Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-07-2011) 30-09-2011, n. 35661

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 10.1.2011 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale di Palmi in data 13.12.2010 con la quale era stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di D.M.G. in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p., in quanto partecipe dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrina Pesce, operante in (OMISSIS) e zone limitrofe, in particolare per avere garantito i contatti con l’esterno e gli incontri con soggetti di interesse, svolgendo un rilevante ruolo diplomatico, partecipando all’incontro tra i vertici delle famiglie mafiose Bellocco e Pesce, al fine di redimere la faida nata in seguito all’omicidio di S.D., svolgendo compiti operativi nel settore della droga e delle armi. Nella prima parte dell’ordinanza sono state descritte la struttura e le caratteristiche della potente cosca dei Pesce, operante in (OMISSIS) e strettamente collegata con il clan dei Piromalli.

P.A. era l’esponente più rappresentano della cosca che aveva continuato a dirigere anche quando era stato arrestato, dopo un lungo periodo di latitanza.

Un notevole contributo alla conoscenza dei rapporti esistenti all’interno della cosca era stato dato dalla collaborazione di P. G., iniziata il 14.10.2010, poichè la stessa – figlia di P.S. che è fratello di P.A. – era addentro alle vicende della famiglia e aveva svolto un delicato ruolo di trait d’union e di veicolazione di ordini e comunicazioni. Nella primavera del 2010 il GIP del Tribunale di Palmi aveva respinto la richiesta di ordinanza cautelare nei confronti di D.M.G., in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p., poichè gli elementi raccolti, e in particolare le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia F.S., non formavano un grave quadro indiziario a carico del D.M.. Da un’intercettazione in data 8.9.2007 nel carcere di Melfi di un colloquio tra il detenuto A. M. e suoi parenti si era venuti a conoscenza degli esiti di un summit tra esponenti di vertice della famiglia Pesce all’indomani dell’omicidio di A.D.. Emergeva dal suddetto colloquio che al summit avevano partecipato anche un capo del clan Bellocco ( (OMISSIS)), L.D. e un certo "(OMISSIS)".

Il collaboratore di giustizia F.S. aveva fatto sapere che con il suddetto soprannome erano conosciuti entrambi i fratelli D.M.F. e D.M.G. e, a proposito di quest’ultimo, aveva riferito che, coinvolto come il fratello in traffici di sostanze stupefacenti, era stato costretto a vendere terreni di sua proprietà per estinguere un debito contratto con P.F. (figlio di P.A.). F. aveva precisato che era venuto a conoscenza di questa circostanza, parlando con D.M.F..

Il predetto collaboratore aveva riferito anche di alcuni pranzi a cui egli stesso aveva partecipato, nei quali si discuteva con un certo N., referente dei Pesce, della partecipazione delle cosche ai lavori di ammodernamento dell’autostrada A3. A questi pranzi, oltre ai rappresentanti della famiglia Pesce, partecipavano numerose persone, tra le quali anche i suddetti fratelli D.M., e ad un certo punto del pranzo, dopo aver parlato di aiuti e piaceri che N. avrebbe dovuto fare in favore di amici e di commensali, vi era una riunione ristretta tra N., P.V., P. F., B.D. e un certo C. di (OMISSIS) nella quale si discuteva di come suddividere gli appalti dei lavori.

Dopo che il GIP aveva respinto la richiesta di misura cautelare, la posizione di D.M.G. si era aggravata, prima, con il riconoscimento fotografico ad opera del F., poi soprattutto con le dichiarazioni rese da P.G., la quale tra l’altro aveva indicato i fratelli D.M. tra i numerosi favoreggiatori della latitanza di P.F..

Nell’interrogatorio del 19.10.2010, P.G. aveva dichiarato di conoscere meglio D.M.F. del fratello G.; quest’ultimo lo vedeva sempre solo e non sapeva dire se fosse implicato in traffici di droga. P.G. aveva risposto affermativamente alla domanda se anche D.M.G. era un uomo di fiducia di P.F., dicendosi poi sicura che entrambi i fratelli D.M. avessero aiutato suo cugino P. F., quantunque a costui era più vicino D.M.F. rispetto al fratello G..

