Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-02-2012, n. 2516 Licenziamento per riduzione del personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 27 novembre 2008, la Corte d’Appello di Milano respingeva il gravame svolto dalla spa Intesa Sanpaolo contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inefficace il licenziamento intimato a V.A. nell’ambito della procedura intrapresa per la riduzione del personale.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– il Giudice di prime cure accertava, sotto vari profili, la illegittimità del licenziamento collettivo adottato dalla Banca;

– la società proponeva appello lamentando che il giudice di primo grado aveva ritenuto viziata la procedura di mobilità per l’omessa precisazione della ripartizione organizzativa e professionale delle eccedenze di organico, nonostante risultasse dall’accordo di programma che l’esigenza di ridurre i costi interessava tutto il complesso aziendale e non essendovi motivo di limitare le scelte ad un settore, considerata la fungibilità e l’elevata mobilità orizzontale e verticale del personale nonchè l’oggettività del criterio utilizzato (con la scelta dei lavoratori già pensionabili o prossimi alla pensione, i quali avevano oltretutto costi medi maggiori); per l’omessa indicazione delle modalità con le quali erano stati applicati i criteri, non risultando provato che l’irregolarità aveva influito sull’esercizio dei poteri di controllo attribuiti ai sindacati e, comunque, non essendovi margini di discrezionalità nell’applicare il criterio oggettivo prescelto.

3. A sostegno del decisum la Corte riteneva:

– nella comunicazione di avvio della procedura, la società aveva omesso di indicare la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente, violando la L. n. 449 del 1997, art. 59 che, non derogando alla L. n. 223 del 1991, ha previsto un criterio di selezione alternativo, recepito nell’accordo di programma 5/12/2002 (possesso dei requisiti di legge per il diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia e, in caso di mancato raggiungimento del numero di esuberi, nella maggiore prossimità del diritto a pensione, ovvero nella maggiore età);

– illegittima l’adozione dell’unico ed esaustivo criterio previsto e adottato (in sostanza la scelta di licenziare il personale anziano, nato prima del 1954, per ridurre complessivamente i costi d’azienda, senza procedere ad alcuna verifica del numero e dei profili delle eccedenze), perchè non permetteva di individuare e controllare il nesso di causalità tra l’esigenza di riduzione e la riorganizzazione, pur essendo tale criterio obbiettivo e privo di rischio di abusi;

– infine, nell’applicazione di tale unico criterio, la società aveva elencato i nominativi, ma non aveva dato conto dell’età, ne1 di altri dati che, in relazione al criterio scelto, rendessero immediatamente confrontabili le posizioni e trasparente la scelta, come la legge richiede.

4. Per la cassazione di tale sentenza la Intesa Sanpaolo s.p.a. ha proposto ricorso con dieci motivi. V.A. ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato con un unico motivo, cui ha resistito la società. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

5. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., perchè proposti avverso la medesima sentenza.

6. I primi sette motivi del ricorso principale avverso il capo di sentenza relativo al vizio formale della comunicazione di apertura della procedura di licenziamento per riduzione di personale, denunciano, in sintesi:

– violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24, per la ritenuta mancata indicazione di uno specifico settore aziendale e/o determinati profili professionali, assumendo che non sia necessaria tale indicazione ove lo scopo del datore sia quello di ridurre il costo del lavoro (primo motivo);

– violazione della L. n. 223 cit., art. 4, comma 3, sul presupposto che la riduzione finalizzata allo scopo anzidetto esonera la Banca dall’indicare i profili professionali in esubero (secondo motivo);

– violazione e falsa applicazione della L. n. 223 cit., art. 4, comma 3, per non aver tenuto conto della gestione contrattata , in tutti i profili, della riduzione di personale, ai fini della verifica della sufficienza delle informazioni nella fase di avvio della procedura (terzo motivo);

– omessa motivazione, per non aver considerato che con l’Accordo di programma del 5.12.2002 era stato predeterminato il contenuto della successiva comunicazione di apertura della procedura onde la corte territoriale avrebbe dovuto accertare profili concreti di elusione del potere sindacale di controllo (quarto motivo);

– insufficiente e contraddittoria motivazione per aver ritenuta inidonea la comunicazione a consentire alle organizzazioni sindacali il controllo del nesso di causalità tra esigenze di riduzione e riorganizzazione, ancorchè le nuove assunzioni (450 a fronte di 5700 esuberi) fossero state concordate con le organizzazioni sindacali e lo scostamento della collocazione professionale degli esuberi (l’uscita di quadri direttivi in numero superiore all’esubero) fosse conseguenza del meccanismo di individuazione del personale in esubero concordato con le organizzazioni sindacali (quinto motivo);

