T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 25-10-2011, n. 1556 Demolizione di costruzioni abusive Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Rosignano Marittimo, con ordinanza n. 222 del 14/4/2010, ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione di opere presenti su un’area di scogliera di loro proprietà, al confine del demanio marittimo, in Castiglioncello, via della Torre n. 5.

Trattasi di una baracca in mattoni di metri 7 per 5, e di una scala in pietra e calcestruzzo lunga metri 45 per 1,5, di larghezza tale da consentire l’accesso alla prima.

Avverso il predetto provvedimento i ricorrenti sono insorti deducendo:

1) incompetenza; violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 55 del codice della navigazione;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 55 del codice della navigazione; eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di presupposti e violazione del giusto procedimento;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di motivazione e di istruttoria, carenza di presupposti, travisamento dei fatti ed illogicità manifesta;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della legge n. 1150/1942; violazione e falsa applicazione del piano regolatore generale; eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti ed illogicità manifesta;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 31 della legge n. 1150/1942; violazione e falsa applicazione del P.R.G.; eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti ed illogicità manifesta;

6) eccesso di potere per carenza di motivazione, carenza di istruttoria, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti ed illogicità manifesta, contraddittorietà;

7) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria, carenza di presupposti, travisamento dei fatti ed illogicità manifesta.

Si è costituita in giudizio la Capitaneria di Porto di Livorno.

Con ordinanza n. 715 del 29/7/2010 questo TAR ha respinto l’istanza cautelare.

Tale pronuncia è stata riformata in appello con ordinanza n. 4259 del 16/9/2010.

All’udienza del 7 luglio 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

In via preliminare il Collegio osserva che sussistono i presupposti per l’estromissione dal giudizio della Capitaneria di Porto, in quanto la stessa non ha concorso all’adozione dell’atto impugnato, né è titolare di competenze in materia di repressione degli abusi edilizi o di opere prive dell’autorizzazione paesaggistica.

Entrando nel merito della trattazione del ricorso valgono le seguenti considerazioni.

Con la prima censura i ricorrenti deducono che la contestata ordinanza, ai sensi degli artt. 54 e 55 del codice della navigazione, rientra nelle attribuzioni della Capitaneria di Porto, e non del Comune, in quanto le opere realizzate ricadono in prossimità del demanio marittimo, con la conseguenza che l’ordinanza stessa è viziata da incompetenza.

Il motivo è infondato.

L’impugnata ingiunzione a demolire si pone come atto repressivo di opere realizzate in assenza del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica, e si inquadra come atto sanzionatorio di abusi edilizi, rientrante nella competenza del Comune in virtù dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, nonché del combinato disposto dell’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004 (TAR Campania, Napoli, VI, 15/7/2010, n. 16807).

Con la seconda doglianza gli istanti osservano che l’impugnato provvedimento è stato adottato senza interpellare preventivamente la Capitaneria di Porto in ordine all’opportunità della demolizione, ancorchè i manufatti insistano su fascia di rispetto demaniale marittima.

Il motivo non è condivisibile.

A fronte di opere edilizie prive di autorizzazione paesaggistica e di permesso di costruire, nessun potere decisionale circa la rimessa in pristino fa capo alla Capitaneria di Porto, la quale è legittimata a pronunciarsi a tutela degli interessi demaniali e marittimi senza che per questo sia recessivo l’interesse pubblico al corretto assetto del territorio, ovvero alla eliminazione di opere prive di titolo e ricadenti in zona di rilievo paesaggistico.

Con il terzo rilievo i ricorrenti lamentano la mancata comunicazione di avvio del procedimento e sostengono che, se fosse stato correttamente attivato il contraddittorio tra le parti, vi sarebbe stata la possibilità per gli interessati di far presente l’esistenza di concessione demaniale del 16/5/1911 (documento n. 3 depositato in giudizio), riguardante i manufatti in argomento.

L’assunto è infondato.

L’ordine di demolizione non presuppone necessariamente la comunicazione di avvio del procedimento, stante il suo carattere di atto dovuto e vincolato, basato su meri accertamenti tecnici e privo di apprezzamenti discrezionali. Invero la giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente precisato che gli atti repressivi di abusi edilizi hanno natura urgente e strettamente vincolata, con la conseguenza che, ai fini della loro adozione, non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario e quindi non devono necessariamente essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento (ex multis: Cons. Stato, VI, 24/9/2010, n. 7129; TAR Puglia, Lecce, III, 9/2/2011, n. 240; TAR Campania, Napoli, IV, 13/1/2011, n. 84).