Nel successivo interrogatorio, in data 16.11.2010, P.G. aveva dichiarato che anche D.M.G. era un uomo a disposizione della cosca Pesce, benchè ella non fosse a conoscenza del ruolo svolto dallo stesso.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di D.M.G., chiedendone l’annullamento perchè non era stata data risposta a deduzioni difensive presentate in sede di riesame; perchè dalle propalazioni di F.S. e P.G. non emergeva un grave quadro indiziario a carico del ricorrente; perchè la motivazione dell’ordinanza, in alcuni passaggi, appariva illogica.

Secondo il ricorrente, le dichiarazioni di P.G. nei confronti di D.M.G. – come emergeva dalle parti dell’interrogatorio riportate nell’ordinanza impugnata – erano generiche e contraddittorio; tra l’altro la stessa aveva espresso una sua opinione, affermando che D.M.G. era un uomo di fiducia e a disposizione di P.F., senza indicare specifici elementi in base ai quali si era formata la suddetta convinzione.

L’aver riferito di aver sempre visto il predetto da solo era in contraddizione con l’assunto che fosse un uomo di fiducia di P. F. e che facesse parte della cosca.

Quando il P.M. le aveva chiesto di spiegare le ragioni per le quali considerava il ricorrente a disposizione della famiglia Pesce, aveva indicato solo rapporti del tutto leciti della sua famiglia con quella di D.M.G., collocati nei primi anni novanta.

La suddetta collaboratrice non era stata in grado di dire in quali modi il ricorrente avrebbe favorito la latitanza di P. F..

Anche dalle dichiarazioni rese da F. non emergeva alcun elemento specifico a carico di D.M.G., nè in relazione ad un acquisto di sostanza stupefacente nè in relazione alle riunioni conviviali a cui il predetto avrebbe partecipato.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Logicamente il GIP del Tribunale di Palmi aveva respinto la prima richiesta di ordinanza cautelare nei confronti del ricorrente, non ravvisando gravi indizi di reità in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis c.p., alla stregua delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia F.S.. In effetti, dalle predette dichiarazioni non emergeva in modo sicuro che D.M. G. avesse partecipato all’incontro di esponenti della famiglia Pesce, avvenuto all’indomani dell’uccisione di A.D., perchè era sì emerso da un’intercettazione ambientale che a questo incontro aveva partecipato anche "(OMISSIS)", ma il collaboratore aveva dichiarato che con il predetto soprannome erano conosciuti entrambi i fratelli F. e D.M.G..

Anche il fatto che il ricorrente potesse aver acquistato droga da P.F. non poteva essere considerato un sicuro indizio della partecipazione al sodalizio criminale, tenendo anche conto del fatto che la notizia riferita dal F., oltre ad essere de relato e alquanto generica, non risulta che fosse avvalorata da alcun riscontro.

Neppure poteva essere considerato un grave indizio di responsabilità in ordine al delitto de quo la partecipazione ad alcuni pranzi in cui esponenti della cosca Pesce avevano discusso di come suddividere gli appalti dei lavori di ammodernamento dell’autostrada A3, poichè – per quanto riferito dal collaboratore – il D.M. non partecipava alle riunioni ristrette che si svolgevano in occasione di detti pranzi per stabilire la suddivisione dei lavori tra appartenenti alle cosche interessate.

Il suddetto quadro probatorio, caratterizzato da incertezze sulla partecipazione e sul ruolo del D.M. alla cosca Pesce, non risulta sostanzialmente modificato dalle successive acquisizioni indicate nell’ordinanza impugnata. Il riconoscimento fotografico del D.M. ad opera del F., nulla aggiunge agli (incerti) indizi a carico del ricorrente con riguardo alla partecipazione alla suddetta associazione, se non una conferma dell’attendibilità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia.

Le dichiarazioni di P.G., per quanto risulta dall’ordinanza impugnata, non forniscono un chiarimento sicuro della partecipazione di D.M.G. all’associazione, poichè la predetta non è stata in grado di riferire fatti specifici dai quali si possa desumere un inserimento del predetto nelle attività della cosca, non essendo sufficiente per ritenerlo provato la di lei personale convinzione che anche D.M.G. fosse uomo di fiducia di suo cugino P.F. che aveva aiutato nè che fosse un uomo a disposizione della cosca, senza però sapere indicare che ruolo avrebbe svolto nell’ambito della stessa.

Pertanto l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria. Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto Penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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