Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-03-2011) 29-09-2011, n. 35280

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Napoli – Sezione del Riesame – con ordinanza resa il 27 luglio 2010 – confermava il decreto di sequestro preventivo datato 21 maggio 2010 emesso dal GIP del Tribunale di Napoli – tra gli altri – nei confronti dei coniugi O.P. e C.V., indagati per numerose ipotesi delittuose di estorsione nella forma sia tentata che consumata aggravata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7 e di violazione della legge sulle armi (della L. n. 497 del 1974, artt. 10, 12 e 14, e L. n. 203 del 1991, art. 7).

Con il detto provvedimento cautelare reale il GIP aveva in particolare sottoposto a sequestro preventivo beni mobili ed immobili di pertinenza dei due indagati tra i quali il complesso immobiliare sito in (OMISSIS) intestato formalmente a C.M., figlia dell’odierno ricorrente il quale aveva di fatto la concreta disponibilità di tale bene immobile. Detto provvedimento, emesso di seguito ad ordinanza di custodia cautelare in carcere nei riguardi del C. per i reati sopra specificati (poi parzialmente revocata con riferimento al reato di estorsione aggravata di cui al capo Ql), era stato adottato in relazione anche al grave quadro indiziario esistente a carico del C. (comprovato dal provvedimento restrittivo applicato nei suoi confronti) che rendeva altamente probabile la sua condanna con possibilità di confisca obbligatoria di tali beni ai sensi della L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies.

Il Tribunale del Riesame, nel confermare il provvedimento oggi impugnato, riteneva per un verso altamente probabile la condanna del C. per i reati di cui sopra – anche sulla base del ricordato provvedimento cautelare personale – e dunque applicabile il disposto di cui alla L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies attesa la notevolissima sproporzione tra i redditi percepiti dal C. e dalla di lui moglie O.P. e i beni sottoposti a sequestro (consistenti, oltre che nel ricordato complesso immobiliare, anche in mezzi di trasporto, libretti bancari, buoni fruttiferi del Tesoro tutti intestati alla predetta O.P..

Con il proposto ricorso la difesa si duole della ordinanza della quale chiede l’annullamento, con particolare riferimento al complesso immobiliare di (OMISSIS), deducendo vizio di motivazione e contraddittorietà e(o illogicità manifesta.

Lamenta in particolare la difesa che in relazione all’avvenuto parziale annullamento della Ordinanza di custodia cautelare limitatamente al reato di cui al capo Ql, il profilo riguardante la gravita del quadro indiziario concernerebbe soltanto i rimanenti reati sub Ol ed Rl (si tratta di un episodio di estorsione aggravata dalla L. n. 203 del 1991, art. 7 e di un episodio relativo a violazione delle leggi sulle armi, sempre aggravata ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7). Lamenta poi la difesa che il Tribunale non avrebbe tenuto in alcun conto la documentazione prodotta a suo tempo, dimostrativa della disponibilità economico-finanziaria lecita degli indagati e soprattutto non avrebbe tenuto in alcun conto della circostanza che il complesso immobiliare era stato realizzato in epoca assai distanza rispetto a quella presa in considerazione dal P.M. come indicativa di una illegittima provenienza dei beni.

Rileva ulteriormente che gravando sulla Pubblica Accusa l’onere di dimostrare l’illecita provenienza dei beni, onere non assolto con riferimento al detto complesso immobiliare ed esistendo in atti la prova della sua legittima provenienza in quanto riferita ad un tempo nettamente distante da quello preso in considerazione dal P.M., la motivazione offerta sul punto dal Tribunale era del tutto generico e inadeguato.

Il ricorso è infondato.

Va premesso che in tema di sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi della L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies è necessario accertare – sotto il profilo del "fumus commissi delicti", l’astratta COnfigurabilità, nel fatto attribuito all’indagato, di uno dei reati indicati dalla norma citata, nonchè la plausibilità di un giudizio prognostico che renda probabile la condanna dell’imputato per quel reato e sotto il profilo del "periculum in mora", attesa la coincidenza di quest’ultimo requisito con la confiscabilità del bene, la presenza di seri indizi legittimanti la confisca (sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto e mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi, (in questo senso Cass. Sez., 6A 11.2.2010 n. 16207, Vendemini ed altri, Rv. 247237; Cass. Sez. 1A 16.12.2003 n. 1415, P.M. in proc. Marzocchella ed altri, Rv. 226640).