Non depone in senso contrario l’esistenza di concessione demaniale che i ricorrenti avrebbero potuto esibire nel contraddittorio col Comune, in quanto la stessa descrive una capannella balneare in legname e muratura, mentre nel caso di specie rileva una costruzione in mattoni parzialmente scavata nella roccia, le cui dimensioni non coincidono con quelle del bene in concessione. Inoltre l’atto impugnato ha anche ad oggetto una scala in pietra e calcestruzzo, di ampie dimensioni (metri 45 per 1,5), che non trova riscontro nel predetto atto concessorio.

Con il quarto motivo i ricorrenti sostengono che i manufatti in questione sono stati realizzati per effetto della concessione demaniale n. 133 del 16/5/1911, la quale attribuiva implicitamente la facoltà di realizzare la scala in pietra necessaria per accedere alla capannella, in epoca in cui non era richiesta licenza edilizia.

L’assunto non ha alcun pregio.

Come visto il capanno non coincide, per materiali impiegati e dimensioni, con quello oggetto del gravato provvedimento, mentre la scala in pietra non è in alcun modo prevista in nessun atto concessorio; né quest’ultima può ritenersi implicitamente legittimata dalla concessione rilasciata nel 1911, giacchè si tratta di percorso pedonale che non assume la conformazione di accessorio o di pertinenza, ma appare di ampie dimensioni ed è di profondo impatto sulla scogliera, coperta da una vistosa colata di calcestruzzo e pietre (si vedano le fotografie depositate in giudizio -documento n. 2).

Con il quinto rilievo i ricorrenti deducono che, pur se si aderisse alla tesi espressa nell’impugnata ordinanza, secondo cui trattasi di opere costruite negli anni "50, le stesse non richiederebbero licenza edilizia, in quanto sono situate al di fuori del centro abitato e al momento della loro realizzazione il Comune non era dotato di piano regolatore, con la conseguenza che non sussistono i presupposti della sanzione demolitoria.

Ad avviso del Collegio è sufficiente a sorreggere la legittimità dell’ordine di rimessione in pristino il fatto che, pur ricadendo gli interventi edilizi in questione in zona sottoposta dal 1949 a vincolo di salvaguardia delle bellezze panoramiche, gli stessi sono stati realizzati senza autorizzazione paesaggistica.

Invero, a fronte di intervento privo della necessaria autorizzazione paesaggistica, il Comune ha la potestà di ordinare la rimessione in pristino, ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004.

Con il sesto motivo i deducenti, evidenziato che l’impugnata ordinanza richiama il parere del 7/4/2005 secondo cui il capanno è incompatibile con la destinazione di zona, la quale ammette solo manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, sostengono che l’incompatibilità urbanistica è inconferente, in quanto esso risale ad epoca in cui il Comune era privo di strumentazione urbanistica, e obiettano che la scala in pietra era stata precedentemente ritenuta dal Comune un ammissibile intervento di sistemazione a terra.

Il rilievo non è condivisibile.

La legittimità della sanzione demolitoria è, come visto, sorretta dalla constatata mancanza dell’autorizzazione paesaggistica, indipendentemente dalla conformità urbanistica delle opere de quibus. Ciò vale anche per il percorso pedonale, di forte impatto sulla scogliera e di significative dimensioni.

Con il settimo motivo i ricorrenti deducono che il provvedimento sanzionatorio è stato adottato quasi cento anni dopo la realizzazione dei manufatti, i quali trovano titolo nella concessione demaniale del 16/5/1911, con conseguente necessità di dare contezza dell’interesse pubblico concreto e attuale a rimuovere gli abusi edilizi.

La doglianza non ha alcun pregio.

Come visto la suddetta concessione descrive un bene diverso, per materiale di costruzione e dimensioni, dal capanno cui fa riferimento l’impugnata ordinanza, e non fa alcuna menzione della scala, di vaste dimensioni, che copre la scogliera. Pertanto non può rinvenirsi nel 1911 l’epoca di realizzazione delle opere. Inoltre, l’interferenza dei beni in questione sul valore paesaggistico tutelato conferisce rilievo costituzionalmente rilevante, ex art. 9, all’interesse perseguito con l’adozione dell’atto impugnato, il quale quindi non abbisogna di una argomentata motivazione circa l’interesse pubblico sotteso, sussistendo il medesimo in re ipsa.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Nulla per le spese di giudizio quanto al Comune di Rosignano Marittimo, non essendosi il medesimo costituito; non luogo a provvedere sulle spese quanto alla Capitaneria di Porto, stante l’evidente sussistenza dei presupposti per l’estromissione dal giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, estromette dal giudizio la Capitaneria di Porto di Livorno e respinge il ricorso in epigrafe.

Spese come da motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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