Corte Suprema di Cassazione – Civile Sezione III Sentenza n. 8420 del 2006 deposito del 11 aprile 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con Con citazione del 25 maggio 1983 i coniugi Z. L? e P. M? T? convenivano dinanzi al tribunale di Ascoli Piceno, V. M?, proprietaria di un fondo e di una azienda confinante, e proponevano una serie di domande, anche di natura risarcitoria, dirette da un lato a rendere stabile una scarpata esistente sulla linea di confine del fondo e dall’altro ad eliminare le immissioni di odori nauseanti provenienti dall’allevamento di polli e di altro bestiame, gestito dalla convenuta. La V. si costituiva contestando il fondamento delle pretese ed in via riconvenzionale chiedeva la demolizione della sovrastante vasca di raccolta di acque piovane ed il risarcimento dei danni provocati dalla franatura della scarpata, nonché la condanna per la realizzazione delle opere di consolida mento.

La lite era istruita con prove orali e documentali e l’espletamento di ben tre consulenze tecniche di ufficio.

Con sentenza del 19 novembre 1997 il Tribunale di Ascoli Piceno accoglieva solo in parte la domanda proposta dai coniugi Z. e condannava la V. al risarcimento dei danni, liquidati ai V. attuali, nella misura di £ 46.553.333, oltre interessi dalla domanda al saldo VcIevalutativ. di £ 23 milioni.

In relazione alla costruzione del muro di contenimento il Tribunale ripartiva tra le parti le responsabilità della frana, nella misura di 1/3 a carico degli attori e di 2/3 a carico della V.. Accoglieva la domanda riconvenzionale della V. in ordine ai danni cagionati dalla frana del 1992 e condannava gli attori al pagamento dei relativi danni (v. amplius in dispositivo); compensava tra le parti le spese del giudizio.

Contro la decisione proponevano appello principale il V., in relazione alla instabilità della scarpata ed alle opere di consolidazione, ed appello incidentale i coniugi Z., in ordine al riparto delle responsabilità, alle immissioni ed ai relativi danni.

Con sentenza del 20 settembre 2001 la Corte di appello di Ancona così decideva: rigetta l’appello principale della V. ed in accoglimento per quanto di ragione dell’appello dei coniugi Z. ordina alla V. la immediata cessazione dello allevamento dì galline e la condanna al risarcimento dei danni, liquidati in £ 20 milioni per ciascun coniuge; condanna la V. alla rifusione dei due gradi del giudizio e conferma nel resto la impugnata sentenza. Contro la decisione ricorre la V. proponendo due motivi di censura illustrati da memoria; resistono le controparti con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai dedotti motivi.

NEL PRIMO MOTIVO si deduce la omessa motivazione su punti decisivi della controversia, ovvero la contraddittorietà e insufficienza della stessa.

Le censure in particolare riguardano due punti:

a. il punto della causalità (della frana, indi-cata nel supplemento della CTU (4 marzo 1994) secondo un doppio fattore, sia per la naturale inclinazione di coinvolgimento delle acque piovane, sia per colpa dei coniugi Z. che avevano lasciato aperto a lungo il rubinetto della vasca di contenimento delle acque provocandone la tracimazione delle stesse;

b. un secondo punto decisivo concerne la valutazione della utilità del muro di contenimento e la legittimità della sua collocazione sul terreno della V.

In ordine alla prima censura si rileva che essa difetta di autosufficienza e di decisività: di autosufficienza poiché la consulenza è interpolata e la causalità non appare indicata chiaramente in termini alternativi o di concorrenza; di decisività in quanto il ragionamento della Corte di appello si fonda sull’analisi degli esiti delle varie consulenze e perviene al convincimento di un concorso di cause e di colpe imputabili in maniera prevalente alla V. e minore per i vicini del fondo. (Vedi ff 6 e 7 della motivazione) . Si tratta dunque di un prudente apprezzamento di fatto, che si avvale delle indicazioni tecniche peritali, ed è congruamente motivato senza errori di tecnica o di logica giuridica.

In ordine alla seconda censura si osserva che la costruzione del muro giova ad entrambi i contendenti, ed è stata disposta in prevenzione di futuri danni, onde la collocazione del muro sulla proprietà della V. è misura di prevenzione esigibile e realizzabile con l’ assenso della medesima, anche in relazione alle autorizzazioni necessarie per la sua edificazione. Eventuali impedimenti posti dalla V. la renderanno ci vilmente responsabile per ulteriori danni.

Inoltre si osserva che entrambe le parti hanno chiesto una pronuncia sulla costruzione di un muro di contenimento, sia pure in disputa sulle responsabilità.

Non sussiste pertanto alcun error in iudicando sul punto.

NEL SECONDO MOTIVO si deduce l’error in iudicando per la violazione dello art. 844 del codice civile. La tesi è che essendo l’attività di allevamento preesistente alla edificazione del fondo vicino, il criterio della prevenzione doveva prevalere, unitamente alle esigenze della produzione, sulle minori esigenze olfattive dei vicini. Si deduce infine la contraddittorietà della motivazione, sulla base della errata indicazione del numero della galline e sulla relativa intuizione del lezzo insostenibile.

In senso contrario si osserva che la norma codificata sulle immissioni, nel prevedere la valutazione, da parte del giudice, delle esigenze della produzione, con le ragioni della proprietà, tenendo eventualmente conto della priorità di un determinato uso, è stata correttamente applicata alla fattispecie in esame, considerando anche la valenza della qualità della vita e della salute dei vicini dell’azienda, nella quale la produzione si è svolta senza la predisposizione di misure di cautela idonee ad evitare o limitare l’inquinamento atmosferico.

Si tratta di una interpretazione estensiva della norma, costituzionalmente orientata, in relazione al fattore salute, che è ormai intrinseco nella attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato (cfr. Cass. 3 febbraio 1999 n.915, Cass.4 aprile 2001 n.4963). La valutazione del fatto storico e la sua corretta sussunzione sotto la norma in esame appare dunque giuridicamente esatta, legittimando la statuizione preclusiva del prolungamento di un’attività sostanzialmente nociva alla salute dei vicini del fondo.

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore del resistente, delle spese ed onorari del giudizio di cassazione, liquidati come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente V. M? a rifondere a Z. e P. M? T? le spese ed onorari di questo giudizio di cassazione, che liquida in complessive Euro 4100,00 di cui euro 100,00 per spese, oltre accessori e spese generali come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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