corte di merito, che ha escluso l’acquiescenza al licenziamento, non è conforme a diritto, perchè non ha considerato l’effetto legale che le norme esaminate riconnettono a tale accesso.

16. In tali sensi vanno, quindi, accolti i predetti motivi, restando assorbito l’esame di tutti gli altri imperniati sui vizi, rilevati dalla Corte di merito, nella comunicazione di apertura della procedura di licenziamento (motivi dall’ottavo al tredicesimo), nel carattere discriminatorio dell’unico criterio di scelta adottato (motivi dal quattordicesimo al sedicesimo) ed, infine, nella comunicazione di chiusura della procedura in ordine alle specifiche modalità di applicazione attuate (motivi diciassettesimo e diciottesimo). n. L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, risultando non contestato che i dipendenti hanno chiesto l’accesso al Fondo di solidarietà (aderendo all’accordo del 15-1-2003 e rinunciando al preavviso ed alla relativa indennità sostitutiva) ed hanno avanzato domanda di assegno straordinario, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda dei lavoratori.

18. Infine, considerata la novità e complessità delle questioni, risolte soltanto recentemente da questa Corte, ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero processo tra tutte le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi sette motivi del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dai lavoratori.

Spese compensate dell’intero giudizio tra tutte le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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