Sotto altro aspetto va ricordato – come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte – che la valutazione della sproporzione tra i beni assoggettai a sequestro e la situazione economico-finanziaria dell’indagato va compita con riferimento al momento dei singoli acquisti (Cass. Sez. 6 12.1.2010, n. 5452, Mancin ed altro, Rv. 246083; nello stesso senso, Cass. Sez. 6 26.9.2006 n. 721, Nettuno, Rv. 235607).

Alla stregua di tali regole ermeneutiche deve subito osservarsi che il Tribunale di Napoli ha correttamente fatto uso di esse, rendendo una motivazione completa, esaustiva e logica. Da qui l’infondatezza delle censure difensive.

Quanto alla prima, riferita ai beni mobili e mobili registrati intestati direttamente ad O.P., il provvedimento impugnato ha dato ampio conto delle ragioni giustificatrici del sequestro individuandole anzitutto nella elevata probabilità di una condanna del C. per reati che giustificavano, in base al loro titolo, la confisca obbligatoria ai sensi della L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies; ancora nella sussistenza del delitto per il quale è consentita la confisca obbligatoria (e sul punto è appena il caso di aggiungere che l’avvenuta, parziale, revoca della ordinanza di custodia cautelare in carcere ha lasciato inalterati reati per i quali la confisca è consentita ai sensi del richiamato art. 12 sexies della Legge citata).

La esaustività del provvedimento cautelare risulta per tabulas, non solo in relazione a quanto ampiamente osservato dal Tribunale in ordine alla gravita del quadro indiziario – cui esattamente viene ricollegato il fumus boni juris (vds. pag. 3 del provvedimento impugnato) – ma anche in relazione al pericolo di aggravamento del reato determinato anche dalla specifica condotta attribuita al C., indicato dal Tribunale napoletano come la "longa manus" di clan camorristici al cui servizio egli operava attraverso la sua azienda.

Peraltro il Tribunale, non arrestandosi alla valutandone delle condotte ascrivibili direttamente al C., ha esteso la propria indagine anche alla posizione della O., indicata come "prestanome" del marito, vero dominus della grave e complessa vicenda criminosa che lo vede coinvolto e che si è rivelato – per come è dato leggere nella ordinanza – titolare di redditi del tutto insufficienti a giustificare tutte quelle possidenze in capo alla moglie ed anche quelle strettamente personali.

Il provvedimento impugnato si sottrae a censure sul piano motivazionale anche con riferimento al complesso immobiliare, in quanto a fronte di tale ampio quadro indiziano e degli elementi negativi di reddito, non risulta dalla ordinanza impugnata che da parte dell’indagato siano stati offerti elementi di valutazione tali da indurre il Tribunale ad una rivisitazione, anche parziale, del provvedimento cautelare.

Peraltro il richiamo per relationem al provvedimento del GIP, non essendovi argomentazioni diverse da quelle adottate da quel giudice, consente di ridurre ad unità i due provvedimenti che si saldano tra loro, valendo così le ampie considerazioni svolte anche nel provvedimento originario di sequestro.

Nè da parte della difesa sono stati addotti in questa sede argomenti diversi tali da giustificare un diverso orientamento di questa Corte ed in grado da scalfire il provvedimento impugnato, il quale appare assolutamente esaustivo e logico in ogni sua parte.

Del resto le prospettazioni difensive contenute nel ricorso sono sostanzialmente generiche con riferimento al compendio dei beni intestati (fittiziamente) alla O., come traspare da quanto affermato dal ricorrente a pag. 7 del ricorso (laddove si conferma la esaustività e correttezza di motivazione del sequestro e del provvedimento di conferma riguardante detti beni), mentre, con riguardo al complesso immobiliare, le argomentazioni si fondano su considerazioni relative al cd. "vincolo di pertinenzialità" tra il bene e l’attività illecita ascritta all’indagato da quest’ultimo ritenuto insussistente.

Orbene, anche su questo punto il Tribunale, con motivazione adeguata, ha ritenuto esistente il detto vincolo, dopo aver preso in esame tutta la documentazione di tipo (non solo) economico come si desume a chiare lettere dal testo dell’ordinanza impugnata (vds. pag. 6 del provvedimento in parola).

In conclusione il ricorso va rigetto: segue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Condanna i ricorrenti, singolarmente, al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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