Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-02-2012, n. 2507 Retribuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1- La sentenza attualmente impugnata rigetta l’appello di T. G. avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 6160/04 del 12 marzo 2004, di accoglimento parziale della domanda di D. F. con conseguente condanna del T. al pagamento delle relative differenze retributive e del t.f.r., oltre ad accessori di legge.

La Corte d’appello di Napoli, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la presente controversia riguarda essenzialmente il contrasto manifestatosi tra le parti in ordine alla natura subordinata o meno del rapporto di lavoro tra loro intercorso nonchè alla correttezza o meno della valutazione dell’efficacia probante delle specifiche circostanze poste a fondamento delle contrastanti richieste delle parti medesime;

b) in primo luogo, è errata la sussumibilità delle mansioni di tecnico laureato, che il D. assume di avere svolto, nel 1^ livello del c.c.n.l. invocato dall’interessato anzichè nel 3^ livello cui fa riferimento il T.;

c) infatti, il suddetto contratto collettivo non è applicabile nella specie, visto che il T. non era iscritto ad alcuna delle associazioni che lo hanno sottoscritto;

d) è infondata la doglianza relativa all’inapplicabilità del medesimo contratto collettivo di lavoro, visto che il giudice di primo grado si è limitato a farne applicazione in via parametrica;

e) quanto alle prove sulla natura subordinata del rapporto, le critiche mosse dal T. alla valutazione operata dal Tribunale non mettono in dubbio la conclusione del primo giudice secondo cui, in mancanza di documentazione idonea a comprovare la natura del rapporto, si deve ritenere che il D. abbia offerto la prova rigorosa della subordinazione tramite le deposizioni testimoniali proposte, assunte e meticolosamente analizzate dal primo giudice.

2- Il ricorso di T.G. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resiste, con controricorso, D. F..

Motivi della decisione

1 – Sintesi dei motivi.

1. Con il primo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia: a) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2099 cod. civ. e del c.c.n.l., per i lavoratori addetti agli studi professionali; b) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe ritenuto irrilevante e infondata la doglianza del T. relativa alla riconducibilità delle mansioni svolte dal D. nella declaratoria del 3^ livello anzichè nel 2^ livello riconosciuto nella sentenza di primo grado, con motivazione contraddittoria e/o insufficiente, perchè incentrata sull’unico argomento secondo cui il suddetto contratto è stato utilizzato dal Tribunale soltanto in via parametrica.

2.- Con il secondo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia omessa e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia.

Si rileva che la Corte partenopea si è limitata a considerare sufficiente la motivazione addotta dal Tribunale in ordine alla valutazione delle emergenze probatorie, senza esaminare le censure della parte soccombente in primo grado circa l’infondatezza ed erroneità della suddetta valutazione e senza indicare specificamente le circostanze idonee a dimostrare il fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio, considerato provato.

2 – Esame dei motivi.

3.- I due motivi – da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione – non sono da accogliere.

3.1.- Preliminarmente va rilevata l’improcedibilità delle censure con le quali si denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme del c.c.n.l., per i lavoratori addetti agli studi professionali, in quanto, in base all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente (principale od incidentale) che prospetta un simile vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2) deve, a pena di improcedibilità del ricorso, depositare i contratti od accordi collettivi di diritto privato sui quali il ricorso si fonda e il deposito suddetto deve avere ad oggetto non solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive invocate nel ricorso, ma l’integrale testo del contratto od accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni, rispondendo tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione della contrattazione collettiva di livello nazionale (vedi, per tutte; Cass. SU 23 settembre 2010, n. 20075; Cass. 15 ottobre 2010, n. 21358; Cass. 19 ottobre 2011, n. 21621).

Nella specie il ricorrente non ha rispettato il suddetto principio, sicchè nella parte suindicata le censure sono improcedibili.

3.2- Per il resto, va osservato che, nonostante il formale richiamo alla violazione dell’art. 2099 cod. civ. contenuto nell’intestazione del primo motivo, tutte le censure si risolvono, in realtà, nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti, denuncia in gran parte effettuata senza neppure rispettare il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Al riguardo va ricordato che, in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte:

a) in linea generale, che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicchè le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731;

Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436;

Cass. 27 aprile 2005, n. 8718);

b) in particolare, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915);

c) infatti, in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nella valutazione delle risultanze probatorie è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18 settembre 2009, n. 20112).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono congruamente motivate e l’iter logico- argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

A fronte di questa situazione, le doglianze mosse dal ricorrente si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio che è già di per sè del tutto inammissibile in sede di legittimità e che, nella specie, è stata anche effettuata senza mettere questa Corte in condizione di esaminare, sulla base della sola lettura del ricorso, l’eventuale incidenza determinante sulla decisione e sulla relativa motivazione delle risultanze probatorie asseritamente non o mal valutate dal Giudice del merito (vedi, per tutte: Cass. 6 giugno 2011, n. 12204;

Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412; Cass. 24 luglio 2007, n. 16346; Cass. 17 febbraio 2009, n. 3785).

3 – Conclusioni.

4 – Per le suesposte ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 60,00 per esborsi, Euro 3500,00 (tremilacinquecento/00) per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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