– violazione e falsa applicazione della L. n. 223 cit., artt. 4, 5 e 8, assumendo che i rilievi svolti dalla sentenza e riportati nel motivo che precede, si risolvono in un sindacato giudiziale di merito sull’esistenza dell’eccedenza del personale, riservato alle organizzazioni sindacali (sesto motivo). z Con i motivi di ricorso che seguono, la ricorrente censura il capo di sentenza sulla pretesa discriminatorietà del criterio di scelta del personale in esubero fondato esclusivamente sull’anzianità del dipendente, denunciando, in sintesi:

– carente e contraddittoria motivazione per non essere stato fondato il criterio di scelta esclusivamente sull’anzianità, sibbene sul raggiungimento dei requisiti per il diritto a pensione o sulla maggiore prossimità alla maturazione degli stessi (settimo motivo);

– violazione L. n. 223 cit., L. n. 300 del 1970, art. 5, art. 15, come modificato dal D.Lgs. n. 216 del 2003, L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 7, accordo collettivo nazionale settore bancario 28 febbraio 1998 (ottavo motivo).

8. Infine, con gli ultimi due motivi è censurato il capo di sentenza relativo alla violazione della L. n. 223 cit., art. 4, comma 9, con riferimento alla comunicazione di chiusura della procedura di riduzione del personale, denunciando, in sintesi:

omessa, insufficiente motivazione per l’errato presupposto che la comunicazione non avrebbe dato conto dell’età dei lavoratori interessati, nè avrebbe contenuto altri imprecisati dati (nono motivo);

violazione L. n. 223 cit., art. 4, comma 9, sul presupposto che la citata norma non richieda che con la predetta comunicazione l’azienda debba dar conto delle singole scelte delle persone dei lavoratori da licenziare (decimo motivo).

9. I motivi, esaminati congiuntamente per la loro connessione logica, sono meritevoli di accoglimento alla stregua del consolidato insegnamento di questa Corte, da ultimo ribadito da Cass. 8061/2011. 10. In tema di accertamento giudiziale della verifica della sussistenza del nesso causale tra il progettato ridimensionamento ed i singoli provvedimenti di recesso, la L. n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex posi nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell’iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell’impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, per cui i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo), ma la correttezza procedurale dell’operazione (ivi compresa la sussistenza dell’imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso), con la conseguenza che non possono trovare ingresso, in sede giudiziaria, tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati artt. 4 e 5, e senza fornire la prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra i lavoratori, si finisce per investire l’autorità giudiziaria di un’indagine sulla presenza di "effettive" esigenze di riduzione o trasformazione dell’attività produttiva, (v., in tal senso, ex multis, Cass. 21541/2006).

11. Quanto alla comunicazione preventiva questa Corte ha già avuto modo di statuire, ex multis, Cass. 4653/2009 che, in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali per i licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale, che restano sottratti al controllo giurisdizionale, cosicchè, ove il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o reparti con eccedenza, e ciò tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all’esito della procedura che, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio della scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione.

12. D’altronde, nella fattispecie in esame, non può non rilevarsi l’assenza di qualsiasi elemento suscettibile di far paventare l’esistenza di un intento discriminatorio da parte della società datrice di lavoro, essendo innegabile l’equità di un sistema di riduzione del personale incentrato sull’esigenza di una più efficiente riorganizzazione dell’impresa non disgiunta da quella di addossare la ricaduta degli effetti negativi della riduzione stessa sui soggetti che, per essere prossimi a pensione, hanno la capacità economica di ammortizzare meglio detti effetti, ed essendo certo che la società aveva prospettato che l’individuazione dei lavoratori da porre in esodo doveva avvenire in base allo strumento prioritario del ricorso al Fondo di solidarietà di cui al D.M. n. 158 del 2000, con specifico richiamo al contenuto dell’art. 8 di tale decreto.

13. Infatti, del D.M. 28 aprile 2000, n. 158, art. 8, comma 4 (pubblicato su G.U. n. 139 del 16/6/2000 e contenente il Regolamento relativo all’istituzione del Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell’occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese di credito) stabilisce espressamente che ai sensi di quanto previsto della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 5, comma 1, l’individuazione dei lavoratori in esubero, ai fini del presente regolamento, concerne, in relazione alle esigenze tecnico-produttive e organizzative del complesso aziendale, anzitutto il personale che, alla data stabilita per la risoluzione del rapporto di lavoro sia in possesso dei requisiti di legge previsti per aver diritto alla pensione di anzianità o vecchiaia, anche se abbia diritto al mantenimento in servizio. u. Il summenzionato D.M., art. 8, comma 2 prevede, altresì, che l’individuazione degli altri lavoratori in esubero ai fini dell’accesso alla prestazione straordinaria di cui all’art. 5, comma 1, lett. b), avviene adottando in via prioritaria il criterio della maggiore prossimità alla maturazione del diritto a pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria di appartenenza, ovvero della maggiore età. 15. Infine, il citato D.M., art. 8, comma 3 stabilisce che per ciascuno dei casi di cui ai commi 1 e 2, ove il numero dei lavoratori in possesso dei suddetti requisiti risulti superiore al numero degli esuberi, si favorisce, in via preliminare, la volontarietà, che è esercitata dagli interessati nei termini e alle condizioni aziendalmente concordate, e, ove ancora risultasse superiore il numero dei lavoratori in possesso dei requisiti di cui sopra rispetto al numero degli esuberi, si tiene conto dei carichi di famiglia.

