Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-07-2011) 30-09-2011, n. 35606

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. P.C. ricorre per cassazione contro la decisione sopra indicata, confermativa della sentenza datata 25 gennaio 2006, con cui il Tribunale di Udine, in composizione monocratica, lo aveva condannato per il delitto di cui all’art. 570 c.p., comma 2, in danno della figlia minore S. e dei reati di cui agli artt. 594 e 612 cod. pen. in danno della moglie T.C..

2. Il ricorrente deduce:

– vizio di motivazione della sentenza sull’attendibilità della parte offesa T. e degli altri testi escussi;

– mancata assunzione di prova decisiva, con riferimento ai tabulati telefonici;

– erronea applicazione della legge penale sia perchè alla piccola S. "non è mai mancato nulla", sia per omessa conversione della pena detentiva in pena pecuniaria.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo – apodittico e, perciò, generico – censura la vantazione probatoria operata dai giudici con motivazione giuridicamente corretta e indenne da vizi logici.

3. Con il secondo motivo non viene prospettata alcuna indicazione sulla pretesa decisività, ai fini di una diversa valutazione da parte dei giudici, dell’acquisizione dei tabulati telefonici. Il motivo è pertanto inammissibile ex art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

4. Destituito di ogni fondamento è anche l’asserita mancata prova della mancanza di mezzi di sussistenza della piccola S., trattandosi di figlia minore senza un autonomo reddito e incombendo a ciascuno dei genitori un autonomo dovere di non far mancata i mezzi di sussistenza. In proposito, questa Corte ha reiteratamente precisato che, anche quando alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provvedano l’altro genitore o altri parenti, lo stato di bisogno del minore non viene meno.

5. Investe valutazione di merito, estranee alla competenza del giudice di legittimità, anche il motivo relativo alla mancata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, il quale non è stato neppure dedotto in appello.

6. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di 1.000 Euro, in relazione alla natura delle questioni dedotte.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di 1.000 (mille) Euro in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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