16. E’, pertanto, evidente che il ricorso, in sede di accordi sindacali, al predetto criterio normativo di cui al D.M. n. 158 del 2000, art. 8 rappresentava senz’altro una garanzia di individuazione oggettiva e facilmente verificabile dei lavoratori da porre in esodo, per cui alcuna discriminazione poteva derivarne per chi, come il ricorrente, era in possesso dei requisiti prescritti per il collocamento in pensione.

17. Inoltre, come già detto, i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale, ma la correttezza procedurale dell’operazione. Ebbene, nella specie, le parti sociali adottarono concordemente (v. Accordo di programma 5/12/2002) lo strumento dell’accesso al Fondo di solidarietà di cui al D.M. 28 aprile 2000, n. 158, al fine di pervenire alla riduzione degli organici, criterio legittimamente adottato in quanto normativamente previsto in tema di ammortizzatoli sociali ( L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 3 e D.M. n. 158 del 2000, art. 8).

18. In particolare, come si è visto, il Fondo di solidarietà contemplava espressamente i criteri di individuazione dei lavoratori in esubero, cioè, anzitutto, quelli che alla data stabilita per la risoluzione del rapporto di lavoro erano in possesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di anzianità o vecchiaia, anche se avevano diritto al mantenimento in servizio, poi quelli prossimi alla maturazione del diritto a pensione e, infine, in caso di numero dei lavoratori in possesso dei predetti requisiti maggiore a quello preventivato per gli esuberi, coloro che volontariamente intendevano avvalersene.

19. Tra l’altro, in materia di collocamento in mobilità e di licenziamenti collettivi, il criterio di scelta adottato nell’accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali per l’individuazione dei destinatari del licenziamento può anche essere unico e consistere nella prossimità al pensionamento, purchè esso permetta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro (v., Cass. 21541/2006).

20. Se ne deve, perciò, trarre la conclusione che il ricorso, in sede di accordi sindacali, al predetto criterio normativo di cui al D.M. n. 158 del 2000, art. 8 rappresentava indiscutibilmente una garanzia di individuazione oggettiva e predeterminata dei lavoratori da porre in esodo, per cui alcuna discriminazione poteva conseguirne per chi, come il ricorrente, vantava, all’atto della risoluzione del rapporto, i necessari requisiti prescritti per il collocamento in pensione.

21. Inoltre, la disciplina in esame non contempla la necessità di specificazione delle ragioni atte a rendere esuberante ogni singola posizione lavorativa, tanto più che la finalità della procedura oggetto di causa era rappresentata, nella specie, proprio dalla necessità di carattere generale di un ridimensionamento dell’organico dell’intero complesso aziendale e che lo stesso ridimensionamento finiva per interessare dipendenti con mansioni obiettivamente fungibili tra di loro, senza trascurarsi la non indifferente circostanza che sin dall’Accordo di programma del 5/12/2002 lo strumento prioritario individuato dalle parti per pervenire alla riduzione degli esuberi era stato quello specifico del ricorso al Fondo di Solidarietà di cui al citato D.M. n. 158 del 2000, a sua volta contenente i criteri oggettivi e prefissati per il perseguimento di un tale risultato.

22. E’, infatti, il caso di ricordare che Cass. 267/2009 ha già avuto modo di affermare che "in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali dettate per i licenziamenti collettivi per riduzione dei personale dalla L. n. 223 del 1991, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui alla L. cit., art. 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi di riduzione di personale, cosicchè, nel caso di progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddiviso tra i diversi profili professionali completati dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, tanto più ove proponga ai sindacati, nella stessa comunicazione e con riferimento alle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, la stipulazione di un accordo, derogatorio dei criteri legali di scelta dei lavoratori da licenziare, che fondi la selezione sul possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione". 23. Inoltre, alla stregua di altre decisioni di questa Corte di legittimità (cfr., da ultimo, Cass. 12196/2011), la previsione di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, secondo cui il datore di lavoro, nella comunicazione ivi prevista deve dare una "puntuale indicazione" dei criteri di scelta e delle modalità applicative, comporta che, anche quando il criterio prescelto sia unico, il datore di lavoro deve provvedere a specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che la stessa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perchè lui – e non altri dipendenti – sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l’illegittimità della misura espulsiva, sostenendo che, sulla base del comunicato criterio di selezione, altri lavoratori – e non lui – avrebbero dovuto essere collocati in mobilità o licenziati.

24. Discende dal suddetto principio che, poichè la specificità dell’indicazione delle modalità di applicazione del criterio di scelta adottato è funzionale a garantire al lavoratore destinatario del provvedimento espulsivo la piena consapevolezza delle ragioni per cui la scelta è caduta su di lui, in modo da consentirgli una puntuale contestazione della misura espulsiva, il parametro per valutare la conformità della comunicazione al dettato di cui all’art. 4, comma 9, deve essere individuato nell’idoneità della comunicazione, con riferimento al caso concreto, di garantire al lavoratore la suddetta consapevolezza.

25. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio avendo basato la propria decisione esclusivamente sul rilievo formale che, poichè la comunicazione conteneva l’elenco dei soli nominativi dei lavoratori destinatali del provvedimento espulsivo, essa non era idonea a consentire una verifica in concreto della reale aderenza della scelta operata dal datore di lavoro ai criteri fissati in sede di accordo sindacale.

26. Nessuna valutazione è stata fatta, dalla Corte territoriale, del contenuto complessivo della comunicazione inviata con lettere in data 26 marzo e 2 aprile 2004. 27. Da tale comunicazione, inviata ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, il cui contenuto è stato riportato integralmente nel ricorso introduttivo del presente giudizio di cassazione, nel rispetto del principio di autosufficienza, si evince che la scelta dei lavoratori oggetto del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro è stata operata, in esecuzione degli accordi sindacali, sulla base dei criteri concordati per l’individuazione dei destinatali del provvedimento espulsivo (cessazione dal servizio alla data del 31 marzo 2004, in applicazione dei criteri di scelta stabiliti dall’accordo sindacale del 15 gennaio 2003 e prima ancora dal D.M. n. 158 del 2000).

28. L’elenco dei suddetti lavoratori, menzionato dalla sentenza impugnata ed allegato a tale comunicazione doveva essere esaminato alla luce del suddetto criterio di scelta che, avendo natura oggettiva e riguardando, senza alcuna distinzione, tutti i lavoratori in possesso dei requisiti sopra indicati, rendeva superflua ogni comparazione con i lavoratori privi del suddetto requisito.

29. In altre parole, per la verifica della corretta applicazione del suddetto criterio era sufficiente il riscontro della sussistenza, in capo al lavoratore interessato, del requisito del diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia, requisito desumibile dall’elenco inviato come allegato alla comunicazione de qua.

30. Ha errato, pertanto, la Corte territoriale che, nell’applicare la disciplina di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 cit., e, in particolare nel valutare l’adeguatezza della comunicazione prevista dalla norma suddetta rispetto ai parametri ivi indicati, ha basato le proprie conclusioni su un elemento formale costituito dalla comunicazione dell’elenco nominativo dei soli lavoratori prescelti senza valutare, in conformità alla ratio legis della disposizione in esame, la comunicazione nel suo complesso e senza, in particolare, considerare che, per le ragioni prima indicate, in relazione al criterio di scelta adottato, indicato specificamente nella comunicazione stessa, la compilazione e trasmissione dell’elenco dei soli destinatari del provvedimento espulsivo, era pienamente idonea a soddisfare quell’esigenza di tutela, sopra individuata, posta alla base della norma prima citata.

31. Da ciò consegue che il vizio procedurale che, a parere della Corte d’appello, avrebbe inficiato il licenziamento non sussiste.

32. Infine, va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale condizionato, con il quale il lavoratore introduce, nel giudizio di legittimità, la questione, sollevata nelle pregresse fasi di merito, dell’inefficacia del licenziamento intimato durante il periodo di malattia, perchè privo dell’indicazione delle norme violate dalla sentenza impugnata e sprovvisto del quesito di diritto previsto dall’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, a pena di inammissibilità. 33. In definitiva, la decisione della Corte di merito che non si è informata ai consolidati insegnamenti di questa Corte di legittimità non è, pertanto, conforme a diritto. Ne consegue la cassazione della decisione impugnata limitatamente al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da V.A..

34. Considerata la novità e complessità delle questioni, risolte soltanto recentemente da questa Corte, ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero processo tra tutte le parti.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da V.A.. Spese compensate dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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